Il Giornale di Feltri, dopo averlo annunciato ieri sera durante la trasmissione televisiva “ultima parola”, ha pubblicato questa mattina la copia del contratto di fitto dell’appartamento di Montecarlo ereditato da AN, venduto ad una società offshore,  e abitato dal cognato di Fini, Tulliani, che a Montecarlo scorazza con una Ferrari che costa un paio di centomila euro che certamente non può permettersi, per dire,  nessuno dei 250 mila precari della scuola, di cui  a Mirabello l’on. Fini ha preso le difese.  Il contratto sembra firmato dalla stessa persona come locatore e come locatario. Abbiamo già pubblicato l’articolo del Guornale e la fotocopia del contratto. Ora pubblichiamo l’editoriale del vicedirettore del Giornale, Sallusti, che rivolto a Fini, invita Fini a spiegare. Lo farà Fini, dare le spiegazioni che sinora non ha fornito se non con un comunicato che invece di diradarle ha infittito le ombre sulla questione? Chissà! Forse Fini si trincererà dietro il banale “sono sereno..attendo che la Magistratura faccia chiarezza…”. Ma la  terza carica dello Stato che si chiama Fini e che a colazione, pranzo e cena, si diletta di etica e legalità (quando queste riguardano Berlusconi),  non può far attendere la pubblica opinione, ha il dovere morale di dare tutte le spiegazioni del caso. Perciò, risponda a Sallusti  e indirettamente a tutti noi. g.

La famiglia Fini-Tulliani si è sempre rifiutata di esibirla, i magistrati italiani l’hanno chiesta alle autorità monegasche, ma fino ad ora senza successo. Il Giornale è oggi in grado di svelare la carta in questione, il famigerato contratto di affitto della casa di Montecarlo passata dal patrimonio di An nelle disponibilità del cognato di Fini, Giancarlo Tulliani, attraverso due società allocate in paradisi fiscali. Dal documento, che pubblichiamo qui a fianco, emerge un’altra delle tante anomalie che segnano questa storia. La firma del proprietario (la società offshore Timara) è la stessa dell’inquilino (Giancarlo Tulliani). Come mai? Potremmo azzardare la risposta più ovvia: la casa è di proprietà dell’inquilino stesso, cioè Timara e Tulliani sono la stessa cosa. Il che spiegherebbe in modo definitivo molte cose della telenovela che ha scosso l’opinione pubblica e la politica.

Ancora una volta giriamo il quesito al presidente Fini: perché quelle due firme identiche? Capisco che rischiamo di passare per monomaniaci, ma la posta in gioco è più alta di quella che appare. Parliamo di case e contratti di affitto, ma in realtà stiamo cercando di capire se il presidente della Camera, terza carica dello Stato, è persona leale ed eticamente all’altezza di ricoprire il ruolo che gli è stato assegnato. Cioè se è uomo che di fronte a un pasticcio non si nasconde dietro moglie, cognato e amministratori vari, ma racconta agli italiani come sono andate le cose senza omissioni o giri di parole, indipendentemente dal fatto che siano o no stati commessi reati.

Perché il problema non è, eventualmente, solo giudiziario. E altre cose non tornano. L’altro ieri un teste importante, Antonio Caruso, garante del patrimonio di An, ha confermato ai magistrati che per quella casa il partito aveva ricevuto offerte di un milione di euro, cifra ben superiore a quella realizzata (300mila) con questo pasticcio, smentendo le dichiarazioni dei notabili di Futuro e Libertà. Così come sono attese a ore le dimissioni di Francesco Pontone, senatore, braccio destro di Fini, da amministratore dell’ex patrimonio An (fu proprio lui a curare l’affare Montecarlo). Le contraddizioni e le coincidenze non finiscono qui. Domani pubblicheremo altri documenti. Non per spirito di persecuzione, che non esiste, ma per cercare risposte che non arrivano.