Gian Marco ChiocciMassimo Malpica

nostri inviati a Montecarlo

«Tulliani? Non lo sentire­mo, non ci interessa». Fino ad oggi è stata questa è la posizio­ne della procura di Roma, che indaga sull’ affaire immobilia­re monegasco per l’ipotesi di truffa aggravata, in seguito a un esposto della Destra, il par­tito di Storace, che rilanciava in sede giudiziaria l’inchiesta del Giornale . Ma davvero il «cognato» di Gianfranco Fini non riveste un ruolo tale nella vicenda da interessare gli in­quirenti? A dar retta ai fatti, documentati, sarebbe dovu­to essere lui il primo a sfilare in procura. Anche perché quanto rivelato dal Giornale in due mesi,e soprattutto nel­l’ultima settimana, accende i fari su altri aspetti che potreb­bero riguardare sia profili pe­nali che fiscali. Tulliani ha un conto corrente nel Principa­to. Ed è residente a Monaco grazie a un attestato con il quale la sua banca certifica che ha fondi a sufficienza per non lavorare. Se quei soldi non sono noti, in tutto o in par­te, al fisco italiano, il tema do­vrebbe assumere un certo in­teresse per le nostre autorità. Idem se si dovesse scoprire che dietro all’identità di fir­ma ( e di sostanza) tra Tulliani e la fiduciaria Timara costitui­ta in un paese a «fiscalità privi­legiata » si nascondesse una si­nergia di altro genere.

La procura di Roma sin dal­l’inizio spinge soprattutto su un tasto: acclarare se quei 300mila euro ai quali la casa di boulevard Princesse Char­lotte – che An aveva ricevuto in eredità dalla contessa Col­leoni – è stata venduta siano o no un prezzo congruo. In pro­cura sono sfilati il senatore Francesco Pontone, che co­me tesoriere firmò l’atto di vendita da An a Printemps, il deputato Donato Lamorte, che visitò la casa in questione e la descrisse come fatiscen­te, e la segretaria di Fini, Rita Marino, che accompagno La­morte nel tour monegasco. Pontone ha negato di aver mai trattato il prezzo, spiegan­do che la scelta di vendere era stata «del partito», smenten­do di aver mai ricevuto altre offerte di acquisto. Solo che in procura c’è andato anche Antonino Caruso, parlamen­tare del Pdl ed ex An, che ha invece confermato di aver ri­cevuto un’offerta da un milio­ne di euro per la casa sei anni prima della vendita, e di aver­la girata a Pontone. E di offer­te superiori hanno parlato in tanti: inquilini del Palais Mil­ton, dove ora vive Tulliani, ma anche il senatore ex An Giorgio Bornacin, che ha ri­cordato un’offerta di un grup­po di sanremesi rispedita al mittente.

Bianco e nero, dunque. Ma se mancano le certezze, di si­curo è curioso che i pm finora abbiano snobbato il cognato del presidente della Camera. Perché ilfratellino di Elisabet­ta è l’uomo che avrebbe sapu­to (non è chiaro da chi, perfi­no Fini ha negato di averglie­lo detto) che quell’apparta­mento era in vendita. E sem­pre lui avrebbe individuato un acquirente, guardacaso una società off-shore , la Prin­temps, con sede ai Caraibi e creata ad hoc per la bisogna giusto pochi giorni prima del­la vendita. E ancora Tulliani avrebbe proposto a Fini l’affa­re (per l’acquirente, s’inten­de), evidentemente fissando anche il prezzo, visto che Pon­tone nega di averlo trattato e Fini si limita a dire che «gli uffi­ci di An» verificarono che era superiore alla bassissima va­lutazione fatta, comunque, 10 anni prima. Vista così, dav­vero Tulliani non c’entra con la svendita della casa? Ma non è finita, perché come è noto la Printemps (s)venderà a sua volta, arrotondando il prezzo solo del dieci per cen­to, alla sua gemella Timara, stessa sede nei paradisi fisca­li, stesso capitale sociale, stes­si referenti. E quest’ultima chiuderà il giro, accollandosi le fatture dei costosi lavori di ristrutturazione e affittando la casa a Tulliani.

Con un con­­tratto sul quale le firme del «cognato» e del rappresentan­te della società sono identi­che. Ci sono anomalie, dunque, ma soprattutto c’è un ruolo centrale giocato in tutta la vi­cenda dal «cognato» del presi­dente della Camera. Grazie al Giornale le carte sono ormai pubbliche, che altro serve agli inquirenti? Oltre alla vicenda delle fir­me, a rafforzare la sensazione di un forte link tra Tulliani e le fiduciarie, c’è la storia delle utenze, che il giovane italia­no ha scelto di domiciliare a casa di James Walfenzao, uno degli intermediari, esperti in fiduciarie e in legislazione fi­scale, che risulta essere ammi­­nistratore, diretto o indiretto, sia di Printemps che di Tima­ra. E sufficientemente in buo­ni rapporti con Tulliani da «prestargli» il suo indirizzo. Delle utenze domestiche di Tulliani, almeno le bollette della luce, importanti per cer­tificare la reale residenza a Montecarlo dei cittadini stra­nieri ( che se sono in casa con­sumano elettricità), arrivano infatti a casa Walfenzao. Su quella bolletta, pubblicata dal Giornale , c’è il conto cor­rente di Tulliani.

Su quel con­to corrente, stando alla carta di residenza del «cognato», dovrebbe esserci una discre­ta somma, visto che Tulliani non è titolare di imprese né ri­sulta lavoratore dipendente, ma risiede a Montecarlo, ap­punto, grazie a un deposito di garanzia e al conseguente at­testato bancario di «autosuffi­cienza economica». Quei sol­di, tutti o in parte, Tulliani li ha indicati nel «quadro Rw» (dove si evidenziano le dispo­nibilità finanziarie all’estero) della sua dichiarazione dei redditi? Se magistrati e Gdf vo­gliono vederci chiaro, sanno esattamente cosa e dove cer­care. Un bel vantaggio, che dovrebbe facilitare il compito della procura, che non do­vrebbe bussare al Principato chiedendo lumi sull’esisten­za stessa di un deposito «a no­me di», ma solo sulla consi­stenza di un determinato e già noto conto corrente cifra­to. Occorrerebbe verificare il canale seguito per l’esporta­zione dei capitali, se quello previsto per legge con l’ausi­lio di intermediati abilitati. Oppure vedere se si è fatto ri­corso allo scudo fiscale per re­golarizzare queste somme. Nessuno ovviamente pensa che Tulliani abbia fregato il fi­sco ma per molto meno, pro­prio i pm di Roma, da mesi stanno indagando sui conti segreti dei tanti furbetti di San Marino.

Il Giornale – 20 settembre 2010