BERLUSCONI E BOSSI, SFIDA A FINI, di Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale
Pubblicato il 7 ottobre, 2010 in Politica | Nessun commento »
Questo che pubblichiamo è l’editoriale di questa mattina del direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti. Ciò non solo per il suo contenuto, che condividiamo, ma per esprimere così la nostra solidarietà sia a Sallusti che al vicedirettore Nicola Porro nei cui confronti così come nei confronti del Giornale in queste ore è scattata una incredibile azione perquisitoria da parte della procura di Napoli per presunto concorso nel reato di violenza privata nei confronti della presidente di Confindustria Emma Mercegaglia. Secondo quantio sinora si è appreso, il direttore e il vicedirettore del Giornale avrebbero “avuto in animo” di avviare una azione di dossieraggio per indurre la Mercegaglia a non attaccare più il governo. E’ una accusa, per un verso ridicola e per altro verso grottesca che ha sapore di Santa Inquisizione, peggio ancora di regime stalinista, quando criticare qualcuno poteva costare la condanna a morte e ne sanno qualcosa le migliaia e migliaia di comunisti di tutto il mondo assassinati spietatamente dalla polizia segreta di Stalin per punirli delle loro opinioni differenti da quelle del capo. Basta citarne uno solo, il più illustre,Lev Trotsky, assassinato a picconate a Città del Messico, nel 1940 da un sicario di Stalin.
L’azione giudiziaria, come abbiamo detto, è partita dalla procura Napoli che aveva anche disposto le intercettazioni in capo a Sallusti e a Porro che quindi avevano ragione a denunciarlo nei giorni scorsi. Tra i pm che le hanno ordinato e hanno poi disposto le perquisizioni nelle abitazionmi private dei giornalisti e nella sede de Il Giornale, quasi si trattasse di mafiosi, c’è il solito pm Woodcock. Si, proprio lui, il pm che ha avviato da Potenza (sic!) centinaia di processi, ha arrestato centinaia di persone, per la quasi totalità dei casi finiti nel nulla. L’ultimo, il caso di Vittorio Emanuele di Savoia. Arrestato come un qualsiais malfattore, trascinato per 100o chilometri in una punto sovraccarica da Como a Potenza, sbattuto in una cella comune per diversi giorni, assolto prima a Como e poi a Roma, solo pochi giorni fa, perchè il fatto non sussiste.PERCHE’ IL FATTO NON SUSSISTE. Ebbene, dopo l’ennesima dimostrazione della supeficialità delle azioni penali condotte da questo PM, pensavamo che l’organo di autogovenro della Magistratura, sempre pronto ad aprire “tavoli” di censura nei confronti di Berlusconi avesse preso l’inziativa di assumere i necessari provvedimenti per impedire a Woodcock di provocare altri gravi danni in capo a persone per bene, addirittura in danno di giornalisti che esprimono opinioni,e come nel caso di Sallusti e di Porro anche estremamente critiche nei confronti di chiunque e che sino a prova contraria non è reato. Ovviamente, come ha dichiarato l’on. Cicchitto, presidente dei parlamentari del PDL, attendiamo di vedere le voci che si alzeranno a tutela del diritto di critica dei giornalisti in nome del “no al bavaglio”, tanto sbandierato nel recente passato. In particolare attendiamo di leggere quanto dirà, se lo dirà, il presidente della Camera che quando si discuteva della legge sulle intercettazioni derideva il progetto di legge perchè “la stampa non è mai troppo libera”. Chissà se ciò vale anche per Sallusti, per Porro e per il Giornale. Intanto a loro va la nostra solidarietà, che essendo sincera, vale più, molto di più, di quella di Fini. g.
L’EDITORIALE DI ALLESSANDRO SALLUSTI
A pochi centimetri dal precipizio prevale la paura del vuoto. Sotto ci sono le elezioni anticipate e nessuno pare avere voglia di buttarsi senza un paracadute più che sicuro. Così nel giro di poche ore l’aria cambia direzione, i toni si attenuano, gli eserciti restano schierati ma i fucili si abbassano. Per il momento l’apparente tregua dentro la maggioranza, dopo giorni di polemiche al calor bianco, sembra più tattica che strategica. Fini non è ancora pronto ad andare a contarsi nelle urne, non si fida di sondaggi che ancora risentono dell’effetto visibilità, né può farsi sponda di un governo tecnico, Napolitano permettendo, per fare una riforma elettorale sulla quale non c’è il minimo accordo con gli eventuali compagni di viaggio. Dal Pd a Di Pietro, da Vendola a Casini, ognuno vorrebbe sì cambiare le regole per neutralizzare Berlusconi ma le ricette sono troppe e in conflitto tra loro. Meglio traccheggiare ancora un po’. Il premier ne ha subito approfittato giocando di rimessa. Ieri ha annunciato che già oggi si parte con le riforme, anzi dalla mamma di tutte le riforme, quella del federalismo fiscale, da approvare entro sessanta giorni.
Se Fini vorrà fare cadere il governo, quindi, ora dovrà farlo su un fatto concreto, che nulla ha a che vedere con presunti conflitti di interesse del premier o col vittimismo della magistratura. Il testo che oggi il governo consegnerà alla Camera non è previsto che sia modificato più di tanto. E il fatto che Tremonti ieri si sia presentato al fianco di Berlusconi nella conferenza stampa dell’annuncio è letto come un via libera definitivo al progetto anche da parte dell’uomo dei conti, senza la benedizione del quale nessuna legge di spesa può andare in porto.
Il timing della crisi di governo si allunga quindi di sessanta giorni, termine entro il quale il Parlamento deve trasformare il decreto in legge dello Stato. Se i finiani non daranno il loro appoggio la conseguenza è già scritta: si va a votare e sarà chiaro a tutti per colpa di chi. Nel frattempo le colombe sono già al lavoro per tentare di indorare la pillola, con concessioni formali e sostanziali. Le prime riguardano il riconoscimento del nuovo soggetto politico Fli, le seconde ieri hanno preso forma nella conferma dei presidenti di commissione, compresa la Bongiorno alla giustizia.
Se tutto ciò non è esattamente una schiarita, certo il clima generale dentro il palazzo sembra indicare una tregua nella burrasca. Che invece continua per le strade. L’assalto di estremisti del sindacato rosso contro le sedi della moderata Cisl non è un buon segno. Qualcuno sta soffiando sul fuoco per aizzare gli animi e impedire le riforme che servono al mercato del lavoro e al Paese intero. Meglio che la politica riprenda il pieno controllo velocemente prima che sia troppo tardi.