FINI? ANDRA’ CON LA SINISTRA…LA PROFEZIA IN UN LIBRO DI AN DEL 2005
Pubblicato il 15 settembre, 2010 in Politica | Nessun commento »
«Fini, nel riconoscere che c’era bisogno di un salutare e rigenerante “bagno di umiltà” si riferiva forse più al Cavaliere che a se stesso. Una velenosa stoccata che, nel chiaro intento di colpire apertamente Berlusconi, si è rivelata come una cinica sollecitazione al premier affinché si facesse finalmente da parte e lasciasse ad altri il posto del comando…».
Non è un commento al discorso programmatico del presidente della Camera e leader del Fli a Mirabello. E nemmeno un’analisi post assemblea del Pdl di aprile, quella in cui il presidente della Camera, puntando l’indice accusatore, ha attaccato a testa bassa il Cavaliere. Comunque uno scritto recente, direte voi, viste le considerazioni contenute, il piano di Fini per scalzare Berlusconi e diventare leader del centrodestra. E sbagliate, clamorosamente. Perché il testo da cui è tratto il brano citato ha ormai oltre cinque anni. È stato pubblicato nell’anno di grazia 2005 ed è tratto da un saggio interessante, «Lo Spergiuro. Da Fiuggi a Gerusalemme – dalla Fiamma alla Farnesina (e dal governo all’opposizione?)», edizioni L’Aquilone. A scriverlo non un veggente, non un mago con la palla di vetro, ma Emilio D’Andrea, giornalista, ex militante del Msi prima e di An poi, ex consigliere regionale della Basilicata, uscito dal partito in polemica con la gestione di An. Anzi, pardon, non uscito ma cacciato via dall’allora leader di Alleanza nazionale, che lo ha espulso perché “reo” di avere assunto posizioni critiche rispetto alla dirigenza e, udite udite, di avere fondato proprio in dissenso con Fini un gruppo consiliare autonomo.
Cinque anni portati benissimo, quelli del volumetto. Che traccia un ritratto impietoso del giovane Fini-Pinocchio – così lo dipinge l’autore – diventato leader grazie ad Almirante prima e a Berlusconi poi. Un leader ingrato, che, secondo l’autore, ha calpestato i suoi padri con l’abiura del fascismo e con gli attacchi al Cavaliere che lo aveva sdoganato. D’Andrea parte da lontano, da «la carriera del raccomandato», così si intitola il capitolo riguardante i primi passi del giovane Gianfranco, baciato dalla fortuna e da Almirante-Geppetto che incoronandolo delfino lo ha sempre aiutato e protetto.
È l’analisi di un militante deluso, la sua, di un fedelissimo che ha visto disperdersi, a causa della leadership di un «padre padrone» che è come «l’ottone, che luccica ma non è oro», il patrimonio della destra. Di un militante che si preoccupa, anche, per i primi germi di una liaison con la sinistra. Guardate cosa scrive, a proposito del 1998, ben 12 anni fa: «In quell’anno Fini si avventurò oltre ogni limite, contro l’orientamento ufficiale di Forza Italia, in favore del “sì” al referendum sull’abolizione della quota proporzionale, sostenuto anche dai Ds, da Segni e da Di Pietro…». E poi, gli «applausi» della sinistra, annotati quasi con orrore dall’autore: «da D’Alema a Gavino Angius e, persino Fausto Bertinotti!», scrive D’Andrea. Profetico.
Sono tante le notazioni che potrebbero essere calate in pieno nella cronaca di oggi, non escluse quelle sulla «gestione patrimoniale del partito» affidata a una «stretta oligarchia di vertice», l’affaire Montecarlo insegna. Ma è il capitolo che D’Andrea dedica alla propria cacciata quello che, letto adesso, si rivela a dir poco illuminante. Tutto nasce da una contesa locale, la nomina di un capogruppo dall’alto che D’Andrea non digerisce. Protesta, scrive una lettera a Fini. E nelle more che la sua voce, pur in dissenso, sia ascoltata, costituisce al consiglio regionale della Basilicata un gruppo autonomo. Ed ecco cosa accadde: «Sul Secolo d’Italia – scrive D’Andrea – quotidiano d’informazione del partito e non già suo deliberante organo di disciplina, un breve trafiletto annunciava l’avvenuta mia espulsione da partito per avere aderito ad un gruppo consiliare diverso da An. Fu quella – chiosa l’autore – un’abnorme e dispotica forzatura dello statuto e del regolamento, che per casi simili prevede ben altre e più articolate modalità». Esattamente quello che Fini, oggi, contesta a Berlusconi e al Pdl. Chi di espulsione ferisce…
….La storia di Fini è un lungo elenco di capitomboli e di giravolte di cui si sono persi i numeri. Non ci stupirà più di tanto che la sua storia si concluda (speriamo presto!) negli antri bui della sinistra parolaia e rancorosa che da qualche tempo ha eletto Fini a suo utlimo oracolo. Insieme a Vendola. g.