Il presidente del Consiglio SIlvio Berlusconi al Senato Avanti così. L’Italia dei due pesi e due misure cresce e se ne sbatte altamente non dico della verità, ma pure della logica. Abbiamo assistito fino a qualche settimana fa a un coro di scandalo per l’inchiesta sulla casetta a Montecarlo del cognato in affitto di Fini e le parole d’ordine erano le seguenti: “Aggressione”. “Trattamento Boffo”. “Manganellate mediatiche”. E via con una serie di stupidaggini che resteranno scolpite nella storia dell’inutilità politica di questo Paese. Mentre i giornali che raccontavano la storiella ben poco edificante di un cognato in Ferrari con la residenza nel Principato e una casa in affitto passata dal patrimonio di An a due società offshore e infine al giovin signor Tulliani vendevano copie su copie (qualche interesse dunque la storia ce l’aveva), gli intelligentoni chiedevano tregue, censure e perfino licenziamenti dei giornalisti.
Uno spettacolo pietoso. Ora ci risiamo. Il doppiopesismo ritorna alla grande con la storia di «Report» e delle case costruite ad Antigua dal Cavaliere. La cosa interessante in questa vicenda è che nel giro di qualche giorno l’avvocato Nicolò Ghedini, parlamentare e legale di Berlusconi, prende una posizione assolutamente liberale (e ragionevole) su due episodi (Santoro e Gabanelli) e un tema che, in fondo, è sempre lo stesso: quali sono i doveri, i limiti e la missione del giornalismo nel servizio pubblico della Rai? Ghedini ha contestato il provvedimento di sospensione deciso dal direttore della Rai Mauro Masi nei confronti di Michele Santoro. Una posizione per alcuni sorprendente, ma non troppo. Ghedini in realtà è più liberale di quanto appaia a molti.
Solo che spesso lo è a corrente alternata, in continua fase di stop and go. Immagino il dissidio interiore. In ogni caso, Ghedini dice cose condivisibili sia su Santoro (il provvedimento arriva purtroppo a babbo morto) che su «Report». So come lavora la Gabanelli, il suo programma è una tagliente indagine non di perfezione sherlockiana ma di imperfezione sartoriale, nel senso che «Report» si preoccupa di cucire addosso al bersaglio un vestito su misura dal quale non riesce più a uscire dopo la messa in onda. Questo tuttavia non giustifica nessuna richiesta di censura preventiva (che Ghedini non ha chiesto e non si sogna di avanzare), semmai obbliga i dirigenti della Rai a preoccuparsi – come farebbe qualsiasi direttore di quotidiano – di controllare che ci sia un minimo di contraddittorio, una voce alternativa a quella narrante e un check puntuale di tutti i fatti elencati nei servizi. Quanto questo lavoro fondamentale sia stato fatto dalla Gabanelli e dai responsabili della Rai lo vedremo quando giungeranno a sentenza le richieste milionarie di danni rivolte contro «Report».
Ma realizzate queste condizioni minime, la Gabanelli può fare quel che vuole, in linea con quanto la Rai ritiene utile per la Rete e il buon andamento dell’azienda. Naturalmente il problema non si esaurisce qui. Perché il doppiopesismo nel frattempo ha macellato quel poco di logica, buonsenso e memoria che era rimasto in piedi sul tema informazione-politica. Centrodestra e centrosinistra hanno cominciato a suonarsele, mentre il Pd, i dipietristi e tutte le creaturine che strillavano per il Tullianino che voleva la casetta a Monteca’, sono saliti in cattedra con la bacchetta, il parruccone e gli occhialini per dire alle masse ignoranti che quello sì che è giornalismo e guai alla censura e a chi attenta alla libertà di informazione.
Dunque si è realizzato, ancora una volta, il teorema per cui se un giornale della destra fa un’inchiesta su un politico o un personaggio pubblico non siamo di fronte a un lavoro di investigative journalism, ma alla raccolta di spazzatura anzi di “dossier”, mentre se un giornale o un programma tv di sinistra si occupa di Berlusconi, dei suoi amici o di qualsiasi altro soggetto, siamo in presenza di un lavoro eccellente, già in pista per il premio Pulitzer. Ecco, questa è la polverosa discussione a cui stiamo assistendo da anni. Di questo passo, più che uno scoop, cercheremo disperatamente una scopa.