Giuliano Ferrara, direttore e fondatore de IL FOGLIO, quotidiano indipendente e assai apprezzato dagli intellettuali della politica, già Ministro di Berlusconi nel suo primo governo, era stato uno dei pochi, tra gli amici di Berlusconi, a tifare per una riconciliazione tra Berlusconi e Fini. Ed era stato il suo quotidiano ad ospitare la richiesta di “rassettamento senza rancori” avanzata da Fini a Berlusconi dopo la violenta scentata di Fini alla Direzione del PDL,  rifiutata da Berlusconi che la giudicò non solo fuori tempo ma sopratutto inficiata dalla polemica scatenata da Fini contro Berlusconi. Dopo le vicende degli ultimi giorni, l’avventata fuga in avanti di Fini, la disfatta da questi subita in Parlamento e il rafforzamento di Berlusconi, che ha riottenutio la fiducia di Senato e Camera, Ferrara rivede i suoi giudizi e spiega su Panorama le ragioni per cui Fini deve dimettersi dalla carica di presidente della Camera.Ecco l’articolo di Ferrara.

Mentre gli sceneggiatori dell’establishment alla Barbara Spinelli delirano su Repubblica, ed eccitano al badoglismo militante la più brutta piazza mai vista a Roma, una piazza semiarmata, ultraminoritaria, che sfascia le carrozze all’insegna del qualunquismo antiparlamentare e dell’attacco ai simboli della democrazia, Gianfranco Fini si lecca le ferite dopo la battaglia di cui alla fine è risultato solo uno strumento, e per giunta disutile. Il bello è che ha perso, per i suoi avversari, ma se anche avesse vinto per uno o due voti, e questo è addirittura bellissimo per chi ama sul serio la democrazia del consenso e dei cittadini, e non quella delle lobby, saremmo da capo a dodici e non alla «fine del berlusconismo», perché le alternative a un governo si costruiscono con idee, leadership e programmi, non con chiacchiere velenose, finti scandali e aggressioni di strada.
Ezio Mauro, il direttore della tribuna neobadogliana, l’ha capito. Si è lasciato sfuggire un momento di consapevolezza che stride con il delirio ideologico dei suoi. E ha scritto a caldo che Fini deve dimettersi e preparare una alternativa politica nel Paese, non un golpicchio parlamentare, scegliendo una sua nuova identità, che non può essere, ma questo lo aggiungo io, quella di un presidente che non esercita il carisma della garanzia e che addirittura rappresenta una fazione aggressiva e d’assalto. Bisogna aggiungere, per la verità delle cose, che spetta al capo dello Stato esercitare la sua «moral suasion» nella direzione giusta. Giorgio Napolitano è giustamente interventista, cum grano salis perché ha esperienza politica, e prudenza. È ora che faccia capire quanto è anomala una situazione in cui l’esablishment delegittima in aula e in piazza il governo della maggioranza degli italiani e le istituzioni parlamentari, e la terza carica dello Stato si fa strumento ormai passivo di questa delegittimazione.
I miei due o tre lettori di Panorama sanno bene che non ho mai offeso Fini, non l’ho mai considerato altro che un fenomeno politico da maneggiare con cura e sensibilità, senza complessi ma senza rancori e spirito di rivalsa personale. Non è però umanamente possibile non chiedergli di prendere atto della situazione scabrosa in cui si è messo, aggregandosi con il suo gruppo, non proprio un nucleo d’acciaio, al carro degli sfiduciatori d’opposizione e centristi. Non c’è più un Fini solitario che si batte per una destra delle idee, non c’è più un Fini che cacciato dal suo partito manovra per una svolta politica nel rispetto della regola secondo cui governa chi ha vinto le elezioni: ora c’è un Fini che le signore e le commentatrici della buona società vogliono investire apertamente del ruolo di Pietro Badoglio, ma non contro un Duce che ha soppresso i partiti e le libertà, bensì contro un presidente del Consiglio liberamente eletto, che ha diritto di governare finché nuove elezioni non lo facciano cadere di sella. Questo Fini, se non ci saranno le sue dimissioni, rischia di diventare un pericoloso pretesto di antidemocrazia e di giochi lobbistici che dovrebbero essergli estranei, se non si sia del tutto bevuto il cervello, sperduta l’anima.

Giuliano Ferrara, Panorama, 21 dicembre 2010.

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