Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica

Non ce ne voglia, un’altra volta, signor procuratore Giovanni Ferrara. E non ce ne voglia il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani, suo vice. Ma proprio per il rispetto che nutriamo nei vostri confronti e nella carica che ricoprite ai piani nobili della procura di Roma, seppur delusi dalla vostra (non) risposta alle nostre dieci domande sulle criticate modalità di svolgimento dell’inchiesta da voi condotta sulla casa di Montecarlo («quando cadrà il segreto istruttorio le domande a noi rivolte troveranno risposta (…)») ci vediamo costretti a sottoporre alla vostra attenzione ulteriori dieci interrogativi. Perché dalla lettura delle carte giudiziarie non più coperte dal segreto istruttorio le risposte alle dieci domande non solo non sono arrivate, ma le perplessità sono raddoppiate e si sono fatte, con tutto il rispetto, inquietanti.

A Fra le carte da voi depositate in allegato alla richiesta d’archiviazione ve n’è una, pubblicata ieri, che ha lasciato senza parole anche un fedelissimo di Fini che ci ha chiamato inorridito. La carta riporta l’iscrizione sul registro degli indagati di Gianfranco Fini e del senatore Francesco Pontone a far data dal 26 ottobre 2010. Ovvero, lo stesso giorno della nota della procura di Roma in cui si comunicava la chiusura delle indagini e il sollecito al gip per una pronta archiviazione. E allora, che senso ha indagare il presidente della Camera per 24 ore, lo stesso giorno in cui si sollecita l’archiviazione al gip?
B Seguono tre domande in una: l’impressione che in molti hanno avuto, ed hanno a maggior ragione oggi vedendo quel pezzo di carta, è che la procura di Roma si sia (giustamente) impegnata a ritardare il più possibile, e dunque a tenere riservata al massimo, l’iscrizione della terza carica dello Stato. È così? E se lo è, perché per altri politici di livello istituzionale – vedi il filone Berlusconi-Mediaset – le notizie sono invece filtrate alla stampa? Si è per caso voluto mettere al riparo da possibili fughe di notizie il signor Fini, lo stesso che aveva sancito l’espulsione dal Pdl ritenendo insuperabile l’iscrizione sul registro degli indagati di Denis Verdini?
C Nella vostra inchiesta figurano due indagati per il medesimo reato: truffa in concorso. Si tratta di Gianfranco Fini e del senatore Francesco Pontone. Come mai, a parità di reato e di contestazioni ipotizzate, avete ritenuto di prendere a verbale solo il secondo e non il primo?

D Quel che i lettori del Giornale – molti a digiuno di procedura penale – capiscono poco è l’atteggiamento aprioristico della procura di Roma nei confronti del signor Giancarlo Tulliani, cognato del presidente della Camera, dominus dell’affaire immobiliare. La domanda che rimbalza come un mantra da settimane è la seguente: perché i magistrati non hanno voluto assolutamente ascoltare, anche solo come persona informata dei fatti, il potenziale «concorrente nel reato» della presunta truffa, sempre presente nelle fasi cruciali della compravendita della casa di Montecarlo?
E E perché se non interessava approfondire il ruolo di Giancarlo Tulliani la procura ha chiesto a tutti i testimoni interrogati, notizie su di lui nel contesto di domande inerenti la compravendita dell’immobile monegasco di boulevard Princesse Charlotte?

F E perché se la posizione di Giancarlo Tulliani non interessava la procura ha disposto comunque approfonditi accertamenti bancari per capire se effettivamente il fratello di Elisabetta, compagna di Fini, pagava l’affitto?
G A proposito di affitto. Perché i vostri uffici, il 20 settembre scorso, si sono precipitati a smentire la clamorosa rivelazione del Giornale che pubblicando la registrazione dell’atto di affitto evidenziava la presenza di due firme identiche alla voce locatario e locatore, con ciò sollevando pesantissimi dubbi che Tulliani e Timara fossero la stessa cosa? Perché la procura il 20 settembre si è affrettata a precisare che quanto riportato dal Giornale era smentito dal contratto originale dove le firme erano diverse, mentre oggi è costretta ad ammettere che le firme sono apparentemente identiche anche nell’originale? Perché, avendo in mano i due documenti, la procura ha detto il falso alla stampa?

H Se i magistrati sapevano già che la materia affrontata nelle indagini aveva un rilievo civile anziché penale perché hanno insistito con costosi accertamenti anche oltreconfine per stabilire, ad esempio, la congruità del prezzo che nella richiesta di archiviazione stabiliscono essere stato tre volte inferiore alle stime di mercato dell’epoca?
I Se la congruità del prezzo è tema da eventuale rivendicazione in sede civile, perché fare domande su questo punto ai testimoni e all’indagato Pontone? Perché insistere a chiedere come, da chi, e in che modo venne stabilito che il prezzo di vendita da An a Printemps fosse di 300mila euro?
J E infine. Perché se la materia era civile e non penale i pm si sono impegnati allo spasimo per capire se vi fossero state altre offerte di maggiore entità ad Alleanza nazionale? E perché, anche sotto questo profilo, la procura di Roma fece trapelare alle agenzie di stampa una notizia infondata, e cioè che il senatore Antonino Caruso aveva smentito quanto precedentemente dichiarato sui giornali, ovvero di un’offerta precisa ricevuta nei primi anni duemila e pari a 900mila euro, come ieri si è avuta conferma pubblicando uno stralcio del suo verbale? Perché far trapelare un’altra notizia che non corrispondeva alla realtà?

Il Giornale 31 ottobre 2010