Una cautela obbligata dal rischio che il premier spiazzi gli avversari.Scende il gelo tra il Pd e il leader fli, che non evoca più le dimissioni

I toni restano altisonanti, ma sono diventati più cauti. È come se Gianfranco Fini, e forse lo stesso Pier Ferdinando Casini cominciassero a capire che un mese o quasi è un periodo lunghissimo: così lungo da permettere a Silvio Berlusconi di preparare una controffensiva che potrebbe frustrare la loro richiesta di dimissioni del governo. Non solo. Gli uomini più vicini al presidente del Consiglio già guardano allo spartiacque del 13 e 14 dicembre, quando la maggioranza si dovrà presentare in Aula. E si preparano a raccontare queste date simboliche con lo sguardo ad un anno fa. Il 13 dicembre del 2009 Massimo Tartaglia scagliò una statuetta sulla faccia di Berlusconi durante un comizio in piazza Duomo, a Milano. Per i suoi seguaci, è fin troppo facile associare quel tentativo di aggressione fisica da parte di una persona disturbata a quello di eliminazione politica in atto adesso. La differenza è che oggi il centrodestra appare spezzato dall’iniziativa dei finiani di Futuro e libertà, e logorato dall’immobilismo degli ultimi mesi; allora appariva soltanto sull’orlo del collasso. Eppure l’asse fra Pdl e Lega regge. E gli ultimi arresti di camorra e le decisioni del Consiglio dei ministri di ieri trasmettono una voglia di reagire che può mettere in difficoltà gli avversari. Soprattutto, l’alternativa secca «fiducia o voto» anticipato sta incrinando le certezze delle opposizioni.

Ieri è stato trasmesso un «manifesto» videotrasmesso di Fini ai militanti del Fli, nel quale non si chiede più al governo di andarsene: lo si invita più semplicemente a rispettare la propria agenda. E quando è stato chiesto a Casini se il 14 dicembre sarà presentata la mozione per sfiduciare l’esecutivo, il leader dell’Udc ha replicato, prudente: «Vedremo, il 14 dicembre è lontano». È vero che queste settimane cruciali potrebbero riservare sorprese anche al presidente del Consiglio, e rimettere in discussione il suo faticoso tentativo di resistenza. Ma la determinazione ad andare al voto e a scaricare la responsabilità sul Fli, gli dà un vantaggio.

D’altronde, ormai è la Lega a mostrare insofferenza per un logoramento del governo; e a spingere per le elezioni. Umberto Bossi ieri l’ha detto con chiarezza: «Berlusconi andrà avanti ma io preferirei il voto». E Roberto Maroni ha spiegato perché: meglio rompere che avere una maggioranza risicata. L’ipotesi di una coalizione «tecnica» e trasversale contro Berlusconi, peraltro, sembra perdere consistenza: Idv e settori del Pd già si smarcano. Ma soprattutto, spuntano le resistenze di alcuni finiani ad allearsi con la sinistra. Il Fli avverte che «il tentativo di indebolirci fallirà», eppure sembra nervoso: teme brecce nel gruppo parlamentare corteggiato dai berlusconiani. E la precisazione alla quale è stato costretto Fini ieri sera, per spiegare le sue parole, è indicativa. Casini dice di restare alla richiesta di dimissioni e al ritiro dei ministri del Fli dal governo. E il Pd, annusando un’esitazione di Fini, ricorda che «senso di responsabilità» significa mandar via Berlusconi: parole che mostrano il gelo. MASSIMO FRANCO, IL CORRIERE DELLA SERA, 19 NOVEMBRE 2010

.……….Massimo Franco è il miglior notista politico del Correre della Sera, di sicuro il più equilibrato. Ne riportiamo  sopra la nota politica publicata questa mattina in prima pagina dal Corriere della Sera. Franco, come tutti i commentatori politici, ha colto ieri quel che abbiamo colto anche noi,  e che abbiamo già commentato a caldo,  nelle parole videoregistrate e trasmesse via web, come d’uso, dell’ondivago per eccellenza cioè Fini. Fini, dice Franco, è stato improvvisamente  cauto, e come lui Casini, perchè hanno l’impressione che la situazione stia mutando. Fini, rileva Franco nella sua nota, non ha più chiesto a Berlusconi di andarsene ma di rispettare l’agenda politica. A differenza nostra, però, Franco ha preferito non sottolineare la vistosa contraddizione tra il  chiedere il rispetto dell’agenda di governo e il pretendere di andar via. Ma il risultasto non cambia. Infine, anche Franco ha colto il disappunto di Bersani che di fronte alle parole di Fini ha detto: responsabilità è mandare via Berlusconi, non nascondendo la delusione per il dietrofront (almeno momentaneo, come è nello stile del personaggio) di Fini. Ebbene gli unici che non lo hanno colto sono stati gli uomini di Fini. A parlare è stato questa volta l’on. Della Vedova, i cui unici voti sono queli che può rastrellare nel condominio dove abita, sempre che si tratti di fervidi non credenti come lui, il quale Della Vedova è sembrato punto dal pungiglione di un vespone nel  dichiarare che “Fini non è tornato indietro”, trovando subito sostegno nel più duro  (e pulcinesco) dei pasaradan finiani, quel Granata che  in Sicilia dal MSI passò alla Rete di Orlando per poi tornare indietro, il quale si è sgolato nel riferire che il FLI è unito e compatto e voterà la sfiducia a Berlusconi. Sarà ma l’impressione di un quantomeno tattico dietrofront dell’ondivago Fini  rimane tutta e da tutti è stata rilevata. Il che dimostra che il Fini che predica su tutto e su tutti, non è poi, nonostante vi si atteggi, un grande stratega politico ma solo un politcante che ha sempre vissuto di politica, e che per soppravivere ha sempre navigato a vista. Anche questa volta. Ma questa volta rischia di andare a sbattere sugli scogli delle decisioni degli italiani che non gli perdoneranno queste caramnolesche giravolte con cui ha tentato di affondare il centrodestra italiano, l’unico, perchè il suo di destra ha solo lo strabismo verso sinistra. g.