Pareva dessero i numeri e invece li avevano letti. Bossi che il giorno prima frenava, «il governo dura fino al 27 marzo», e ieri invece accelerava: «Io preferire andare alle elezioni. Con il voto ci pensa il popolo a raddrizzare il governo». E Fini che, al contrario, dopo aver aperto la crisi, ieri ha disperatamente tentato di chiuderla, con uno stonato: «Chi ha avuto l’onore e l’onere di governare onori quell’impegno attraverso una agenda di governo». Vacci a capire e poi ecco i numeri. In serata è chiaro che devono aver letto gli stessi, l’Umberto e Gianfranco. Dice un sondaggio di Euromedia Research di Alessandra Ghisleri che se tornassero alle urne gli italiani voterebbero di nuovo il Pdl, con una forbice fra il 29 e il 31 per cento. Senza grandi fughe verso il Fli, che si attesta fra il 4 e il 6 per cento. E rafforzando se mai la Lega Nord, che guadagnerebbe il 12 per cento e forse pure il 14.
Né ha aiutato l’altro sondaggio, quello di Demos che Repubblica.it ha pubblicato con titolo trionfale: «L’Ulivo sorpassa Pdl e Lega. E il terzo polo è a quota 16%». Cifre rassicuranti per il centrosinistra, ma non abbastanza. Perché a ben guardare il sorpasso non sarebbe dovuto al Pd, che anzi cala dal 26 al 24 per cento. Ma dando per scontata un’alleanza con Idv, dato in crescita dal 5.5 al 6.8, e la Sinistra di Vendola, che secondo Demos passerebbe dal 4.7 al 6.6. Il tutto mentre il Pdl sarebbe comunque al 26 e il Carroccio al 10, non proprio la soglia di sicurezza per decretarli sconfitti una volta per tutte. E poi c’è il Terzo Polo. Fli più Udc secondo Demos sarebbero al 15 per cento, con i primi all’8 e i secondi al 7, per Euromedia fra il 10 e il 14, con i finiani fra il 4 e il 6 e i centristi fra il 6 e l’8.
In ogni caso, per Fini il rischio è di restare relegato a fare il leader di un partitino nell’area grigia di chi si candida a fare l’ago della bilancia, con buona pace dello sbandierato grido di battaglia: un’altra destra è possibile. La destra c’è già e ruota intorno all’asse Berlusconi-Bossi, avvertono i sondaggi. Quanto alla sinistra, dice Euromedia che Sel rischia di non raggiungere la quota di sicurezza del 4 per cento, che il Pd non si schioda dalla forbice 24-26, che Idv vale come l’Udc, 6-8. Inesistenti l’Api di Francesco Rutelli e pure il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Primo partito d’Italia quello degli indecisi sul se e cosa votare, a quota 35-38. Letti nella sfida alle urne, i numeri dicono che la certezza di battere Pdl e Lega si avrebbe solo con un’armata Brancaleone che mettesse in fila in una stessa fotrografia, da sinistra a destra: Vendola, Di Pietro, Bersani e Casini. Lasciando Fini fuori dai giochi. Un pasticcio. Che ieri ha indotto Fini al testacoda, dopo che dal Colle sono giunti segnali poco rassicuranti sull’opportunità di scongiurare il voto anticipato con un governo tecnico, di transizione o vattelapesca.
Così, ieri Bossi s’è divertito a lanciare messaggi contrapposti: «Berlusconi avrà la fiducia e andrà avanti ma io preferirei le elezioni». Il senso di tutto sta nella frase che ha ripetuto in serata: «Ci pensa la gente a mettere a posto le cose». Traduzione: se il Fli farà cadere il governo, torneremo alle urne e ce lo riprenderemo. Vista dal Fli, è meno divertente.