SAVIANO: CHE VERGOGNA L’ARRINGA DELLO SCRITTORE
Pubblicato il 10 novembre, 2010 in Costume | Nessun commento »
Lo scrittore a “Vieni via con me” di Fabio Fazio ha usato Giovanni Falcone come punto di riferimento senza avere il coraggio di nominare neanche uno dei suoi nemici politici.
Che tristezza il Roberto Saviano reticente. Una lunga arringa televisiva, assumendo Giovanni Falcone a punto di riferimento, senza avere avuto il coraggio di nominare neanche uno dei suoi nemici politici. Ha usato l’immagine di Alfredo Galasso, ultima ruota di un carretto sgangherato, ma s’è dimenticato di dire che era esponente del partito di Leoluca Orlando, oggi alleato di Antonio Di Pietro. Non ha mai pronunciato il nome di Luciano Violante, che candidò Agostino Cordova alla procura antimafia per bloccare e annientare Falcone. E quale fu la scusa per candidarlo? Perché aveva più anzianità. Come si fa a ricordare il Leonardo Sciascia che si scaglia contro i “professionisti dell’antimafia” (e aveva ragione), scegliendo il bersaglio sbagliato (Paolo Borsellino), come lui stesso riconobbe, senza dire una parola su chi e perché volle sconfiggere Falcone? E anche le parole di Ilda Bocassini sono state decontestualizzate, non ricordando quelle durissime che rivolse alla corrente di sinistra della magistratura, la sua: Magistratura Democratica.
Ma Saviano pensa sul serio che se Giovanni Falcone avesse avuto la convinzione che Giulio Andreotti fosse mafioso e Claudio Martelli avesse preso i voti della mafia avrebbe accettato di collaborare con loro, sebbene in un ruolo istituzionale? Ma davvero considera Falcone un tale uomo da niente? Ciò che mette tristezza, ma tanta, è che Saviano ha voluto denunciare, giustamente, la congiura del silenzio e della bugia, che attorno alla memoria di Falcone è cresciuta, ma non ha avuto il coraggio della chiarezza, a costo di tirarsi addosso le polemiche dalla parte sbagliata. Sono fra quanti considerano demenziale la polemica del centro destra contro Saviano. Ho letto il suo libro e so che è molto ben scritto. Un’operazione culturale di grande importanza. Non è il primo che scrive di camorra, né il più preciso. Però è il più bravo. Ma è rimasto prigioniero del successo e del luogo comune, che lo opprime più della scorta. Sa chi può attaccare e con chi non si deve permettere, sa come lisciare il pubblico per il verso del pelo, perché sa che quel pubblico è intriso di pregiudizi. Quindi riesce a dire che le unanimi celebrazioni di Falcone sono mendaci, ma non riesce a dire perché. E non riesce a dire che i carabinieri che collaborano con Falcone e Borsellino sono stati o sono sotto processo, in un Paese in cui pochissimi (due, che io sappia) hanno il coraggio di denunciarlo e urlarlo.
Perché ieri non ho sentito neanche nominare l’inchiesta “mafia-appalti”? È scomoda, è politicamente scorretta? Noi ne parliamo, lui ha sorvolato. Mi dispiace, veramente. Saviano ha un potere enorme, uno spazio straordinario, una credibilità considerevole. Ieri ha sprecato tutto, in omaggio al santino di se stesso. Il marketing della propria immagine e la libertà di giudizio non vanno d’accordo. La tribuna televisiva induce al conformismo. Peccato. Non essere riuscito a sottrarsi all’Italia delle tifoserie dissennate è, prima di tutto, uno spreco. Peccato.
DAVIDE GIACALONE per IL TEMPO, 10 NOVEMBRE 2010