di Gabriele Villa

L’ultima è arrivata puntuale ieri, men­tre, nelle edicole, Panorama fa bella mo­stra con la sua copertina dedicata ad un servizio esclusivo. Che svela, già lo abbia­mo ampiamente anticipato su queste stesse colonne, come e qualmente Rinal­do Arpisella, l’uomo di fiducia (ora ex uo­mo di fiducia) di Emma Marcegaglia avesse, un anno fa, usato toni minacciosi nei confronti di un collega del settimana­le, Giacomo Amadori, a proposito di un’inchiesta che questi stava svolgendo e in cui veniva chiamata in causa l’azien­da della presidente di Confindustria. Amadori, evidentemente, si è sentito in dovere di scrivere questo pezzo (docu­mentato peraltro dalle registrazioni del­le telefonate avute con Arpisella) anche per dimostrare come il gran polverone, le polemiche e le accuse di dossieraggio sollevate dallo stesso Arpisella e dalla Marcegaglia contro il Giornale ,per l’ora­mai arcinota telefonata di cazzeggio del vicedirettore Porro, erano e restano leg­germente fuori posto.

L’antefatto era doveroso, visto e consi­derato che l’ultima coincidenza è la se­guente: un militare della Guardia di Fi­nanza, l’appuntato Fabio Diani, in servi­zio a Pavia è stato arrestato e messo ai domiciliari su ordine della magistratura di Milano, per una serie di accessi, non autorizzati, agli archivi informatici delle Fiamme gialle. Il finanziere, secondo l’accusa,avrebbe fornito informazioni ri­servate a un giornalista su una serie di noti personaggi.

Indovinate chi è il giornalista che ha, o, meglio, avrebbe utilizzato sistematica­mente queste informazioni uscite per vie irregolari? Giacomo Amadori. Quel­lo stesso Giacomo Amadori che firma il pezzo-clou di Panorama di questa setti­mana. Guarda, a volte, i casi della vita. E guarda che lodevole efficienza a cor­rente alternata ( un anno dopo i fatti con­testati e giusto nella settimana in cui Amadori è uscito con il suo scoop) nel correre a far pulizia e a punire con l’arre­sto il militare spifferatore quando le Pro­cure, tutte le Procure d’Italia, somiglia­no a enormi forme di gruviera, dai cui bu­chi escono, da sempre, faldoni, verbali di interrogatori, e, naturalmente, anche intercettazioni, prim’ancora che gli in­tercettati lo sappiano.

Detto questo, secondo quanto emerge dall’inchiesta del Pm Elio Ramondini, e dal procuratore aggiunto Alberto Nobili, il finanziere avrebbe effettuato, nel perio­do gennaio 2008- ottobre 2009,un miglia­i­o di accessi all’anagrafe tributaria e a tut­ta una serie di banche dati della Guardia di Finanza.Per questo motivo all’appun­­tato, sposato e padre di due figli, che ha lavorato a lungo alla sala operativa, ma ora fa il piantone in caserma a Pavia, vie­ne contestato, oltre al reato di accesso abusivo al sistema informatico (che pre­vede una pena tra i 3 e gli 8 anni di reclu­sione), in concorso con il giornalista del settimanale di Mondadori, anche l’ag­gravante di aver agito da pubblico ufficia­le e di essere entrato nelle banche dati di apparati di interesse pubblico e militare. Fra i personaggi sui quali l’appuntato Fabio Diani avrebbe fornito notizie ad Amadori, figurano alcuni componenti della famiglia Agnelli, Gioacchino Gen­chi (già consulente in vari procedimenti penali alcuni dei quali diretti dall’ex Pm De Magistris) Antonio Di Pietro, Luigi De Magistris, il giudice Raimondo Mesia­no, Beppe Grillo, Marco Travaglio e la escort Patrizia D’Addario.

Gli inquirenti avrebbero accertato che agli accessi abu­sivi, effettuati dal militare, corrisponde­va, poco dopo, la pubblicazione di noti­zie da parte del giornalista, che si basava­no pro­prio su informazioni riservate con­tenute nelle banche dati. Amadori, inter­pellato al telefono dall’agenzia Ansa si è limitato a un: «No comment», mentre il suo direttore, Giorgio Mulè, ha dichiara­to: «Il nostro giornalista ha fatto solo il suo lavoro, come riconosciuto anche dal magistrato, nella massima trasparenza, per dovere nei confronti del collega e an­che a scanso di equivoci e di chi si voglia mettere a pensare a dossieraggi o kille­raggi. Ci tengo a sottolineare- ha precisa­to il direttore – che il collega ha usato le informazioni ricevute solo per scrivere gli articoli.

Erano dati utilizzabili e non, come si dice, sensibili o coperti da pri­vacy. Amadori ha chiesto solo i dati delle dichiarazioni dei redditi che sono noti. Il Pm che ha poi allegato tutti gli articoli scritti in un paio di anni – ha concluso Mulè – osserva che le informazioni sono state utilizzate con l’unico fine di scriver­li ». Ma, nell’Italia delle coincidenze, dove il «pensiero unico» punta il dito solo con­tro i giornali e i giornalisti che non attac­cano il premier, Emanuele Fiano, re­sponsabile Sicurezza del Pd, giudica quanto sarebbe accaduto «una notizia gravissima». Quindi abbiamo il diritto di preoccuparci.

19 OTTOBRE 2010