FINI, L’ORACOLO DEL 2000, E LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA
Pubblicato il 29 ottobre, 2010 in Politica | Nessun commento »
“Non si deve sottomettere il pm al governo perchè altrimenti si torna al fascismo” E’ più o meno quello che ha detto questa mattina a Bari l’on. Fini partecipando ai lavori del simposio sulla giustizia promosso dal capo della Procura di Bari dr. Luadati. Se lo avesse detto un altro, chiunque altro, non ci avrebbe meravigliato più di tanto, rientrando la frase in quelle che da un cinquantennio caratterizzano i discorsi di circostanza che politici di ogni specie pronunciano nelle occasioni più svariate. Ma detta da Fini, non ci meraviglia, ci sconcerta. Per due ragioni. Intanto perchè lui è lo stesso che non più tardi di un decennio fa si impadronì, letteralmente, di un partito, anzi di una comunità di uomini e donne inneggiando al fascismo che oggi disprezza e al suo “capo” che egli, e non altri, definiva “il più grande statista del ventesimo secolo”. Per carità! Noi saremo gli ultimi a dimenticare che al suo “capo” viene attribuita la paternità del detto secondo il quale “solo i parafanchi non cambiano opionione” e poichè pur non avendo in alcuna stima l’on. Fini riconosciamo che egli non ha le sembianze di un parafanco, gli riconosciamo il diritto di cambiare opinione. Ma, come dicevano i latini, “modus in rebus”: che bisogno c’è di scomodare il fascismo per affermare un principio che trova fondamenti in ben altre e più giuridiche e dotte argomentazioni? Forse il bisogno di ulteriori accrediti dalle parti degli eredi dei protagonisti delle “radiose giornate” del 1945 che, si scopre, ora, grazie anche al revisionismo intellettuale e storico di Gianpaolo Pansa, usarano ben altri sistemi e strumenti per evitare il “ritorno al fascismo”, cioè massacrando e uccidendo quanti potevano esserne gli eredi? Ma Fini non va tanto per il sottile e scomoda un facile antifascismo, piuttosto tardivo per non essere sospetto, per adagiarsi sulle tesi di chi intedende mantenere lo statu quo dei PM che vanno a ruota libera come quelli che hanno arrestato un loro collega, un GUP di Bari, che ha solo commessso un “reato” di distrazione o come quelli che arrestarono Vittorio Emanuele di Savoia con motivazioni che una sentenza ha dichiarato insussistenti in termini penali. La seconda ragione invece investe le conoscenze di Fini, che si atteggia ad oracolo anche grazie a interessati “laudatores”, in materia di giustizia negli altri paesi di antica democrazia. Dove, ed è ben noto, i PM non sono assoggettati all’esecutivo ma dall’esecutivo ricevono le direttive lungo le quali sviluppare la loro attività. La stessa cosa che si intende fare in Italia, nell’ambito della riforma generale della Giustizia che attende dall’epoca del primo esecutivo Berlusconi di andare in Aula per traformarsi in legge a garanzia dei cittadini che della malagiustizia come della malasanità, sono vittime ogni giorno, ad un ritmo molto più incalzante che non nella sanità, pur disastrata. E poi ci sono gli Stati Uniti d’America dove anche di recente l’on. Fini è stato ospite di quella grande e indiscussa democrazia a 50 stelle. In America, sia quella di Bush che quella di Obama, i procuratori sono eletti dal popolo e la giustizia cammina con una velocità supersonica e, sopratutto, senza sconti per nessuno e favoritismi per alcuni, potenti o no. Ci piacerebbe quella giustizia ma in mancanza del meglio ci accontenteremmo anche di qualcosa che gli assomigliasse e che evitasse il ripetersi dei fatti che ha narrato Vittorio Sgarbi nell’articolo pubblicato oggi sul Giornale a proposito dei servitori dello Stato diventati in martiri per via di magistrati che trasformano gli eroi in galeotti e i galeotti in eroi. O di magistrati che cercano la gloria perdendo il loro tempo. Come qualche ora fa a Montelepre, sperduto paese della provincia di Trapani, balzato agli onori della cronaca alla fine della guerra per aver dato i natali al bandito Giuliano che fu ucciso dai carabinieri in un conflitto a fuoco e il cui cadavere fu esposto a tutti, compresa la amdre che, riconoscendolo al di là di ogni dubbio, lo pianse come ogni madre piange il proprio figlio. A distanza di una sessantina d’anni, la Procura di Palermo, evidentemente a corto di procedimenti penali da seguire e risolvere, ha dedicato il suo tempo, e i quattrini dei contribuenti, a riesumare il cadavere di Giuliano per accertare se quel cadavere è proprio di Giuliano o di un suo sosia come qualche buontempone ha ipotizzato. E dopo averlo dissotterato si teme, da parte dello stesso magistrato che ne ha disposto la riesumazione, che comunque non potrebbe essere possibile accertalo perchè non può confrontarsi il DNA. Non è il caso di andare avanti. E’ questa la giustizia che abbisogna di essere riformata, non solo attraverso la separazione delle carriere tra PM e giudicanti, ma anche attraverso le regole che disciplinano l’azione investigativa. Berlusconi ha annunciato un suo discorso chiaro e duro in Parlamento, se la riforma non dovesse trovare accordo tra il governo e i fliani. Non perda tempo con questi ultimi, che sono lo stampo di Fini. Vada in Parlamento a prescindere, direbbe Totò, e dica la verità agli italiani su una giustizia sempre più autoreferenziale e se il Parlamento lo boccia ritorni agli elettori senza attendere che Fini scopra qualche altra verità da retrobottega per ritornare ai riti e alle messe della prima repubblica. Gli italiani gliene saranno grati e riconoscenti. E lo premieranno. g.