Ecco una bella domanda a cui solo l’interessato potrebbe dare risposta. Ormai Fini, presidente della Camera, non perde occasione per dire la sua, con atteggiamenti che francamente lasciano sempre più  basiti. E sempre più spesso le sue “uscite” travalicano il ruolo che riveste che forse necessiterebbe di qualche silenzio in più e di qualche parola in meno. Anche  stamattina dalla balneare Riccione non ha mancato di dire la sua a proposito del decreto varato ieri sera dal Consiglio dei Ministri interpretativo delle norme elettorali e firmato a tarda notte dal Presidente della Republica. Non richiesto, Fini è sceso in campo,  apparentemente per “difendere” (da chi?)  proprio il Capo dello Stato, in verità, a leggere fra le righe delle sue dichiarazioni, per mandare”messaggi” a destra e a manca. Ha detto Fini che   “‘la prima cosa che non si deve fare e’ tirare in ballo il capo dello Stato. Non deve farlo -ha detto Fini- quella parte dell’opposizione che lo accusa di essere parte o peggio ancora di comportarsi come Ponzio Pilato. Non lo deve tirare in ballo -ha aggiunto- quella parte della maggioranza che dietro alla firma del capo dello Stato sul decreto di ieri si nasconde dicendo che la firma e’ la riprova della bonta’ di quel decreto’‘. Intanto va detto all’on. Fini che  il Capo dello Stato, nei limiti previsti dalla legge, non è,  e non può essere,  esente da  corrette critiche  politiche in un sistema di democrazia vera  e basterebbe   richiamare qui, giusto per fare un  esempio,  la più grande democrazia del mondo alla  cui  realizzazione l’on. Fini non ha, per quel che si sa, dato alcun contributo, cioè gli Stati Uniti d’America il cui presidente è quotidianamente oggetto di critiche talvolta al di sopra delle riga del bon ton (per non parlare del francese Sarkozy e della sua diletta consorte!).  Detto ciò, ci sembra che  siano le parole di Fini a nascondere l’ormai consueto e vero bersaglio, cioè il centrodestra,  sopratutto il suo stesso partito il PDL, innanzitutto il presidente del Consiglio dei Ministri  che ha varato un decreto sulla cui “bontà“ è  Fini (lì dove sostiene che la maggioranza  usala firma del decreto da parte di Napolitano come riprova della bontà del decreto) a  mostrare di nutrire dubbi su quwsta cosiddetta  “bontà“del decreto, fornendo (forse volutamente?)  alla opposizione che grida al “golpe”  un motivo di polemica in più. Già ci riecheggia nelle orecchie ciò che dirà il capo dei giustizialisti italiani, l’on. DiPietro: anche Fini dubita della “bontà” del decreto. Decreto, va detto e sottolineato,  con cui il governo  è intervenuto per impedire che in due regioni chiave del nostro Paese, il Lazio e la Lombardia, il più grande partito italiano, che ha  quasi il 50% degli elettori, non possa partecipare per mere ragioni burocratiche, alla competizione elettorale. Ma a Fini, forse,  si è autorizzati a ritenere,  che  non dispiacerebbe che le urne dessero un qualche risultato non “felice” per il centrodestra, magari sacrificando sull’altare delle sue ancora non chiare  “mete” personali, sia una sua “candidata”, cioè la signora Polverini, sia un “concorrente” alla leadership del centro destra, cioè l’on. Formigoni che disarcionato dallo scranno più alto della più ricca regione italiaana perderebbe voce e competitività. Chissà!?   Altrimenti, perchè l’on. Fini non se ne è stato zitto, almeno questa volta?