Mentre attraverso alcuni quotidiani che li hanno ricevuti in anticipo già si conoscono alcuni delle centinaia di migliaia di documenti del Dipartimento di Stato amerciano messi in rete dal sito Wikileaks, ecco un ritratto del suo inventore, Julian Paul Assange,  ricercato dall’Interpol per violenze sessuali in Svezia.

Julian Paul Assange, il pifferaio magico della trasparenza a oltranza, il campione delle rivelazioni scottanti su internet, soprattutto anti-occidentali, è l’uomo meno trasparente del pianeta. Il suo vero motto potrebbe essere: «Pubblico i segreti degli altri, ma non certo i miei».

L’algido visionario fa impazzire il mondo con la crociata di Wikileaks. Il sito che sta inguaiando gli americani dall’Irak all’Afghanistan, in attesa dell’annunciata valanga di documenti che scuoterà più di un alleato degli Stati Uniti compresa l’Italia. Non soltanto: Assange si presenta come paladino anti-cattivoni (Pentagono, Cia, ecc.) ma allo stesso tempo vive e raccoglie informazione come una spia, con la differenza che alla fine le pubblica in rete. Un gioco degli specchi che deve far comodo a qualche servizio segreto, mai sfiorato da una sola rivelazione, come quello russo o cinese.

Capelli bianchi, smilzo, mezzo ascetico e spesso vestito di nero, Assange è nato nel 1971 in Australia. A 17 anni fa il suo esordio nel mondo della pirateria informatica con gli «International subversives», che penetrano i computer della Nasa. Nel 1999 registra il dominio leaks.org, che vuol dire letteralmente «trapelare». Otto anni dopo ci aggiungerà davanti Wiki, per trasformare il suo sito nell’enciclopedia in rete delle rivelazioni planetarie. «I nostri principali bersagli – dichiara al momento del lancio di Wikileaks – sono i regimi oppressivi come la Cina, la Russia, e quelli dell’Asia centrale. Ma ci aspettiamo di essere d’aiuto anche per chi in Occidente vorrebbe che fossero denunciati comportamenti illegali e immorali dei governi e delle grandi società».

In realtà le rivelazioni di Assange si sono concentrate soprattutto contro l’Occidente. Amnesty International lo premia nel 2009 per una fuga di notizie sugli omicidi di stato in Kenya. Tutta robetta, rispetto a oggi, ma il visionario predicatore della trasparenza, a senso unico, comincia a crearsi un’immagine. Vagabonda facendo tappa in Islanda, ma qualcuno giura che ha soggiornato pure in Russia e Georgia. Il sito anti segreti diventa molto famoso quando rende noto un video di elicotteri americani a Bagdad, che uccidono giornalisti locali. Guarda caso Assange conquista il premio Sam Adams, organizzato da ex agenti della Cia, in nome di un’etica nei servizi segreti. I sostenitori del complotto dietro l’11 settembre sono convinti che il guru di internet sia al soldo della Cia. L’unico dato certo è che fino a oggi ha pubblicato migliaia di documenti riservati del Pentagono e sono in arrivo quelli del Dipartimento di Stato, ma dalla sede dell’agenzia a Langley non salta fuori nulla. I colpi grossi arrivano con le rivelazioni sulla guerra in Irak e Afghanistan. La tv americana Fox news chiede a gran voce che Assange sia incriminato per spionaggio. «Queste cosiddette fughe di notizie sono chirurgiche e riguardano sempre l’Occidente. Wikileaks è diventato uno strumento di potere amplificato dai media. Sono tutti sintomi che dimostrano come il sito non sia più in mano a un paladino della verità, ma sotto l’influenza di uno o più apparati di intelligence di grandi potenze», spiega Fabio Ghioni, l’hacker più famoso d’Italia.

Mosca e Pechino, per ora, sono uscite indenni dalle soffiate di Wikileaks, che prima degli scoop mondiali sulle guerre degli americani stava per chiudere i battenti per mancanza di fondi. Proprio sulle finanze del sito anti segreti si addensano i dubbi più pesanti. Assange sostiene di aver incassato nell’ultimo anno un milione di dollari in donazioni via internet. Ufficialmente i collaboratori di Wikileaks lavorano gratis. In realtà mantenere in piedi un’operazione del genere costa molto, a cominciare dai server dispersi per il mondo. Per non parlare dei soldi per tirar fuori le notizie e delle spese di Assange che vive, come dice lui, «in aeroporto, sempre in movimento». Oltre alle parcelle legali per le cause e l’ultima grana sulla presunta violenza sessuale del fondatore in Svezia. Assange ha incaricato della difesa il miglior avvocato del Paese, ma la storia puzza di trappola sessuale, come ai tempi del Kgb. Le due presunte vittime sono strane fan di guru di internet. Lui ha ammesso di esserci andato a letto perché consenzienti. Sull’uomo meno trasparente del mondo è piombato il mandato di cattura di un procuratore svedese. Assange, che voleva chiedere asilo politico in Svizzera, è da pochi giorni un latitante ricercato dall’Interpol. Non si capisce dove sia e chi lo protegga, ma proprio in rete c’è chi ha lanciato un appello alla Cina per concedergli rifugio.