E’ una “grave anomalia” che Gianfranco Fini incarni insieme il ruolo di leader di un partito che “vuole cambiare le priorità della maggioranza” e la “delicata funzione istituzionale” di presidente della Camera: lo dice Sandro Bondi, coordinatore del Pdl. “Per me – premette il ministro dei Beni culturali – la politica è essenzialmente confronto delle idee, al servizio del bene comune. Tutte le volte che posso, pur non rinunciando alle mie idee, cerco di unire piuttosto che dividere, anche sul piano personale. Ritengo addirittura che, come ha ricordato il Presidente Berlusconi nel suo discorso alle Camere sulla fiducia, la difesa del bipolarismo possa avvenire attraverso il riconoscimento di una pluralità di forze politiche autonome all’interno del centrodestra, disposte a definire una nuova alleanza politica e di governo”. “Ciò che tuttavia non posso non continuare a considerare una grave anomalia, che passa generalmente sotto silenzio per l’insopprimibile opportunismo della sinistra, è l’opportunità – conclude – di dichiararsi esponente di ‘un neo partito che vuole cambiare le priorita’ della maggioranzà e svolgere la delicata funzione istituzionale di Presidente di uno dei rami del Parlamento”.
Sandro Bondi ha finalmente rotto il silenzio sin qui  osservato  dai vertici ufficiali del  PDL intorno a questa assurda doppiezza di Fini. Onore al merito, dunque, a Sandro Bondi. Ma non basta. Ci sembra che sia il caso che il PDL, tutto il PDL, i suoi vertici e non solo, rompano il silenzio e chiedano anche con una  mozione parlamentare   al presidente della Camera che gira l’Italia con l’abito di presidente della Camera e che, come un prestigiatore, si trasforma in capo di partito che va in giro a fare propaganda e fare proselitismo per il suo partito, di dimettersi da presidente della Camera.
Molti giornali “amici” del centrodestra, quello autentico, non quello abborracciato alla meglio dai vari Bocchino e compagni, da tempo denunziano questa doppiezza di Fini e nello stesso tempo stigmatizzano il silenzio del PDL e dello stesso Berlusconi e a loro volta hanno più volte sottolineato questa anomalia che è assolutamente inaccettabile.
Fini è presidente della Camera perchè eletto dalla maggioranza che ha vinto le elezioni del 2008 con una lista che recava nel logo il nome di Berlusconi presidente. E’ stato eletto all’interno della maggioranza e dalla sola maggioranza, mentre la minoranza dei deputati non lo ha votato. Egli dunque non può dirsi espressione di tutti i deputati ma solo di una parte, cioè, appunto,  la maggioranza di centrodestra. Nel momento in cui Fini non è più parte di quella maggioranza ed anzi se ne è chiamato fuori, prima con le sbandierate diversità e differenziazioni su quasi tutte le inizaitive di governo, poi fondando un altro partito che si dice pronto a promuovere maggioranze diverse per fare una nuova legge elettorale e che frappone ostacoli ad ogni iniziativa parlamentare della maggioranza, non v’è dubbio alcuno che è venuto meno il rapporto fiducario in virtù del quale Fini è stato eletto dalla maggioranza politica ed elettorale di centrodestra presidente della Camera.
Sappiamo bene che da questo orecchio Fini, sempre pronto a sputare sentenze su tutto e su tutti (leggi sopratutto Berlusconi) non ci sente e stranamente finge di ignorare che,  per esempio, la da lui sempre citata Nancy Pelosi, speaker democratica della Camera dei Rappresentanti degli USA, se il suo partito dovesse perdere la maggioranza il prossimo 2 novembre, dovrà sgombrare il posto senza perdere un istante e altrettanto avverebbe se per esempio la stessa Pelosi dovesse cambiare partito.
In USA e ovunque la democrazia non è all’italiana, cioè fatta in casa e ad uso e consumo di chi su di essa sproloquia, Fini sarebbe un abusivo e verrebbe spenacchiato da tutta la stampa e da tutti i media che lo indicherebbero per quello che è, cioè, appunto un abusivo.
In Italia dove di demcorazia tutti parlano ma pochi la praticano Fini può permettersi di ignorare una regola che in democrazia è, o dovrebbe essere, aurea: cioè si rimane in una poltrona sinchè se ne è elettoralmente degni. Questa regola che Fini anche l’altro ieri si è preoccupato di invocare per Berlusconi, non vale per lui. Ecco il punto. Così come Fini e i suoi non perdono occasione per rimettere in discussione le intese e gli accordi, per esempio quello sulle intercettazioni qualche mese fa, o quello sulla giustizia poche ore fa, è il caso che il PDL metta fuori la lingua e le regole anche per la presidenza della Camera chiedendo a Fini di lasciare libera la poltrona che ormai occupa abusivamente. E se non se ne va, una ragione di più per rompere gli indugi e andare al voto.
Pensiamo che qualche settimana fa avessero ragione Bossi, e Maroni e tanti altri a ritenere improbabile per la legislatura andare avanti e quindi opportuno andare al voto. Anzi, Bossi e Maroni chiedevano a Berlusconi di andare al voto a novembre. Berlusconi si è fatto convincere a respingere le pressioni della Lega ed ha tentato di continaure a governare. Le risposte le abbiamo viste in queste ultime ore con l’acuirsi della prosopopea e l’arroganza di Fini, che ormai, con il supporto  dei media di sinistra che lo hanno eletto a loro “utile idiota”, non perde occasione per assumere atteggiamenti e comportamenti di evidente ricatto nei confronti di Berlusconi, sino a dichiarare, mentre il compagno D’Alema gli strizza l’occhio, che un governo diverso da quello eletto dal popolo, cioè un governo degli sconfitti mentre quelli che hanno vinto vanno in panchina “non sarebbe un colpo di stato”.
E’ evidente che  Fini, ad ogni ritirata del PDL e del suo leader, s’imbaldanzisce e sempre più si considera una specie di generale Custer. E allora facciamogli fare la fine di Custer. Intrappoliamolo all’interno di una little big horn elettorale e stritoliamolo prima che riesca a distruggere per sempre il grande sogno dei moderati italiani: un grande centrodestra unito e forte che metta alla porta per sempre la sinistra dei D’Alema, dei Di Pietro, dei Vendola,   di Anno Zero, di Ballarò, di Repubblica e del Secolo d’Italia. g.