di Tony Damascelli

In principio c’era Sant-oro,poi vennero gli altri mar­tiri a pagamento, i messaggeri della libertà del sette e quaranta, i depositari dell’informazione dura e pura, i soli a difendere il Paese dal regime «demo plutocratico» che lo opprime e lo comprime, lentamente, inesorabil­mente. «Vieni via con me» è il leit motiv di una dolce canzone dell’avvocato Paolo Conte ed è iltitolo dell’ulti­ma trasmissione boicottata dalla Rai, la barricata dietro la quale Fazio-Saviano-Benigni, i rivoluzionari del bru­maio italiano, rischiano di non poter agire, parlare, di non potere sventolare la bandiera della libertà, dopo aver ripiegato l’assegno bancario, vogliono spiegare al pubblico che non esiste soltanto il Grande Fratello (in onda su Canale 5 in contem­poranea con lo show censurato su Rai 1) ma anche un Paese fuori dalla Casa, il Paese che rifiuta Ber­lusconi, il popolo che non accet­ta la sua politica, il suo essere, il suo esistere anche.

«Vieni via con me» è prodotto anche da Endemol una cui fetta, almeno per il momento, è di pro­pr­ietà del succitato Cavaliere dit­tatore. Come direbbe Veltroni «ma anche»Il Grande Fratello ha la stessa fabbrica produttrice alle spalle, dunque il conflitto di sha­re, non soltanto di interessi, è pa­­lese, fastidioso, volgare. Il budget di «Vieni via con me» si presta, con la p minuscola, a vari com­menti critici: la Rai avrebbe offer­to a Benigni 250mila euro, 100mi­la in meno di quanto l’Oscar del cinema aveva incassato per la performance al festival di Sanre­mo. Benigni ha fatto sapere, attra­verso il suo Procuratore, con la P maiuscola, di essere disposto e di­sponibile a lavorare gratis, a con­dizione però di avere ampia facol­tà di dire e di fare su qualunque tema. Cosa che avviene, mi sem­bra, dalla fondazione dell’impe­ro televisivo, su qualunque cana­le ma non su qualunque tema, semmai su un tema unico, Berlu­sconi e la sua orchestra però ge­nerosa alla voce Medusa, distri­butore di Pinocchio, film del 2002, del regista attore toscano. Roberto Saviano, altro protagoni­sta d­i questa vicenda sofferta e an­tidemocratica, non si sente sicu­ro, avverte l’aria pesante attorno alla trasmissione, «ci hanno mes­so in condizioni terribili» ha det­to lo scrittore che ha visto aumen­tare, raddoppiare, moltiplicare gli introiti propri e della casa edi­trice Mondadori, anche questa, mannaggia, di proprietà dello stesso Berlusconi di cui sopra. «Vieni via con me»andrà comun­que in onda, ci saranno Paolo Rossi e Antonio Albanese, altri dissidenti, in manifesta opposi­zione al regime ma, ogni tanto, a braccetto dello stesso, quando è ora di sottoscrivere un contratto e di ritirare il dovuto dal despota e dai suoi gerarchi. Il dilemma eti­co ha sconvolto intelligenze illu­stri, alla voce Mancuso che ha an­nunciato la fuga, ma lo stesso struggente dubbio ha poi ritrova­to la luce, come i minatori cileni, nelle persone di Odifreddi, uno che sa quanto valgono i numeri, quelli di vario tipo, e ancora, in Za­grebelsky Gustavo e le sue opere di legge per Einaudi, tormentato ancora dalla perplessità morale ma non da quella contabile e di pubblicità garantita; ma lo stesso dilemma è stato sconfitto soprat­tutto dalla De Gregorio Concita che per Mondadori ha scritto e di cose profonde. Mi auguro che la casa di Segrate non sia il Malamo­re da cui il titolo di uno dei suoi testi. Si potrebbe aggiungere di Scalfari di cui è manifesto il con­flitto, di idee, non di interessi.

Nelle ultime ore al corteo si è ag­giunta anche Raffaella Carrà il cui programma, previsto per gen­naio, in cinque puntate, sempre su Rai 1, è rinviato a data da desti­narsi. Il contrattempo ha costret­to il regista e autore Sergio Japino a denunciare che «in Rai non c’è serenità».

È un momentaccio, i mantenu­ti­di Silvio non sopportano la sud­ditanza, quella psicologica si in­tende, mentre quella contabile garba loro moltissimo; non ce la fanno ad andare avanti tra lacci e lacciuoli, si sono santorizzati tut­ti, padroni del microfono, sciolti dalla rete (Rai), liberi di pensare, ci mancherebbe, di dire e di male­dire, di lanciare appelli, di racco­gliere firme, di sensibilizzare il po­polo cloroformizzato ma, strana­mente, improvvisamente,reatti­vo quando è chiamato all’aduna­ta.

È il bello della diretta e della re­g­istrata, è il bello dei nostri dissi­denti che altrove, nei cosiddetti regimi democratici dei líder mas­simi e del potere del popolo, fini­scono in galera mentre dalle no­s­tre parti finiscono in prima sera­ta. È la parte gioiosa della dittatu­ra berlus­coniana che serve per ti­rare sino a fine mese, a fine anno e oltre, ma resta maledetta, da battere e da abbattere. La popola­rità e il benessere conquistati per meriti propri e per intuizione al­trui, sono valori prosaici, la televi­sio­ne è malvagia anche se è servi­ta a farsi conoscere, a farsi una fa­miglia, a farsi un conto in banca, il denaro non olet e non dolet, non puzza e non fa male mentre il pagatore è infame. La Rai ci ha messo del suo, più realista del re, vecchia nelle teste dei dirigenti e giovane soltanto nelle gambe del­le ballerine, pronta a complicare storie semplici, a trasformare gli asterischi in scoop, a creare vitti­me, prima, eroi, dopo.

«Vieni via con me, entra e fatti un bagno caldo,c’è un accappa­toio azzurro, fuori piove un mon­do freddo, it’s Wonderful».Musi­ca e parole di Paolo Conte, l’avvo­cato. Trattasi di una canzone. Fi­no al prossimo otto di novembre.

Poi, prego, presentarsi alla cassa.

IL GIORNALE 21 OTTOBRE 2010