Il risultato straordinariamente positivo delle regionali del 28 marzo sembravano aver finalmente indotto il presidente della Camera, Fini, eterno bastian contrario, a rivedere il suo atteggiamento e quello dei suoi ormai sempre più pochi fedelissimi. Invece no. Non è così e la cosa in verità non ci stupisce. Che Berlusconi abbia vinto è un dato da tutti riconosciuto, sinanche da Di Pietro che con il suo linguaggio di chi è poco avvezzo alla grammatica e alla sintassi non ha perso tempo, anche per proprio tornaconto interno, a riconoscerlo; che la vittoria di Berlusconi sia il risultato del suo personale impegno è altrettanto chiaro a tutti; che Berlusconi abbia vinto anche la più difficile delle sfide, quella del Lazio, regalando proprio  alla candidata di Fini, Renata Polverini, una vittoria che sembrava un sogno inseguire è altrettanto noto a tutti;  che in tutto ciò l’on. Fini abbia svolto un ruolo da comparsa, per sua scelta e, forse, per sua tattica, sbagliata, è altrettanto certo. Tutto ciò sembrava, nei giorni che sono seguiti ai risultati elettorali e all’euforia che ha invaso il centrodestra (salvo quello pugliese…) dover consigliare a Fini di rivedere le sue posizioni e “riposizionarsi” all’interno del partito del quale ancora qualcuno continua a definirlo  “cofondatore”. Ebbene,  la riflessione è durata poco. E’ bastato che Berlusconi,  con la  sua tabella di marcia che nulla ha a che vedere con i riti della politica avviasse con il solito pragmatismo da impresa la effettiva stagione delle riforme perchè Fini ritornasse al gioco che gli viene meglio (ma che gli produrrà poco), cioè a fare il bastian contrario. Berlusconi e gli organi politici del PDL si sono incontrati con Bossi e gli organi politici della Lega Nord per mettere a punto il programma delle riforme,disegnando a grosse linee il cammino da fare, al termine del quale c’è la riforma istituzionale dello Stato, e in primo luogo la trasformazione della Repubblica parlamentare in Repubblica presidenziale. Vecchio cavallo di battaglia del MSI quella della repubblica presidenziale,  da Michelini sino ad Almirante e allo stesso Fini,  prima che costui approdasse alle sponde del cerchiobottismo che pare essere diventato la sua  nuova bandiera. Basterebbe spulciare le cronache dei giornali e quelle parlamentari per ritrovare dichiarazioni, documenti, programmi elettorali del MSI, del MSI-DN e anche della stessa Alleanza Nazionale che indicano nella Repubblica presidenziale l’obiettivo politico dirimente tra la Destra e il resto del mondo politico italiano. Ma ora che questo obiettivo è stato sposato da Berlusconi e anche dalla Lega, ecco che Fini, pur dicendosi d’accordo,  nella sostanza non ci sta, neppure al semipresidenzialismo alla francese che Berlusconi indica come alternativa al presidenzialismo puro. Fini, bastian contrario, con l’aiuto della sua fondazione “farefuturo” si dice si d’accordo  con il semipresidenzialismo alla francese ma a condizione che si riformi la legge elettorale e si voti per il Parlamento con il sistema uninominale a  doppio turno. E’ evidente che questo sistema elettorale svuoterebbe d’un colpo il risultato che il presidenzialimo e/o il semipresidenzialismo  intende raggiungere, perchè con il sistema del doppio turno si ritornerebbe alla pratica degli accordi e dei pastrocchi  pre e  postvoto. Fini lo sa, ma ci marcia,  per tentare di fermare il cammino delle riforme,  perchè si è reso conto che i risultati elettorali del 28 marzo lo hanno,  di fatto, emarginato, ridando smalto e vigore  a Berlusconi ( un trapassato remoto direbbe chi  misura  gli uomini in base all’età anagrafica ) proprio a suo discapito,  perchè  si è disarticolato  dalle sue origini per incamminarsi lungo una strada  di cui nessuno, forse neppure lui, conosce la fine.  g.