Ieri, due sentenze della Magistratura, e, manco a dirlo, due pesi e due misure. La Corte d’Appello  di Palermo ha condannato il sen. Marcello Dell’Utri a sette anni per il reato di “concorso esterno in associazione mafiosa”,  sentenza che fa rabbrividire, intanto perchè punisce un reato “non reato” quale è “il concorso esterno” tanto evanescente quanto assurdo visto che il reato per essere tale deve configurarsi in fatti certi, dai contorni ben definiti, di cui si sappia quando, dove e come è stato commesso. E poi  perchè la sentenza apre la strada alla sicura non punibilità del presunto reo, cioè il sen. Dell’Utri, in quanto i fatti per cui è ritenuto colpevole, se commessi, ammesso che si riesca a capire quali siano,  sarebbero stati commessi prima del 1992  e quindi andranno in prescrizione entro il 2012, per cui la Cassazione non potrà che dichiararne, appunto, la prescrizione.  Per cui hanno ragione sia chi ha definito la sentenza “comica”, sia chi, come lo stesso Dell’Utri, l’ha definita “pilatesca”, nel senso che essa ha un non vago sapore “cerchiobbottista” (espressione di moda nel deprecato ventennio mussoliniano), riuscendo da una parte a non irritare i “colpevolisti”, e dall’altra ad aprire la strada all’ennesima soluzione all’italiana, come già è accaduto per altri processi, primo fra tutti quello che vide alla sbarra il senatore a vita Giulio Andreotti,  assolto ma anche condannato ma per fatti prescritti,  per cui ancor oggi c’è chi impudentemente  accusa Andreotti, figura preminente della storia italiana dal 1945 in poi, di essere stato “mafioso” per cui si configura uno Stato che sarebbe stato diretto da chi intrallazzava con l’antiStato. Non è così ma a tanto si è giunti grazie ad una Giustizia che ormai tale non è più. Sempre ieri il GUP di Milano, su conforme richiesta del PM milanese Spataro, di cui sono note le oltranzistiche posizioni antiberlusconiane, ha assolto l’attentatore di Berlusconi, Tartaglia. Motivazione: al  momento di aggredire e ferire (solo per caso non a morte)  il primo ministro italiano non era in grado di intendere e di volere. C’è una perizia dei medici intal senso hanno argomentato prima Spataro e poi   il GUP, per cui lo si assolve. E così l’apertura alla strada di altrettanti Tartaglia è nell’ordine naturale delle cose. Ecco quindi una giustizia, volutamente con la g minuscola, che si esprime in maniera difforme e contradditoria, a dimostrazione che anche in questo caso, può applicarsi la massima giolittiana secondo cui “le leggi per gli amici si interpretano, per i nemici si applicano”. Urge, davvero, senze ulteriori rinvii la riforma generale e radicale del sistema giustizia nel nostro Paese. Il presidente Berlusconi se ne faccia carico, non solo perchè fa parte del programma di governo per il quale è stato così ampiamente votato due anni fa, ma anche perchè ne va della stessa sopravvivenza della civiltà giuridica del nostro Paese che un tempo fu “culla del diritto”. g.

P.S. Ieri l’on. Fini, costretto  dalla conferenza dei capigruppo della Camera a calendarizzare per l’ultima settimana di luglio il ddl sulle intercettazioni che langue in Parlamento da più di due anni, si è detto irritato ( e quando mai non lo è!)  per questa decisione contro la quale nulla può perchè sarebbe costretto a getttare la maschera dietro la quale nasconde da tempo la sua volontà di intralciare il governo. Bene, il presidente Berlusconi, costringa Fini, e i suoi peones, a cominciare dal solito Bocchino e dall’ascaro Granata, a venire allo scoperto sulla riforma della Giustizia e poi, piuttosto che farsi cucinare a fuoco lento, mandi all’aria la legislatura,anche a costo di vedere morire “sansone con tutti filistei”. g.