Avvertenza: questo non è un dossier, tantomeno dossieraggio a danno di Emma Marcegaglia. Pensiamo però di poter liberamente commentare l’operato della presidente di Confindustria partendo proprio dal presunto affaire che ha inopinatamente e disordinatamente preso a ruotare intorno a un’inchiesta del Giornale che non c’è mai stata, alla perquisizione preventiva contro il quotidiano di Feltri di quegli stessi pm che invece indagano il gruppo Marcegaglia, e ad una sfilza di telefonate tra i piani alti di viale dell’Astronomia e personaggi vari dell’establishment giornalistico ed editoriale. «Qualcosa non torna», scriveva ieri Mario Sechi. Ed infatti non torna che la Marcegaglia, la quale afferma di aver temuto la ritorsione di un organo berlusconiano per aver criticato il governo, si sia rivolta per via breve ad uno dei più stretti amici e collaboratori del Cavaliere – Fedele Confalonieri – anziché, per esempio, denunciare il tutto da una tribuna pubblica. Tribuna che certo non le sarebbe mancata, né come imprenditrice né come leader degli industriali né come privata cittadina. Ma soprattutto, ascoltando le registrazioni delle telefonate tra il vicedirettore del Giornale ed il portavoce di Emma – per inciso: a che titolo e ad opera di chi queste chiacchiere sono diventate pubbliche? – emerge una netta inversione politica dei ruoli. Con l’assistente della Marcegaglia, fino a un minuto prima presunta vittima di dossieraggio berlusconiano, che si dilunga nella descrizione di uno scenario tipo Spectre nel quale afferma, testualmente, che «dietro Gianfranco Fini ci sono gli stessi che erano dietro la D’Addario».

Addirittura «sovrastrutture che passano sopra la mia testa, la tua testa e anche quella di un tale Feltri». Dunque, fateci capire: secondo Marcegaglia e dintorni, da che parte viene il complotto e chi sono i complottatori? Gli amici o i nemici del Cavaliere? Le sovrastrutture? Quali sovrastrutture? La passione per la dietrologia può giocare brutti scherzi, ma fa parte dell’animo umano: però se poi si parte per una pubblica crociata, corroborata da esternazioni varie, allora è meglio chiarirsi un minimo le idee. E stabilire dove si vuole andare a parare. Secondo punto. L’inchiesta a monte di tutto riguarda l’attività del gruppo Marcegaglia. Una questione di smaltimento di rifiuti dalla quale ci auguriamo sinceramente che l’imprenditrice Emma esca con l’immagine e la fedina intatta. Ma la presidente Emma? Perché coinvolgere l’intera Confindustria, i suoi vertici, le sue strutture? Non si è resa conto che così ha esposto e indebolito non poco l’organizzazione, in un momento cruciale dei rapporti tra imprese, sindacati e governo, con decine di tavoli di crisi aperti, con un modello contrattuale che si sta faticosamente rinegoziando, e non ultimo con un clima sociale avvelenato dalla violenza che colpisce la Cisl ed i sindacati riformisti?

Terzo punto. Nelle famose telefonate si accenna al Sole-24 Ore ed ai criteri di scelta del suo direttore, Gianni Riotta. Ed il principale collaboratore della presidente di Confindustria, cioè dell’editore del 24 Ore, spiega tranquillamente che quella fu una nomina politica. Immaginiamo la soddisfazione di Riotta. Ma anche dei lettori del 24 Ore, e dei tanti industriali grandi e piccoli (soprattutto piccoli, che costituiscono il 95 per cento degli iscritti alla Confindustria) che giustamente considerano il quotidiano un loro patrimonio, sia informativo sia materiale. Proprio dal Sole-24 Ore di sabato ricaviamo i dati della capitalizzazione di borsa del giornale confindustriale: 58 milioni di euro, che si confrontano con gli 816, i 666 ed i 589 di Rcs, Espresso e Mondadori. E qui si dirà: siamo di fronte ai tre colossi del settore. Ma andiamo a vedere la capitalizzazione di Monrif, editrice di Nazione, Resto del Carlino, e Giorno, tutte testate a diffusione inferiore: 63 milioni. O di Caltagirone Editore, proprietaria del Messaggero: 234 milioni. O addirittura del gruppo Class, che il 24 Ore ha sempre guardato come ad un concorrente «non all’altezza» nell’informazione economica: 50 milioni, poco meno rispetto a quella che dovrebbe essere una corazzata. E che dovrebbe ambire per prestigio e forza finanziaria a misurarsi con il Financial Times. Insomma: non siamo precisamente di fronte a dei successi. E non è la sola cosa che – lasciando da parte i rapporti con il governo e la politica – in questo momento andrebbe forse registrata in Confindustria. E dunque: per Emma Marcegaglia e per gli imprenditori che rappresenta, la priorità era davvero di aprire in modo quanto meno ambiguo, se non scomposto, il fronte del “dossieraggio”?Marlowe, Il Tempo, 11 ottobre 2010