Proviamo a riepilogare i fatti politicamente salienti dell’ultima settimana. Un ministro, Mara Carfagna, annuncia che si dimetterà dall’incarico, dal partito e dal Parlamento e forse anche da se stessa per divergenze sulla conduzione del Pdl in Campania. Non si capisce il nesso tra causa ed effetto, trattandosi di ambiti territoriali e istituzionali diversi e distinti, ma sta di fatto che è così. Di più, la Carfagna ha aggiunto, come postilla, che la sua collega deputata Alessandra Mussolini è una vajassa (donnaccia). Motivo? La discendente del Duce ha osato fotografarla col telefonino mentre in Parlamento si intratteneva in atteggiamenti molto amichevoli con il capo dei nemici finiani, Italo Bocchino. Bene, è notizia di ieri che la Mussolini non voterà la fiducia al governo Berlusconi se la Carfagna non le chiederà pubblicamente scusa per quell’insulto, anche se prestigiosi linguisti stanno disquisendo sull’esatto significato della parola, che in alcune traduzioni potrebbe anche non avere un senso necessariamente o certamente offensivo. In attesa del verdetto, il Bocchino terzo incomodo che fa? Rilancia alla grande, annunciando, altra novità, che Berlusconi non potrà usare in una eventuale campagna elettorale il simbolo Pdl perché nome e logo apparterrebbero, secondo una ricostruzione di parte, anche al cofondatore Gianfranco Fini, che nel frattempo di partito se ne è fatto un altro, il Fli, senza però evidentemente mollare del tutto il primo.
Più che una Camera a noi pare un asilo, l’asilo Montecitorio. I protagonisti di queste vicende mi ricordano quei compagni di gioco che, da bambini, durante la partitella di calcetto all’oratorio se il prete arbitro non fischiava il rigore a loro favore se ne andavano via con il pallone: o vincevano loro o la partita era finita. La Carfagna si porta via i suoi voti, la Mussolini la fiducia, Bocchino il simbolo di Berlusconi. Basta, non si gioca più.
E allora sotto a chi tocca. Se il metodo prende piede ne vedremo delle belle. Una foto, qualche insulto, un ricattino e il gioco è fatto per avere l’attenzione del papà e portare a casa qualche cosa per sé. Proprio come i bambini quando fanno i capricci. Occhio che magari il giochino lo impara anche l’elettore: o la smettete e tornate a fare qualche cosa per me oppure io mi rivolgo altrove. E allora non solo il Pdl ma tutto il Paese finirebbe a vajasse, nel senso peggiore del termine.
IL GIORNALE 23 NOVEMBRE 2010
.……..Come dare torto a Sallusti? Lasciamo perdere Bocchino che è solo un problema da psicanalisi, ma il caso della Carfagna e della Mussolini è davvero da asilo infantile. Abbiamo manifestato la nostra stima per la Carfagna, ma lei non esageri. Se ciascuno, specie ai livelli più alti di responsabilità,  in qualsivoglia partito,  si mette a far le bizze, è finita. I contrasti all’interno di qualsivoglia organizzazione sono naturali e fisiologici ma non possono essere risolti con qualcosa che somigli ai ricatti, perchè un ricatto tira l’altro. Lo ribadiamo, parlucchiare con Bocchino non è un delitto, anzi può essere un modo per rinfrascarsi lo spirito visto che Bocchino, se preso a piccole dosi, rappresenta una specie di antidoto ai veleni della politica, e perciò non è il caso che la Mussolini si metta a “spicchiettare” più di tanto il chiacchiericccio tra la Mara e l’Italo, ma anche la Carfagna, se è vero – e noi ne siamo convinti -  che è maturata dai tempi in cui sgambettava sui palcoscenici dei varietà televisivi, si trattenga e nei confronti di chi la critica faccia uso dell’ironia. Per il resto, si accomodino pure. Anche se, e qui non sianmo d’accordo con Sallusti, se gli italiani stanchi di queste baruffe da dietrolequinte, decidono di rivolgersi da qualche altra parte, non sono le due attuali contendenti che ci rimettono, ma tutti quelli che senza essere deputati e  ministri, o giù di lì, sono in trincea nella diuturna contesa per difendere valori e principi che la polemica tra le due prime donne mettono in discussione. g.