Archivi per settembre, 2010

GIANFRY E WALTERM LE PRODEZZE DEI CO-FONDATORI

Pubblicato il 20 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

di Marcello Veneziani

Spappolocrazia. Il neologismo sta ad indicare che il sistema Italia è in preda allo spappolamento. Fini schizza a est, Veltroni schizza a ovest, Miccicchè schizza a sud, Bossi schizza a nord. Mastella corre a Napoli, Vendola accorre da Bari, Chiamparino soccorre da Torino, Pisanu fa il tamburino sardo, Lombardo (…)
(…) fa il sultano siculo e nell’harem delle alleanze fa fuori una concubina al giorno. Totò Cuffaro divorzia da Casini, il cui partito è in preda allo spappolamento, come i resti di Alleanza nazionale, Di Pietro vampirizza Bersani, ma a sua volta è vampirizzato dai grillini. Si spappola il Sud in una miriade di partitini a vocazione territoriale. E il Paese trema come un budino spappolato, diviso tra Nord, Sud e Roma capitale, la scassatissima trinità.
In questo clima cresce il randagismo parlamentare. Turbe di deputati privi di collare sciàmano randage per le strade della Capitale in cerca di nuove affiliazioni, nuovi padroncini e rassicurazioni di collegi. Abbaiano in interviste, tirano sul prezzo, si concedono al miglior offerente, giurano fedeltà per avere conferma di seggi o mostrano malessere per godere almeno di un’adozione a distanza. Si rivedono cari estinti: Diliberto e Ferrero riemergono dai sarcofagi del comunismo; ho visto l’altro giorno un altro glorioso trapassato, Pecoraro Scanio, operatore ecologico in senso politico, che vendeva tappeti verdi su una tivù locale. Riaffiora dopo un millennio perfino una mummia piemontese, Oscar Luigi Scalfaro, antenato paleolitico della Democrazia cristiana avanti Cristo. Si riaccendono polemiche perfino con l’antico egizio Giulio Andreotti. Attendiamo con ansia il ritorno dei ragazzi, tipo Ciriaco De Mita e Arnaldo Forlani.
Nel nostro Paese sta avvenendo qualcosa che somiglia alla fine di un lungo sceneggiato; scorrono i titoli di coda con i nomi dei partecipanti, anche alle puntate precedenti. Si preparano per il gran finale tutti quanti, comparse, protagonisti e antagonisti, per poi salutare il gentile pubblico pagante.
Dopo la partitocrazia venne la spappolocrazia. Stanchi della monarchia berlusconiana, i residui tossici dei vecchi partiti danno luogo a questa convulsa stagione di spaccature e riemersioni. Eppure avevamo raggiunto, per caso o per destino, la fortunosa coincidenza di un governo stabile, di una maggioranza larga, di un Paese che poteva tirare un sospiro di sollievo perché non aveva davanti a sé, per tre lunghissimi anni, la prospettiva di un sisma elettorale. Non c’erano elezioni in vista, poteva essere l’occasione per tutti, da destra a sinistra, per lavorare proficuamente sul futuro, ridisegnare progetti, culture politiche, selezionare classi dirigenti, prepararsi insomma alla scadenza di questo governo. Potevano investire per una volta su una doppia carta: lasciare che un governo governasse per davvero, lasciando la possibilità di realizzare il suo programma, o, dal punto di vista dell’opposizione, dimostrare la sua incapacità di farlo. E dall’altra parte avviare un laborioso piano per presentarsi nel 2013 alle urne con leader adeguati, classi dirigenti rinnovate, programmi e linguaggi adeguati alle nuove sfide. Invece no, si è preferito la cospirazione, la congiura, la scissione, il regicidio mediatico, l’anarchia dello spappolamento. Basta con il capo-popolo, hanno gridato i capetti di tanti popolini, quasi tutti al cinque per cento o giù di lì, a cominciare dai due figliocci traditori del comunismo e della missineria.

Se ci fosse un Plutarco disposto a scrivere le vite parallele dei piccoli uomini che non hanno fatto la storia, ma l’hanno solo disfatta, si potrebbe scrivere una storia parallela di Walter e Gianfranco. Con Walter sparì la sinistra dal Parlamento italiano; quella radicale fu messa fuori dal cono d’alleanza, e il Pds perse la esse di sinistra per farsi un sapone neutro. Con Gianfranco sparì la destra dal Parlamento italiano, quella sociale fu messa fuori gioco, e come il pentito Brusca, Gianfranco sciolse An, ancora adolescente, nel liquido del Pdl. Liquidatori della destra e della sinistra, ora i due leaderini stanno sfasciando i rispettivi partiti di cui erano cofondatori e di cui sono ora coaffondatori.
Veltroni ha più seguito di Fini, e il Pdl è ben più grosso del Pd, però la marcia è parallela. La differenza tra i due è a vantaggio di Veltroni: lui, perlomeno, ha fatto il sindaco di Roma, ha inventato un suo modellino tra notti bianche, fiction e festival, ha costruito una sua rete cine-teatral-culturale e i libri a sua firma, almeno, li scrive lui. Di Fini, invece, restano solo i comizi in tv o nelle Mirabello d’Italia, vincitore del festival delle parole vuote di cui narrava ieri il Corsera. Sono loro oggi i simboli viventi di un sistema morente, i testimonial e indossatori dello spappolamento nazionale. Benvenuti nella spappolocrazia.

MONTECARLO, LA PISTA FISCALE PORTA AL “COGNATO”

Pubblicato il 20 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

Gian Marco ChiocciMassimo Malpica

nostri inviati a Montecarlo

«Tulliani? Non lo sentire­mo, non ci interessa». Fino ad oggi è stata questa è la posizio­ne della procura di Roma, che indaga sull’ affaire immobilia­re monegasco per l’ipotesi di truffa aggravata, in seguito a un esposto della Destra, il par­tito di Storace, che rilanciava in sede giudiziaria l’inchiesta del Giornale . Ma davvero il «cognato» di Gianfranco Fini non riveste un ruolo tale nella vicenda da interessare gli in­quirenti? A dar retta ai fatti, documentati, sarebbe dovu­to essere lui il primo a sfilare in procura. Anche perché quanto rivelato dal Giornale in due mesi,e soprattutto nel­l’ultima settimana, accende i fari su altri aspetti che potreb­bero riguardare sia profili pe­nali che fiscali. Tulliani ha un conto corrente nel Principa­to. Ed è residente a Monaco grazie a un attestato con il quale la sua banca certifica che ha fondi a sufficienza per non lavorare. Se quei soldi non sono noti, in tutto o in par­te, al fisco italiano, il tema do­vrebbe assumere un certo in­teresse per le nostre autorità. Idem se si dovesse scoprire che dietro all’identità di fir­ma ( e di sostanza) tra Tulliani e la fiduciaria Timara costitui­ta in un paese a «fiscalità privi­legiata » si nascondesse una si­nergia di altro genere.

La procura di Roma sin dal­l’inizio spinge soprattutto su un tasto: acclarare se quei 300mila euro ai quali la casa di boulevard Princesse Char­lotte – che An aveva ricevuto in eredità dalla contessa Col­leoni – è stata venduta siano o no un prezzo congruo. In pro­cura sono sfilati il senatore Francesco Pontone, che co­me tesoriere firmò l’atto di vendita da An a Printemps, il deputato Donato Lamorte, che visitò la casa in questione e la descrisse come fatiscen­te, e la segretaria di Fini, Rita Marino, che accompagno La­morte nel tour monegasco. Pontone ha negato di aver mai trattato il prezzo, spiegan­do che la scelta di vendere era stata «del partito», smenten­do di aver mai ricevuto altre offerte di acquisto. Solo che in procura c’è andato anche Antonino Caruso, parlamen­tare del Pdl ed ex An, che ha invece confermato di aver ri­cevuto un’offerta da un milio­ne di euro per la casa sei anni prima della vendita, e di aver­la girata a Pontone. E di offer­te superiori hanno parlato in tanti: inquilini del Palais Mil­ton, dove ora vive Tulliani, ma anche il senatore ex An Giorgio Bornacin, che ha ri­cordato un’offerta di un grup­po di sanremesi rispedita al mittente.

Bianco e nero, dunque. Ma se mancano le certezze, di si­curo è curioso che i pm finora abbiano snobbato il cognato del presidente della Camera. Perché ilfratellino di Elisabet­ta è l’uomo che avrebbe sapu­to (non è chiaro da chi, perfi­no Fini ha negato di averglie­lo detto) che quell’apparta­mento era in vendita. E sem­pre lui avrebbe individuato un acquirente, guardacaso una società off-shore , la Prin­temps, con sede ai Caraibi e creata ad hoc per la bisogna giusto pochi giorni prima del­la vendita. E ancora Tulliani avrebbe proposto a Fini l’affa­re (per l’acquirente, s’inten­de), evidentemente fissando anche il prezzo, visto che Pon­tone nega di averlo trattato e Fini si limita a dire che «gli uffi­ci di An» verificarono che era superiore alla bassissima va­lutazione fatta, comunque, 10 anni prima. Vista così, dav­vero Tulliani non c’entra con la svendita della casa? Ma non è finita, perché come è noto la Printemps (s)venderà a sua volta, arrotondando il prezzo solo del dieci per cen­to, alla sua gemella Timara, stessa sede nei paradisi fisca­li, stesso capitale sociale, stes­si referenti. E quest’ultima chiuderà il giro, accollandosi le fatture dei costosi lavori di ristrutturazione e affittando la casa a Tulliani.

Con un con­­tratto sul quale le firme del «cognato» e del rappresentan­te della società sono identi­che. Ci sono anomalie, dunque, ma soprattutto c’è un ruolo centrale giocato in tutta la vi­cenda dal «cognato» del presi­dente della Camera. Grazie al Giornale le carte sono ormai pubbliche, che altro serve agli inquirenti? Oltre alla vicenda delle fir­me, a rafforzare la sensazione di un forte link tra Tulliani e le fiduciarie, c’è la storia delle utenze, che il giovane italia­no ha scelto di domiciliare a casa di James Walfenzao, uno degli intermediari, esperti in fiduciarie e in legislazione fi­scale, che risulta essere ammi­­nistratore, diretto o indiretto, sia di Printemps che di Tima­ra. E sufficientemente in buo­ni rapporti con Tulliani da «prestargli» il suo indirizzo. Delle utenze domestiche di Tulliani, almeno le bollette della luce, importanti per cer­tificare la reale residenza a Montecarlo dei cittadini stra­nieri ( che se sono in casa con­sumano elettricità), arrivano infatti a casa Walfenzao. Su quella bolletta, pubblicata dal Giornale , c’è il conto cor­rente di Tulliani.

Su quel con­to corrente, stando alla carta di residenza del «cognato», dovrebbe esserci una discre­ta somma, visto che Tulliani non è titolare di imprese né ri­sulta lavoratore dipendente, ma risiede a Montecarlo, ap­punto, grazie a un deposito di garanzia e al conseguente at­testato bancario di «autosuffi­cienza economica». Quei sol­di, tutti o in parte, Tulliani li ha indicati nel «quadro Rw» (dove si evidenziano le dispo­nibilità finanziarie all’estero) della sua dichiarazione dei redditi? Se magistrati e Gdf vo­gliono vederci chiaro, sanno esattamente cosa e dove cer­care. Un bel vantaggio, che dovrebbe facilitare il compito della procura, che non do­vrebbe bussare al Principato chiedendo lumi sull’esisten­za stessa di un deposito «a no­me di», ma solo sulla consi­stenza di un determinato e già noto conto corrente cifra­to. Occorrerebbe verificare il canale seguito per l’esporta­zione dei capitali, se quello previsto per legge con l’ausi­lio di intermediati abilitati. Oppure vedere se si è fatto ri­corso allo scudo fiscale per re­golarizzare queste somme. Nessuno ovviamente pensa che Tulliani abbia fregato il fi­sco ma per molto meno, pro­prio i pm di Roma, da mesi stanno indagando sui conti segreti dei tanti furbetti di San Marino.

Il Giornale – 20 settembre 2010

L’addio al tenente Romani: voleva proteggere i bambini

Pubblicato il 20 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

Sono terminte poco fa, nella Basilica di S.Maria degli Angeli di Roma, le esequie di Stato del Tenente del Battaglione Paracadutisti  Ca Moschin, Romani, ulitma vittima italiana del terrorismo talebano in Afghanistan. Le esequie si sono svolte alla presenza del Capo dello Stato Napolitano e delle altre alte cariche dello Stato che hanno reso omaggio al parà che “voleva proteggere i bambini”. Nella Basilica, gremita di uomini con i baschi amaranto e di tantissimi romani, la commozione era palpabile così come palpabile era lo sdegno, qualche giorno, nello stadio di Livorno, città cara ai paracadutisti italiani, quando durante i momenti di silenzio in onore del ten. Romani, sono risuonati fischi di scherno ad opera degli ultrà di sinistra che a Livorno hanno preso sempre di mira i paracadutisti. A coprire i fischi gli applausi dei tanti altri spettatori che hanno isolato gli sciacalli, quegli stessi che “inneggiano” a “una, cento, mille Nassyriae e che un tempo gridavano e scrivevano “uccidere un fascista non è reato”. Chissà che non  siano le propaggini livornesi di quelli con i quali in Sicilia,  il neopartito di Fini, auspice l’araldo Granata,   sta per allearsi per governare contro il PDL la Regione Sicilia! g.

LE CONSULENZE, OVVERO GLI SPRECHI DELLA CASTA

Pubblicato il 20 settembre, 2010 in Economia, Politica | No Comments »

di Giacomo Susca

In un anno le collaborazioni esterne concesse da Regioni ed enti locali sono aumentate del 13,9 per cento con una spesa di 1,39 miliardi di euro. Negli elenchi spuntano anche esperti in “educazione degli adulti” e in cambiamenti climatici

Avanti, c’è posto. Il club delle consulenze, generosamente elargite dagli enti locali, è sempre aperto a nuovi invitati. La casta dei trecentomila «tecnici» lavora, più o meno nell’ombra ma comunque degnamente stipendiata, e munge la vacca tricolore. Finché ce n’è. Tenetevela voi, la crisi.
A scapito di ogni dieta auspicata, promessa e sbandierata (a destra come a sinistra), il carrozzone delle pubbliche amministrazioni si gonfia ogni anno a ritmi poco incoraggianti per i prodighi fan dell’austerity a parole. Ecco perché i numeri raccolti dal ministero della Funzione pubblica guidato da Renato Brunetta, evidenziati da Italia Oggi, suonano perfino beffardi. Nel 2009 il numero di incarichi esterni affidati a vario titolo dalle autonomie sono cresciuti a quota 299.281, con un incremento del 13,9% per cento rispetto all’anno precedente (quand’erano 262mila). La spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche restituisce le proporzioni della cuccagna. Così sono volati via un miliardo e 390 milioni di euro in un anno, anche qui la manica s’è allargata di un buon 10,6% sul totale messo a bilancio nel 2008.
Controindicazioni della trasparenza: i calcoli del dicastero di palazzo Vidoni potrebbero essere addirittura al ribasso, visto che le liste degli incarichi si riferiscono al 60% degli enti locali, quelli che hanno risposto all’appello. Tutte le Regioni e almeno i Comuni più rappresentativi figurano nelle tabelle ministeriali. Regalando numerose sorprese.
LA GEOGRAFIA DEL PRIVILEGIO
Il vizietto di contornarsi di collaboratori e consiglieri, del resto, è tendenza comune da Bolzano a Palermo nonché trasversale agli schieramenti della politica. E, per una volta, il Mezzogiorno appare pure parsimonioso avendo aumentato il ricorso alle consulenze in valore assoluto «solo» del 9,2 per cento, a fronte del +16,8% del Nord e del +13,7 del Centro. Per capirci, nella provincia di Trento si è passati da 8mila a 12mila consulenti nel giro di un anno. Unici casi virtuosi in termini di risparmio sono in Valle d’Aosta, Umbria, Puglia, Molise, Liguria, Sardegna. Lo spesa intanto (come gli sprechi?) esplode in Alto Adige, Calabria ed Emilia Romagna.
UN ESPERTO PER TUTTO
Naturale, allora, cedere alla tentazione di spulciare negli elenchi. Scoprire che il Belpaese, quanto a folklore, non si smentisce mai nemmeno sulla carta intestata dei contratti. Niente paura, sono rapporti di lavoro a termine, obietterà qualcuno dalle poltrone del potere. Ma quant’è bello fare il «precario di lusso» a libro paga dei governi locali… Che a meritare l’incarico sia un vip oppure un oscuro funzionario, infatti, non fa molta differenza. Per esempio, il sindaco Pd di Genova Marta Vincenzi ha scelto l’archistar inglese Richard Burdett per «l’attività di supporto nelle funzioni di indirizzo in materia urbanistica»: quasi 195mila euro per le prestazioni offerte in un anno e mezzo. E il Co.co.co. Nando Dalla Chiesa ha aiutato la Vincenzi per la «promozione della città e dei progetti culturali» con cachet di 140mila euro in un anno. Letizia Moratti, a Milano, verserà 400mila euro in quattro anni e mezzo al garante «per la tutela degli animali». Quasi 100mila in un anno, in vece, a colui che si sta applicando all’«atlante dell’agricoltura milanese». E si è discusso tanto, quest’estate, nei corridoi di Palazzo Marino a proposito del rinnovo del contratto da 60mila euro lordi a Red Ronnie, l’ex dj addetto all’immagine del sindaco Moratti nei video sul web.

Ad Ancona la giunta rossa di Fiorello Gramillano onora di 53mila euro e rotti in due anni la responsabile di «Ancona città d’asilo». Nel capoluogo marchigiano tre mesi di impegno in qualità di «project manager» sui cambiamenti climatici nel tempo valgono un onorario dell’ordine dei 100mila euro. A Napoli, Rosetta Russo Iervolino corrisponde alla curatrice d’arte tedesca, Julia Draganovic, 200mila euro in due anni per svolgere attività di direttore artistico delle mostre temporanee presso il Pan, il Palazzo delle arti partenopeo, secondo i maligni non proprio preso d’assalto dagli appassionati. Sempre a casa di Pulcinella un consulente chiamato a «rappresentare il Comune di Napoli nei rapporti intercorrenti con i competenti organismi nazionali e internazionali» nell’ambito del Forum delle culture, da qui al 2013 incasserà un assegno da 84mila euro. E la Regione Campania, da par suo, foraggia una coppia di consulenti «in materia di educazione degli adulti» per 300mila euro in 5 anni. L’amministrazione Caldoro ha ereditato, tra le altre voci, anche il corposo contratto dell’esperta in cooperazione internazionale: circa 150mila in due anni e mezzo per «l’assistenza tecnica al punto di contatto nazionale del Programma PoMed». In Sicilia il governatore Raffaele Lombardo si è avvalso della «collaborazione specialistica» dei super-tecnici, da 106mila in due, i quali hanno studiato in 11 mesi di mandato il «ciclo teso della filiera dell’ortofrutta» in Trinacria. Solo casi spot, del resto l’elenco è sterminato.
UNA CURA POSSIBILE
Nella giungla insidiosa delle collaborazioni il ministro Brunetta ha già piantato un paletto. A partire dal prossimo anno, tutti gli enti pubblici (università a parte) dovranno attenersi a un tetto di spesa in consulenze e contratti esterni con il limite del 20 per cento del valore «investito» nel 2009. Manovra – stima Italia Oggi – da un miliardo di euro. La toppa giusta alle tasche bucate di certi amministratori?

da Il Giornale del 20 settembre 2010.

.…Non basta! Occorre vietare il ricorso alle consulenze esterne  pecie se prima d non si è  verificata l’eventuale esistenza di analoghe e idonee  professionalità  all’interno dell’Ente. E  comunque tra le figure da vietare sempre e dovunque  c’è quella dei cosiddetti “portavoce” che sono uno scandalo nello scandalo. Alla Provincia di Bari dove “impera” il neosatrapo  Schittulli che uno giorno si e l’altro pure conciona sugli sprechi (degli altri) e piange lacrime (di coccodrillo) sui giovani senza lavoro, lo stesso Schittulli dal giorno dopo la sua elezione ha nominato il suo bravo e personale “portavoce” al prezzo di 68 mila euro all’anno, cioè circa 5.700 euro al mese. Il quale “portavoce” in oltre un anno e mezzo di mandato non ci risulta che  abbia mai aperto bocca, anche perchè il logorroico Schittulli parla sempre e solo lui. Non solo. Il suddetto portavoce, pensionato dello Stato a migliaia di euro al mese,   è oltretutto un quasi settantenne…..E poi Schittulli si dice “il nuovo”….. lui è il vecchio (in tutti i sensi) che avanza…… g.

LA CASA DI MONTECARLO: FINI, NOI NON ARCHIVIAMO

Pubblicato il 19 settembre, 2010 in Politica | No Comments »

Il Giornale di Feltri, come aveva annunciato ieri, stamattina pubblica altri inconfutabili documenti che legano la casa di Montecarlo,  ereditata da AN e svenduta a poco prezzo ad una società offshore delle Antille, al “cognato” di Fini. Ieri il Giornale ha pubblicato copia del contratto di affitto tra la società TAMARA e Tulliani Giancarlo in cui le firme del locatore e quella del locatario sembrano identiche tanto da far supporre che Tamara e Tulliani siano la stessa cosa. Oggi il Giornale (cliccare sul lik qui a destra) pubblica copia di una fattura condominiale indirizzata alla Tamara accanto al cui nome, fra parentesi, è scritto “Tulliani”, confemando i sospetti che l’una e l’altro siano la stessa cosa. Dinanzi a tutto ciò e ai sospetti che ormai sono più che dei sospetti,  il presidente della Camera, di cui sono note le tiritiere su legalità e correttezza, che autorizzò la vendita dell’immobile ad una società off-shore suggeritagli dal “cognato”, ha l’obbligo e il dovere di spiegare, precisare, dire tutto ciò che sa su questa questione che dal’eventuale  livello penale è salita al sicuro  livello di etica pubblica.
Questo il contenuto del corsivo che questa mattina pubblica il Giornale a firma di Masismo De Manzoni che pubblichiamo qui sotto.g.

Nemmeno le ultime rivelazioni del Giornale, alle quali oggi aggiungiamo un altro significativo tassello, hanno indotto il presidente della Camera a cambiare la sua strategia sulla vicenda dell’appartamento monegasco: zitto anche di fronte all’inquietante doppia firma (del «cognato» Giancarlo Tulliani?) sul contratto d’affitto. Un silenzio pesantissimo. Tanto che persino Antonio Di Pietro, certo non tenero con il Giornale che accusa di «dossieraggi», ieri è stato costretto a confessare: «Fini doveva rendere noti tutti i passaggi della casa di Montecarlo. Probabilmente non può farlo, ma se c’è qualcosa che non va bene è opportuno che i cittadini sappiano quello che non va bene».
È duro ammetterlo, ma per una volta l’ex Pm ha detto cose sensate: i cittadini hanno diritto di sapere se la terza carica dello Stato ha detto la verità o ha raccontato agli italiani una montagna di bugie. È il motivo per il quale stiamo conducendo questa inchiesta. E – dopo quasi due mesi di giustificazioni smentite dai fatti prima, minacce di querele poi e infine mutismo assoluto – è sempre più forte il dubbio che Fini non possa raccontare come stiano effettivamente le cose. Che non sia cioè in grado di spiegare come mai un appartamento lasciato in eredità al suo partito sia stato venduto (ignorando altre offerte d’acquisto ben più vantaggiose) a una cifra che tutti gli esperti interpellati stimano essere un quarto o un quinto del suo valore. Perché sia stato ceduto a una società domiciliata in un paradiso fiscale. Perché ora, dopo aver seguito in prima persona i lavori di ristrutturazione, vi abiti il «cognato». Se Giancarlo Tulliani sia «solo» un inquilino in affitto oppure, come molti, troppi indizi indurrebbero a credere, sia il vero proprietario dell’immobile.
Una faccenduola piuttosto imbarazzante, come si vede, malgrado i moltissimi nuovi e interessati protettori di Fini si affannino a sminuirla, anche e soprattutto su quei giornali fino a non molto tempo fa inclini a massacrare l’ex leader di An. Ma è il tributo da pagare all’uomo sul quale si punta per azzoppare il governo, prospettiva di fronte alla quale tutto il resto passa in secondo piano.
Protetto dal muro di gomma della gran parte dei mass media, Fini può dunque giocare a fare il muto di Montecarlo; aspettando e sperando che a togliergli le castagne dal fuoco sia alla fine quella magistratura da lui vistosamente corteggiata da un po’ di tempo a questa parte. Qualora la Procura di Roma dovesse, come qualcuno già mormora, archiviare l’inchiesta per truffa aggravata aperta quest’estate, il presidente della Camera ritroverebbe di colpo la parola per tentare di uscire alla Travaglio dall’imbarazzante situazione: «Visto? Non c’è reato. Quindi non è successo nulla».
E invece non è così. La questione non è mai stata (o almeno non prevalentemente) giudiziaria, bensì etica. Da (ex) leader di partito Fini ha l’obbligo di fugare il sospetto di aver disposto a suo vantaggio di un bene che apparteneva a tutti gli iscritti. Da presidente della Camera deve convincere gli italiani, ai quali ha impartito per mesi lezioni di legalità e moralità, di non averli presi per il naso: né sull’affaire monegasco, né sui ricchi contratti Rai della famiglia Tulliani. Come dimostrano i sondaggi e l’incredibile quantità di messaggi arrivati al Giornale, sono fatti sui quali i cittadini non sono disposti a mettere una pietra sopra. E noi non archiviamo.

TREMONTI: L’EOLICO E’ SOLO UN AFFARE DI CORRUZIONE

Pubblicato il 18 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti (Garufi/Sintesi)
Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti (Garufi/Sintesi)

MILANO – «Il business dell’eolico è uno degli affari di corruzione più grandi e la quota di maggioranza francamente non appartiene a noi». Lo ha detto il ministro dell’Economia Giulio Tremonti palando di energia, nell’ambito della kermesse organizzata dal Pdl a Cortina d’Ampezzo. «Con Berlusconi abbiamo già stilato un documento fatto di otto punti – ha spiegato Tremonti – che poi magari diventeranno cinque. Un punto che ci penalizza è quello del nucleare: noi importiamo energia. Mentre tutti gli altri paesi stanno investendo sul nucleare noi facciamo come quelli che si nutrono mangiando caviale, non è possibile. Non dobbiamo credere a quelli che raccontano le balle dei mulini a vento, le balle dell’eolico, vi siete mai chiesti perchè in Italia non ci sono i mulini a vento? Quello dell’eolico è un business ideato da organizzazioni corrotte che vogliono speculare e di cui noi non abbiamo certo la quota di maggioranza.

…Bravo Temonti! Questo significa parlar chiaro, ma non basta. Occorre che il governo intervenga per impedire da una parte il dilagare del fenomeno corruttivo che sta nella installazione degli impianti eolici e dall’altra lo scempio del territorio. g.

Presidente, ci spieghi, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 18 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

Il Giornale di Feltri, dopo averlo annunciato ieri sera durante la trasmissione televisiva “ultima parola”, ha pubblicato questa mattina la copia del contratto di fitto dell’appartamento di Montecarlo ereditato da AN, venduto ad una società offshore,  e abitato dal cognato di Fini, Tulliani, che a Montecarlo scorazza con una Ferrari che costa un paio di centomila euro che certamente non può permettersi, per dire,  nessuno dei 250 mila precari della scuola, di cui  a Mirabello l’on. Fini ha preso le difese.  Il contratto sembra firmato dalla stessa persona come locatore e come locatario. Abbiamo già pubblicato l’articolo del Guornale e la fotocopia del contratto. Ora pubblichiamo l’editoriale del vicedirettore del Giornale, Sallusti, che rivolto a Fini, invita Fini a spiegare. Lo farà Fini, dare le spiegazioni che sinora non ha fornito se non con un comunicato che invece di diradarle ha infittito le ombre sulla questione? Chissà! Forse Fini si trincererà dietro il banale “sono sereno..attendo che la Magistratura faccia chiarezza…”. Ma la  terza carica dello Stato che si chiama Fini e che a colazione, pranzo e cena, si diletta di etica e legalità (quando queste riguardano Berlusconi),  non può far attendere la pubblica opinione, ha il dovere morale di dare tutte le spiegazioni del caso. Perciò, risponda a Sallusti  e indirettamente a tutti noi. g.

La famiglia Fini-Tulliani si è sempre rifiutata di esibirla, i magistrati italiani l’hanno chiesta alle autorità monegasche, ma fino ad ora senza successo. Il Giornale è oggi in grado di svelare la carta in questione, il famigerato contratto di affitto della casa di Montecarlo passata dal patrimonio di An nelle disponibilità del cognato di Fini, Giancarlo Tulliani, attraverso due società allocate in paradisi fiscali. Dal documento, che pubblichiamo qui a fianco, emerge un’altra delle tante anomalie che segnano questa storia. La firma del proprietario (la società offshore Timara) è la stessa dell’inquilino (Giancarlo Tulliani). Come mai? Potremmo azzardare la risposta più ovvia: la casa è di proprietà dell’inquilino stesso, cioè Timara e Tulliani sono la stessa cosa. Il che spiegherebbe in modo definitivo molte cose della telenovela che ha scosso l’opinione pubblica e la politica.

Ancora una volta giriamo il quesito al presidente Fini: perché quelle due firme identiche? Capisco che rischiamo di passare per monomaniaci, ma la posta in gioco è più alta di quella che appare. Parliamo di case e contratti di affitto, ma in realtà stiamo cercando di capire se il presidente della Camera, terza carica dello Stato, è persona leale ed eticamente all’altezza di ricoprire il ruolo che gli è stato assegnato. Cioè se è uomo che di fronte a un pasticcio non si nasconde dietro moglie, cognato e amministratori vari, ma racconta agli italiani come sono andate le cose senza omissioni o giri di parole, indipendentemente dal fatto che siano o no stati commessi reati.

Perché il problema non è, eventualmente, solo giudiziario. E altre cose non tornano. L’altro ieri un teste importante, Antonio Caruso, garante del patrimonio di An, ha confermato ai magistrati che per quella casa il partito aveva ricevuto offerte di un milione di euro, cifra ben superiore a quella realizzata (300mila) con questo pasticcio, smentendo le dichiarazioni dei notabili di Futuro e Libertà. Così come sono attese a ore le dimissioni di Francesco Pontone, senatore, braccio destro di Fini, da amministratore dell’ex patrimonio An (fu proprio lui a curare l’affare Montecarlo). Le contraddizioni e le coincidenze non finiscono qui. Domani pubblicheremo altri documenti. Non per spirito di persecuzione, che non esiste, ma per cercare risposte che non arrivano.

LA CASA DI MONTECARLO: NUOVE RIVELAZIONI DEL GIORNALE DI FELTRI

Pubblicato il 18 settembre, 2010 in Politica | No Comments »

E

Ecco il contratto che scotta. Firme identiche: Tulliani ha affittato a se stesso? (cliccare sull’immagine per ingrandire)

Gian Marco ChiocciMassimo Malpica

Prima le società off­shore con stessa sede nello stes­so paradiso fiscale e allo stesso indirizzo. Ora spunta un’altra coppia di gemelle, ma stavolta il giallo riguar­da due firme. E il dubbio è il più pesante: non è che Tulliani e Timara sono la stessa cosa? Le sigle uguali sono infatti quelle di proprietario e loca­tario sul contratto d’affitto della casa monegasca, de­positato all’Ufficio del Registro del Principato. Non sembra solo l’ennesima, inquietante, coincidenza. Giancarlo Tulliani, uomo cardine dell’ affaire di Montecar­lo, secondo i magistrati roma­n­i non è degno di un appunta­mento in procura nemmeno alla luce delle clamorose rive­lazioni del Giornale sulla svendita dell’appartamento al 14 di boulevard Princesse Charlotte. Chissà che oggi i pm non cambino idea. Vedia­mo perché.

IL MONOPOLI DEI TULLIANOS
L’immobile in questione è quello donato dalla contes­sa Anna Maria Colleoni al partito nel 1999, poi ceduto per un quinto del valore a una società off-shore con se­de ai Caraibi (Printemps Ltd), da questa venduto a una società gemella (Timara Ltd) e, infine, abitato dallo stesso «cognato» di Fini, Tul­liani appunto, che aveva aperto ilgiro di valzer caldeg­gia­ndo la vendita dell’appar­tamento al presidente della Camera, al quale (è lo stesso Fini a dirlo) segnalò che c’era un acquirente interes­sato alla casa. Ora salta fuori una quantomeno sospetta «identità di firma» tra pro­prietario e affittuario. È nel contratto d’affitto, che il Giornale è riuscito a recupe­rare. L’atto, ufficiale e proto­collato, è il «contratto a cano­ne » numero 114772, firmato a Monaco il 24 febbraio del 2009 tra la società off-shore «Timara Ltd», proprietaria dell’appartamento, e «mon­sieur Giancarlo Tulliani», af­fittuario «de nationalité ita­lien demeurant (residente, ndr ) a via Raffaele Conforti 52 Roma, Italy», ed è stato re­gistrato il 4 marzo dello stes­so a­nno presso l’ufficio com­petente del Principato di Mo­naco. Oggetto, ovviamente, l’affitto della famosa casa al civico 14 di boulevard Prin­cesse Charlotte.

L’AUTO-LOCAZIONE
Colpo di scena in calce al fo­glio: le firme apposte sotto la dicitura «le preneur» (l’af­fittuario) e sotto il riferimen­to a «le bailleur» (il locato­re) sono uguali, tali e quali. Una sola firma, illeggibile ma identica, per due contro­parti. Il locatore è Tulliani, come è scritto nel contratto e come hanno sempre soste­nuto i suoi legali, e la firma del proprietario è la stessa: il «cognato» di Fini ricopre dunque all’interno della Ti­mara un ruolo tale da avere i poteri necessari a firmare per conto della società un contratto di locazione a se stesso? Questo vorrebbe di­re che non solo le firme so­no uguali, ma che Giancar­lo Tulliani e la società off­shore proprietaria della ca­sa a Montecarlo sono la stes­sa cosa. E il «cognato» sareb­be, dunque, affittuario di se stesso. Altra possibilità è che Tulliani abbia lasciato che l’amministratore della controparte Timara appo­nesse la propria firma sia co­me proprietario che per con­to dell’affittuario, o che, ipo­te­si decisamente remota an­che a Montecarlo, sia Tullia­ni che Timara abbiano dele­gato un terzo a concludere il contratto per loro conto, ma «tra sé e sé». A dirla tut­ta, nell’atto ufficiale non c’è traccia, nei dintorni delle fir­me in calce, di diciture «per conto» di alcuno, né si fa cenno a procure o deleghe. Comunque la si legga, l’identità delle firme au­menta il sospetto che il ra­gazzotto con la Ferrari ab­bia un legame molto, molto forte con le fiduciarie Prin­temps e Timara, create ad hoc a Saint Lucia nel 2008, poco prima che An, su se­gnalazione dello stesso Tul­liani, desse via la casa a prez­zo di saldo. Le anomalie si moltiplicano.

GIANCARLO E GLI AMICI OFF-SHORE
Perché il ruolo del fratelli­no di Elisabetta, solo per la parte relativa a compraven­dite e affitti, è il mistero dei misteri. Giancarlo Tulliani è in qualche modo in contat­to con Printemps: è lui a se­gnalare a Fini che la società intende comprare l’appar­tamento, e si fa, di fatto, in­termediario per l’offerta, conclusa con la vendita low cost dell’11 luglio 2008. Giancarlo Tulliani è certa­mente in contatto con Tima­ra, che a ottobre del 2008 ac­quista da Printemps, e a feb­braio del 2009 l’affitta pro­prio a lui con un contratto dove, curiosamente, le fir­me di affittuario e locatario sono sovrapponibili. Per non dire, come ha dimostra­to il Giornale , che il titolare dell’impresa di ristruttura­zione dice di aver fatturato i lavori alla Timara, anche se a decidere i materiali da por­tare dall’Italia e cosa e co­me ristrutturare sarebbero stati i Tulliani, Elisabetta e Giancarlo. A rafforzare il tut­to, c’è poi il legame tra il co­gnato di Fini e James Wal­fenzao. Walfenzao è dal no­taio Paul Louis Aureglia l’11 luglio 2008, perché in quali­tà di direttore della «Jaman Directors Ltd», anche que­sta con sede a Castries, rap­presenta la «Printemps Ltd». Ma è citato anche nel rogito del 15 ottobre dello stesso anno, quando è Prin­temps a vendere a Timara. L’atto notarile della secon­da compravendita, infatti, spiega che la Timara è rap­presentata da Suzi Beach, in virtù dei poteri che le ha assegnato l’assemblea ge­nerale di un’altra società di Saint Lucia, la «Janom Part­ners », rappresentata nel­l’occasione da Tony Izelaar (che in quel giorno di otto­bre, giusto per semplificare le cose, è anche venditore per conto di Printemps) e, appunto, da Walfenzao.

IL LINK CON WALFENZAO
Quest’ultimo (che al Gior­nale s’è limitato a dire di non voler parlare «degli af­fari dei clienti») lavora per il gruppo «Corpag» attivo nell’offrire ai propri clienti fiduciarie e intermediazio­ni. Nel network Corpag, per capirci, c’è anche la mo­negasca «Jason Sam» (spe­cializzata nella creazione di fiduciarie a Saint Lucia e nelle compravendite im­mobiliari «coperte» da fidu­ciarie, come spiega il sito web della società), per la quale lavorano gli altri pro­tagonisti delle off- shore del­­l’ affaire , Tony Izelaar e Su­zi Beach.

BOLLETTE E DOMICILI SOSPETTI
Ma tornando a Walfenzao, a focalizzare l’attenzione su di lui ci sono le connessioni fortissime con Tulliani. Il Giornale già ieri ha svelato come il suo indirizzo mone­gasco (27, avenue Princesse Grace) sia stato «prestato» a Giancarlo Tulliani per domi­ciliare utenze, tra cui la bol­letta della luce, essenziale per le autorità monegasche, che la utilizzano per accerta­re che i residenti non siano fittizi. L’utenza è relativa al 14 di boulevard Princesse Charlotte, l’addebito è sul conto corrente numero 17569- 00001- 71570900001 acceso da Tulliani presso la Compagnie Monegasque de Banque. Ma le fatture hanno un «c/o», finiscono a casa del signore e della si­gnora Walfenzao. Perché? Troppe domande, alle quali chi potrebbe e dovrebbe da­re risposte preferisce repli­care con un ostinato silen­zio.

IL CONTO SEGRETO E IL FISCO
Quanto al conto corrente, stando alla carta di soggior­no a Monaco di Tulliani,que­st’ultimo non avrebbe indica­to un’attività professionale in grado di garantirgli il reddi­to necessario, ma avrebbe al­legato la garanzia bancaria che attesta il possesso di liqui­dità sufficiente a vivere a Montecarlo senza lavorare. Parliamo di un deposito di al­meno 300mila euro ( stessa ci­fra necessaria a comprarsi una casa a Montecarlo, ma solo se a vendere è An) che Tulliani non può intaccare. Qui la domanda è ovvia: co­me ha portato quella cifra a Montecarlo il «cognato» di Fi­ni? Ha regolarmente dichia­rato al fisco l’esportazione della consistente somma, al­la quale vanno aggiunti i 200mila euro necessari a comprarsi la ormai celebre Ferrari con targa monega­sca? Il dubbio potrebbe toglierselo la Procura di Roma.

IL PD: UN PARTITO SENZA IDENTITA’

Pubblicato il 18 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

Seguendo le sorti del Popolo della Libertà anche il Partito democratico è sull’orlo di una implosione? La mossa di Walter Veltroni, l’aggregazione di un «movimento» di contestazione della segreteria, non è solo un episodio dell’annoso duello fra Veltroni e Massimo D’Alema. La gravità delle condizioni in cui versa oggi il Pd è tale che difficilmente l’esito potrà essere qualcosa di diverso da una frattura irreversibile. La ragione di fondo è che il Pd è un partito di opposizione che non riesce a trarre profitto, in termini di consensi, dalle gravi difficoltà della maggioranza di governo.

E non può trarne profitto perché non è un corpo sano ma malato. C’è qualcosa di drammatico, e di rivelatore sia dei limiti delle classi politiche sia delle tendenze profonde del Paese, nel fatto che tutti i tentativi di costruire grandi forze «riformiste» falliscano in Italia. L’operazione non riuscì negli anni Sessanta dello scorso secolo con l’unificazione socialista. Poi non riuscì a Craxi. Infine, non è riuscita al Partito democratico. Per un verso, non c’è, e non c’è mai stata, per così dire già «preconfezionata», una domanda di riformismo sufficientemente forte e ampia nell’elettorato di sinistra.

Per un altro verso, ci sono limiti nella cultura politica delle classi dirigenti della sinistra che le hanno sempre rese incapaci di creare, con le loro azioni, le condizioni perché quella domanda crescesse e si diffondesse. Alla debolezza dal lato della domanda hanno sempre corrisposto la fragilità e l’incoerenza dal lato della offerta. Si guardi a cosa è successo dopo le elezioni. Mandato via Veltroni, il Pd non è stato più capace di trovare un baricentro politico. Alla più conclamata che praticata «vocazione maggioritaria » di Veltroni (che commise il fatale errore dell’alleanza con Di Pietro) si è sostituita una sorta di rassegnata presa d’atto del carattere irrimediabilmente minoritario del Pd. Da qui la ricerca di alleanze purchessia, l’oscillazione fra velleitari progetti di Union sacrée contro Berlusconi (tutti dentro, da Di Pietro a Fini), tatticismi politici (alleiamoci con i centristi di Casini, magari offrendo loro anche la presidenza del Consiglio) e fumosi slogan (il nuovo Ulivo).

Risultato: il Pd è oggi un partito senza identità, alla mercé degli incursori esterni, da Di Pietro a Vendola. Anziché elaborare proposte, costruirvi sopra una identità chiara, e solo dopo tessere le alleanze in funzione delle proposte e dell’identità, il Pd è partito dalla coda, dalle alleanze. Impantanandosi, non riuscendo a stabilire un rapporto forte con l’opinione pubblica. Dirlo è un po’ come sparare sulla Croce Rossa ma è un fatto che nulla può dare il senso della crisi di un partito di opposizione più della sua paura di nuove elezioni. Si spezza il rapporto fra Berlusconi e Fini? La maggioranza è a rischio? Che altro dovrebbe allora fare il maggior partito di opposizione se non chiedere, a gran voce, elezioni immediate? E invece no. Per paura delle elezioni si trincera dietro il pretesto della urgenza di una riforma elettorale (dimenticandosi di spiegare perché, se era così urgente, non la fece quando aveva la maggioranza, all’epoca dell’ultimo governo Prodi). È un vero peccato. La democrazia italiana avrebbe bisogno di un solido partito di sinistra riformista, sicuro di sé, delle proprie ragioni, della propria identità. Ma non è questo oggi l’identikit del Partito democratico.

Angelo Panebianco – Il Coriere della Sera

A Modugno, Bitetto e Bitritto regalo di 25 mila euro alle giovani coppie per l’acquisto della casa

Pubblicato il 17 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

Una buona notizia per le giovani coppie e per i nuclei familiari numerosi. di Modugno, Bitetto e Bitritto.  Il coordinamento istituzionale dell’Ambito Sociale Ba10, ha approvato il bando pubblico, per l’erogazione di contributi, a favore di giovani coppie e famiglie numerose, che abbiano intenzione di acquistare la prima casa. I termini del bando (che è stato pubblicato il 29 luglio scorso) sono in pieno corso ed andranno a scadere entro il novantesimo giorno dalla sua pubblicazione. Pertanto, per chi abbia i requisiti e l’intenzione di acquistare, per la prima volta, u n’abitazione, l’occasione è da prendere a volo. L’iniziativa interessa i residenti del bacino dell’Ambito Ba10 che ha Modugno come capofila ed annovera anche i comuni di Bitetto e Bitritto.

I beneficiari del finanziamento devono rispondere ad alcuni requisiti: «nuove famiglie costituite dal 1° gennaio 2009, col vincolo del matrimonio; famiglie numerose con numero di componenti pari o superiore a cinque unità; almeno uno dei due coniugi deve essere residente da tre anni in uno dei comuni dell’Ambito; nessuno deve risultare proprietario di immobili ad uso abitativo; nessuno deve avere già usufruito di agevolazioni analoghe, in precedenza, per l’acquisto della prima casa » ed infine «la somma dell’età dei due coniugi non deve essere superiore a 70 anni alla data del matrimonio».

Insomma, il bando tende a privilegiare le giovani coppie, alla ricerca del “tetto” sotto il quale iniziare a creare il nucleo familiare. L’alloggio prescelto, poi, non deve avere un valore superiore a 180mila euro ed inferiore a 50mila euro. Il contributo erogato sarà di 25mila euro, a titolo di fondo perduto e sarà concesso a valere sulle risorse che saranno assegnate dalla Regione Puglia. Dall’avviso pubblico si apprende che «per le finalità di cui al bando sono state stanziate risorse complessive per euro 150mila, così come assegnate dalla Regione Puglia con provvedimento di giunta n. 474/2005». In buona sostanza, gli aventi diritto, coloro cioè che si aggiudicheranno i migliori posti in graduatoria, in seguito a priorità e titoli, potranno tempestivamente disporre dei contributi economici previsti. Saranno due le graduatorie, una riservata alle giovani coppie, l’altra alle famiglie numerose.

Informazioni ulteriori possono essere assunte, a Modugno, all’Ufficio del Piano, in via X Marzo, 59/D.

L’iniziativa, rientra, nell’ampia politica promossa dall’Ambito Sociale Ba10, chiamato a «programmare, progettare e realizzare il sistema locale dei servizi sociali in rete, attraverso la gestione associata delle risorse umane e finanziarie locali e tramite forme innovative di collaborazione per lo sviluppo di interventi auto-aiuto e per favorire la reciprocità tra cittadini nell’ambito della vita comunitaria». (La Gazzetta del Mezzogiorno del 17.9.2010).

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