Pierluigi Bersani, parlando ieri ai quadri del Pd lombardo, ha detto che il governo e la maggioranza fanno ridere e devono andare a casa. Da che pulpito. In Lombardia, solo tre mesi fa alle elezioni regionali i maestrini della sinistra hanno perso ben il 9 per cento dei voti, i comici del centrodestra hanno guadagnato il 3. Ma ovviamente in democrazia i voti non contano. Basta con questa storia che la gente può decidere da chi essere governata. L’elettore è stupido, non capisce. La vera democrazia è quella nella quale governa la sinistra, a prescindere. Ma se proprio proprio questo non è possibile meglio attaccarsi al carro di un ex postfascista (…) (…) pentito come Gianfranco Fini, quello che solo quattro anni fa voleva cacciare tutti gli immigrati dal Paese a calci nel sedere.
Povero elettore di sinistra, che cosa gli tocca vedere e sentire. Per anni hanno inseguito il sogno di essere guidati da un novello Che Guevara, si ritrovano a dover seguire come cagnolini uno che per i due terzi della vita non ha disdegnato il saluto romano, nel senso di fascista. In attesa di portarlo in trionfo il prossimo 25 aprile, festa della Resistenza, per ora si accontentano di averlo come capo. Esagerato? Non troppo. Ieri sono accaduti due fatti che vanno in questa direzione. Il primo. Il segretario del sindacato dei giornalisti Rai, tale Carlo Verna, è intervenuto sulla polemica innescata dalla sinistra dopo le apparizioni televisive di Berlusconi nei tg di venerdì sera. Ora, che un presidente del Consiglio, di ritorno da due vertici internazionali, non abbia il diritto-dovere di informare gli italiani sugli esiti degli incontri è già un assurdo. Ma Verna si è superato, è andato oltre. E ha detto che un servizio pubblico serio dopo aver sentito Berlusconi avrebbe dovuto concedere lo stesso spazio a… E uno qui si immagina che pronunci i nomi di Bersani, Di Pietro, che ne so, dei lavoratori della Fiat in cassaintegrazione. No, niente di tutto questo. Per il sindacato, subito dopo Berlusconi avrebbe dovuto parlare Gianfranco Fini.
Uno si chiede: a che titolo? Semplice, come vero e unico capo dell’opposizione. Non solo poveri elettori di sinistra, ma a questo punto direi povero Bersani, che neppure in Rai e nel sindacato è considerato degno di ribattere al presidente del Consiglio. Umiliante.
Ma non è finita. Sempre ieri, il capogruppo del Pd alla Camera, Franceschini, ha dichiarato di essere disposto a sostenere e votare gli emendamenti dei finiani al decreto intercettazioni. Non il più grande partito di opposizione che fa una proposta politica e dice di essere disposto, con qualche imbarazzo, a prendersi anche i voti degli ex fascisti. No, l’inverso, è il Pd che si mette nelle mani di Bocchino e Granata, due che sono venuti grandi convinti che il Duce fece bene ad arrestare e far morire in carcere Antonio Gramsci, fondatore del Pci. Poveri elettori di sinistra, povero Bersani, ma direi anche povero Gramsci, che ha sacrificato la vita per questa manica, lo diciamo alla Tremonti, di compagni cialtroni.
Da tutto questo si evincono due cose. La prima è che nella sinistra c’è qualche problema che non trova soluzione. La seconda è che nel Pdl c’è un’urgenza non più rinviabile. E cioè liberare Fini dall’imbarazzo di essere contemporaneamente cofondatore del Pdl e capo dell’opposizione. Come? Cacciandolo, pardon, consegnandolo ai nemici con tanto di fiocco e lettera di accompagnamento: maneggiare con cura, è pericoloso.
P.S. AVEVA SCRITTO BENE SALLUSTI: CACCIANDOLO. FINI E SUOI GUASTATORI, DA BOCCHINO A GRANATA. NEL PDL SI STARA’ MEGLIO E LA DESTRA ITALIANA NON POTRA’ CHE GUADAGNARCI. g.