Rutelli, Casini e Fini La notizia, anzi lo scandalo, non è l’incontro di ieri tra Fini, Casini e Rutelli per cercare di fare la festa al governo, ma il luogo dove si è svolto: l’ufficio del presidente della Camera. Che non ha ritenuto di salvare la faccia sua e dell’istituzione che rappresenta dando appuntamento ai suoi interlocutori in un posto diverso, più consono ad una riunione di quel tipo, che più di parte e di lotta non poteva essere. Bisognava infatti discutere e predisporre la presentazione di una comune mozione di sfiducia a Berlusconi. È mancato al presidente della Camera quel senso di pudore istituzionale da lui rivendicato, per esempio, nella scorsa primavera per sottrarsi alla manifestazione conclusiva della campagna elettorale regionale del Pdl. O per dare poi appuntamento conviviale al presidente del Consiglio in un albergo, anziché alla Camera, per discutere dei problemi del loro ancora comune partito e, più in generale, della situazione politica.

Il rispetto di Fini per la carica che ricopre, la terza dopo quelle del presidente della Repubblica e del presidente del Senato, è stato a giorni o a periodi alterni durante la sua lunga e defatigante polemica con il presidente del Consiglio, sino a finire ieri letteralmente nel cestino. Dove continuo a ritenere, magari con l’ingenuità o la dabbenaggine di un ormai vecchio cronista politico, che l’eccellentissimo signor presidente della Repubblica debba decidersi a dare un’occhiata, o a mettere le mani, non foss’altro per evitare di rimanere personalmente coinvolto, alla sua età e con la sua storia, in una vicenda come questa. Stupisce, ma forse fino a un certo punto, che all’insolito spettacolo di ieri abbiano partecipato senza avvertire alcun disagio due uomini dai trascorsi istituzionali come Casini e Rutelli. Il primo ha infatti presieduto la Camera dal 2001 al 2006, non rinunciando certo a fare politica neppure lui ma lasciandone i riti peggiori fisicamente fuori dal suo ufficio di Montecitorio.

L’altro ha presieduto per un po’ in questa legislatura la più delicata e istituzionale delle commissioni bicamerali. Che è il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, oggi guidato purtroppo da D’Alema con uno spirito e un ghigno che gli saranno magari abituali ma non mi sembrano francamente appropriati a uno statista quale egli vorrebbe essere considerato per avere diretto una importante, seppure sfortunata, commissione bicamerale di riforma della Costituzione, due governi avventurosamente succedutisi in meno di due anni, fra il 1998 e il 2000, e il Ministero degli Esteri del secondo ed ultimo Gabinetto di Prodi. Per la Farnesina, in verità, è passato anche Fini prima di approdare al vertice della Camera su designazione non dello Spirito Santo, come qualche suo amico mostra di ritenere, ma di quella carogna politica, o quasi, che viene oggi considerato da quelle parti il povero Berlusconi. Che si aspettava di ricevere in cambio non dico un po’ di gratitudine, perché la politica ne prescinde, ma almeno un po’ di rispetto istituzionale e diplomatico. Gli è venuta invece da Fini già il 7 novembre scorso una perentoria e plateale richiesta di dimissioni alla vigilia di una sessione parlamentare di bilancio, messa in salvo per fortuna da un intervento del capo dello Stato, e di un vertice internazionale come il G20 in Corea. Di cui un presidente della Camera ed ex ministro degli Esteri non avrebbe dovuto ignorare l’importanza. Lo stile, come si sa, fa l’uomo.Nicola D’Amato, Il Tempo, 3 dicembre 2010

……………e di stile l’on. Fini ne ha davvero poco, benchè si atteggi a quel che non è, ad oracolo unico dei tempi che viviamo, tempi scanditi da merluzzi che si credono pescecani, e da unti da Dio , che appena messi alla prova mostrano tutti i loro limiti, politici,  umani, morali. Morali, innazitutto. Fini si è mostrato un volgare traditore di una comunità,  non quella di A.N. ben poca cosa,  ma quella più vasta del centrodestra, il popolo dei moderati e degli anticomunisti, si, anticomunisti, non abbiamo nè vergogna, nè remora a definirci tali, finchè ci saranno in Italia e nel mondo, gli epigoni e gli eredi del mostro politico che ha infettato il 900 e ha mietuto milioni di vittime innocenti, senza pagare il conto, nè con la storia, nè con se stessi. Proprio con gli eredi e gli epigoni  del comunismo, responsabili, ultima ammissione sugli orrendi crimini del bolscevismo,   del  massacro di Katyn, ordinato da Stalin per distruggere, uccidendo 20 mila ufficiali polacchi, l’anima stessa della martoriata Nazione polacca, proprio con costoro l’on. Fini, senza neppure arrossire, come capita a chi non ha nè valori nè Fede, intende unirsi, insieme ad altri suoi pari,  per far cadere il Governo di Silvio Berlusconi, per capovolgere  la volontà del popopo sovrano, per consentire a chi ha perso di sostituire chi ha vinto, stravolgendo le regole, le più elementari,  della democrazia. Chi non ha stile, come Fini, che predica moralità e in Sicilia ha favorito la nascita di un governo che è la riedizione del peggior milazzismo, che predica legalità e sempre in Sicilia sostiene un governo capeggiato da un indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, proprio come l’ex sottosegretairo Cosentino per il quale, però,  non è valsa la presunzione di innocenza e dai suoi adempti è stato costetto a dimettersi, che predica  la competenza e in RAI ha voluto per la suocera, casalinga,  un contrattino di un milione e mezzo di euro per una produzione televisiva, che predica il merito e al cognato ha svendut una casa di proprietà del suo ex partito, chi come Fini non ha stile,  non poteva che concludere la sua storia politica nel peggiore dei modi, svendendosi ai nemici storici, nemici, non avversari, della parte politica di cui pretende di avere rappresentanza. Fini non rappresenta più, se mai l’abbia rappresetnata in passato, la destra, nessuna destra di questo Paese, è solo uno dei tanti che senza particolari doti vive da nababbo all’interno del Palazzo contro il quale blaterava negli anni della prima repubblica,  che ora ritorna, con i suoi riti e i suoi colpi alla schiena, per ripetere all’infinito le capriole cui gli italiani speravano di non assistere più. Riprendono, riprenderanno, se il tradimento di Fini e dei suoi adempti, quelli che sono stati eletti due anni addietro sotto il simbioo della libertà e del nome di Berlusconi, dovesse andare in porto. Ci auguriamo di no, ci auguriamo che molti di loro, avvertano il peso dell’ignominia che ricadrà su di loro per sempre e sappiano trovare la forza, il coraggio, la volontà, di sottrarsi al ricatto di Fini, salvando il governo e il Paese. g.