Il voto regionale ormai prossimo ha scatenato, come era facile prevedere, un’orda di lanzichenecchi e ruffiani che si aggirano famelici non intorno ai partiti, che sanno tenerli abbastanza lontani,  ma intorno ai singoli candidati. A destra e  a sinistra, e al  centro. Il “ritorno” delle preferenze è la causa prima, ma non unica,  di tutto ciò. Non ci piace criminalizzare la preferenza quale metodo democratico di scelta del candidato da suffragare da parte degli elettori, nè siamo entusiasti del sistema delle liste bloccate in vigore per il Parlamento nazionale….ma…ma non v’è dubbio che lo spettacolo che si sta offrendo in questi giorni agli occhi della gente finisce col far ritenere che quello delle preferenze non è un metodo che garantisce la elezione dei migliori e, sopratutto, consente, ancor più che nel passato,  a tanti squallidi personaggi di retrovia di trasformarsi in altrettanti caporali che a differenza di quelli che procacciavano braccianti, procacciano voti, o sperano di farlo, ergendosi a proprietari di mazzette di voti che tentano di  “vendere” ai candidati.  Intendiamoci. Gli elettori non sono più quelli di una volta, non hanno l’anello al naso, sanno scegliere per proprio conto e, per di più, si sono fatti furbi. Abbastanza da non farsi infinocchiare, anzi,  abbastanza da infinocchiare  essi questi ruffiani del voto, facendo loro credere di volerli assecondare ma capaci  nella cabina elettorale di fare di testa propria. Ma allora, si dirà, perchè scandalizzarsi? Magnaccia e imbroglioni ce ne sono sempre stati. E’ vero, ma il fenomeno non può passare sotto silenzio. Anche perchè  non aiuta la politica intesa come servizio e passione. Perchè la si sottomette a riti e sistemi che si sperava  fossero stati superati  e resi del tutto desueti con l’avvento del bipolarismo. Invece lo spettacolo che è sotto i nostri occhi e sotto gli occhi di tutti è inverecondo. Ce n’è per tutti i gusti e di tutti i generi. Dai trasformisti ai postulanti  per sè e i propri cari. Come quei due, padre e figlio,  che dieci mesi fa vagavano con le loro faccie ingrugnite  per tutti i partiti alla ricerca di una candidatura che mettesse  il figlio, militare di mestiere,  sotto il manto protettore di una carica elettiva si da impedirne la probabile partenza per un teatro di guerra (e poco importa che l’evitato pericolo per sè  significasse pericolo per qualche altro inconsapevole figlio di mamma: si sa, il motto di questi sciacalli è “mors tua, vita mea”).  Dieci  mesi dopo li si vede nuovamente aggirarsi come iene, a cui anche fisicamente assomigliano,  in cerca di preferenze  da convogliare  a favore di  un  candidato a cui  avranno chiesto  di sottrarre il figlio al dovere per cui è anche  lautamente pagato. Chissà, c’è da sperare e auspicare che   il candidato in questione,  come gli elettori che pasteggiano a spese di un candidato e poi votano per quello del loro cuore, si prenda i voti, pochi!,  e poi lo faccia partire difilato verso i luoghi del dovere.