L’on. Fini, presidente  politicamente abusivo della Camera dei Deputati

Non vuole proprio venire fuori la verità sulla vicenda monegasca che da ormai due mesi vede Gianfranco Fini sul banco degli imputati. L’arrivo dal Principato di Monaco delle carte relative alla compravendita dell’immobile lasciato in eredità dalla contessa Anna Maria Colleoni ad Alleanza Nazionale, infatti, non faranno luce sulla vicenda, essendo state giudicate incomplete dagli inquirenti romani.

Necessaria una seconda rogatoria internazionale, quindi, con il procuratore Giovanni Ferrara e l’aggiunto Pierfilippo Laviani che hanno chiesto una serie di accertamenti di natura fiscale (soprattutto per definire l’esatto valore dell’appartamento di Boulevard Princesse Charlotte 14 in sede di successione) e una integrazione di atti ulteriori.
Per gli inquirenti questo  supplemento di rogatoria richiederà un’attesa di altri giorni e imporrà un momentaneo stop al calendario di audizioni. Fini, quindi, non verrà ascoltato nei prossimi giorni.

Prima di questa fumata grigia, infatti, i magistrati avevano intenzione di convocare al più presto il presidente della Camera per chiarire soprattutto le novità circa il contratto della casa di Montecarlo: sul documento, depositato all’ufficio del registro del Principato e firmato a Monaco il 24 febbraio del 2009,  due firme appaiono identiche: quella del proprietario (la società Timara Ltd) e quella dell’affittuario.

di Gianluigi Nuzzi –
La procura di Roma, subito dopo aver ottenuto la risposta alla rogatoria monegasca e aver sentito alcuni altri testimoni dell’indagine sulla compravendita immobiliare nel principato, ascolterà Gianfranco Fini. Il procuratore capo della capitale non ha ancora formalizzato la richiesta, ma gli inquirenti danno per assai probabile la deposizione dopo che saranno valutate le carte sulla vendita da parte di An dell’appartamento di rue Princesse Charlotte 14 a duecento metri dal Casinò.
L’idea di sentire sia Giancarlo Tulliani sia il presidente della Camera ha cominciato ad assumere consistenza con le incongruenze che emergono dalle testimonianze raccolte, dal fascicolo degli articoli che in qualche modo anticipano anche notizie sollecitate per via rogatoriale.  Gli inquirenti hanno anche inserito nel fascicolo le varie verità pubblicamente sostenute dagli interessati, sia con interviste e battute sui giornali, sia in interventi a programmi televisivi. La cautela del procuratore Ferrara, che intende chiudere il fascicolo al più presto, è motivata anche dalle esigenze “istituzionali” che una terza carica dello stato, chiunque sia, richiede.
Così, è assai probabile che la deposizione come teste potrebbe avvenire direttamente alla Camera, se  sarà questa la volontà di Fini. Non è però escluso – osservano gli inquirenti – che il testimone chieda di poter esser sentito direttamente a palazzo di Giustizia come un qualsiasi altro testimone, disinnescando quindi un privilegio che potrebbe essere letto dagli elettori come l’ennesimo “effetto-casta”. O che, peggio, qualcuno potrebbe interpretare come volontà di nascondersi.
«Rispettare i pm»
Nell’entourage di Fini la notizia della possibile deposizione in apparenza non coglie di sorpresa: ci si rimette ancora alle parole del leader quando, dai microfoni di Mirabello e da Enrico Mentana, annunciava che avrebbe atteso la conclusione dell’inchiesta per «rispettare la magistratura». E che tutti – a parole – vogliano la conclusione delle indagini per conoscere la verità sembra una realtà assodata. Basti pensare cosa accade in queste ore in una Montecarlo attraversata da altre inquietudini.
Non sono cose reali, ci mancherebbe. E ovviamente il principe Alberto ben si guarda dall’assumere posizioni ufficiali sulle controverse operazioni immobiliari del “cognato” di Gianfranco Fini. Ma quello che filtra  dagli ambienti a lui più vicini è un profondo fastidio per gli effetti che questa vicenda può produrre sul Principato. È da diverso tempo che con vari sforzi e fissando norme bancarie sempre più intransigenti si vuole, si cerca di allontanare progressivamente chi ha guastato l’immagine di Montercarlo. L’assenza totale dei seppur presenti episodi di cronaca nera, il rafforzamento degli impianti di videosorveglianza, le norme anti-riciclaggio introdotte puntano proprio al colpo d’immagine. La storia di Giancarlo Tulliani, di grande impatto sulla benestante comunità italiana, i riflessi politici, gli intrecci finanziari nei paradisi fiscali che emergono hanno fatto assumere diverse iniziative  informali. Innanzitutto, si è provveduto a un rapido focus sulla vicenda che ha permesso di ottenere il quadro di insieme. Poi si sono attese le iniziative rogatoriali per chiudere presto l’incidente.
La ferrari sospetta
Ma su questo secondo fondamentale aspetto aleggia una sorta di mistero. Qui a Monaco, infatti, consultando i pochi ben informati sulla rogatoria e sulle volontà  della Casa, sembra che le risposte siano già partite o pronte a partire alla volta di Roma e, soprattutto, non si nasconde un certo stupore per quanto fossero limitati gli interrogativi posti dalla procura di piazzale Clodio.  Al tempo stesso, sta muovendo i primi passi un’indagine  proprio per verificare come sia stata venduta la casa e se, eventualmente, alcune parti del pagamento siano state compiute in nero, visto il prezzo sottomercato di entrambe le cessioni. Una verifica a tutto tondo su Giancarlo Tulliani da parte delle autorità fiscali monegasche? È ancora presto per dirlo. Di certo qui le mosse sono tutte molto ovattate: non si vuol dare l’idea di fare i conti in tasca a un ricco residente. Ricco tanto da comprarsi la Ferrari che lavò senza accorgersi dei paparazzi qualche settimana fa. Da una verifica risulta infatti che la targa monegasca del bolide sia intestata direttamente a lui. Insomma, almeno su questo fronte non compare nessuna società offshore, per una volta.
A sentire invece le voci ufficiose dalla procura di Roma, i magistrati italiani si lamentano perché ancora non è arrivato nulla in ufficio.  E senza quei documenti non si possono fare passi avanti nel procedimento che sta comunque condizionando la vita politica della maggioranza. Si è come in una sorta di stallo investigativo: solo gli atti monegaschi possono dare l’attesa accelerata.