“Non esiste il reato di concorso esterno in associazione mafiosa: il concorso esterno in una associazione è un paradosso,una tautologia, un uso illogico del diritto. L’accusa quando non sia suggestione inquisitoria, esige la chiarezza e la semplicità, la geometria che allinea i fatti, i comportamenti, responsabilità su un asse in cui sono tassativamente escluse le zone grigie, i confini incerti, le circostazne allusive. E’ tipicamente mafioso immaginare un concorso esterno in un’associazione per delinquere….”
Così ha scritto Giuliano Ferrara sul numero 27 di Panorama, in edicola da sabato, già quando i giudici d’appello di Palermo erano chusi in camera di consiglio per emettere la sentenza contro Marcello Dell’Utri, parlamentare del PDL, ma prima ancora fine intellettuale ed esperto pubblicitario, accusato appunto di “concorso esterno in associazione mafiosa” il quale in primo grado è stato condannato a 9 anni di reclusione. Auspicava Ferrara che “il tribunale capisca l’inconsistenza della fattispecie addebitata all’imputato”, fattispecie di reato contro cui “sarebbe stata giusta una grande battaglia di avvocati, giuristi,  costituzionalisti, cittadini e politici eletti per sradicare dal nostro codice o dal nostro modo di usare il codice questo scandalo giuridico vivente, questo ibrido insulto alla logica e al senso di giustizia”.

Le parole di Ferrara, assolutamente, condivisibili da chiunque sia in buona fede, e il suo auspicio sono stati disattesi dalla sentenza emessa questa mattina dalla Corte d’Appello di Palermo che ha condannato Dell’Utri a sette anni di carcere, riducendo si quella di primo grado ma confermando “lo scandalo giuridico e l’ibrido insulto alla logica e al senso di giustizia” che Ferrara individua nel reato di”"concorso esterno all’associazione mafiosa” dove non v’è un preciso e definito reato commesso dalla persona inquisita, dove, per ripetere le parole di Ferara, non v’è alcuna chiarezza e semplicità dell’accusa dai contorni definiti e fuori dalle circostanze allusive. E’ vero che i giudici di Palermo, i quali avevano dato sfogo alle richieste della pubblica accusa ammettendo in aula le frenesie mentali del mostro Spatuzza con le sue incredibili e altrettantro infondate accuse a Forza Italia di commistione con la mafia, hanno  escluso ogni riferimento a fatti successivi al 1992, e quindi escludendo ogni qualsivoglia collegamento tra Forza Italia e la mafia,  ma essi pure hanno intrapreso il tortuoso cammino della “associazione esterna” che sa tanto di santa inquisizione o di paradosso della giustizia. Ora i fautori,  siciliani e no, di cotanto ibrido giuridico potranno continuare, senza prove certe di reati certi, a perseguire chiunque, da Dell’Utri a Cuffaro, rei forse soltanto di essere nati in Sicilia dove  pare che la normale  contiguità nel contesto della società possa bastare a incriminare chiunque di “associazione esterna”. Non siamo solo al paradosso della giustizia ma allo stravolgimento  del concetto di  civiltà giuridica. g.