IL QUALUNQUISMO (MIOPE) DEL CORRIERE DELLA SERA
Pubblicato il 31 dicembre, 2010 in Politica | Nessun commento »
Nel giorno in cui l’Italia, grazie alla firma del rivoluzionario contratto salva Fiat, mette un piede nel nuovo mondo globalizzato, il Corriere della Sera , presunto portavoce della borghesia illuminata del Nord, celebra il funerale del Paese. Lo fa attraverso la penna di uno dei suoi commentatori di punta, Ernesto Galli della Loggia, che nell’editoriale di ieri disegna uno scenario apocalittico quanto ingeneroso. L’articolo si sarebbe potuto titolare: «Piove, governo ladro». Ma trattandosi dello scritto di un intellettuale di chiara fama, in via Solferino hanno optato per un solenne: «Un disperato qualunquismo». Dopo aver elencato per due colonne di testo una serie di luoghi comuni da dib attito d’osteria (paesaggio sconvolto da frane e alluvioni, biblioteche che versano in condizioni penose, tasse troppo alte, burocrazia opprimente, un premier patetico e i suoi oppositori vacui, sono tutti ladri eccetera eccetera), Galli della Loggia conclude che gli italiani sono condannati appunto a un «disperato qualunquismo». L’editorialista del Corriere ne ha per tutti: dai politici che ormai suscitano solo disprezzo, ai giornali che «solcano quotidianamente l’oceano del nulla» (si riferisce al suo?). Salva, quanto meno non cita, soltanto la sua casta, quella degli intellettuali da salotto e dei professori universitari che in teoria dovrebbero invece essere i primi responsabili del presunto «nulla» che ci avvolge. A chi infatti doveva spettare il compito di forgiare e guidare la classe dirigente del Paese se non a loro? Qualunquiste, a mio modesto avviso, sono le parole scritte da Galli della Loggia, un ragionamento privo di qualsiasi spunto di proposta e tensione politica. È come andare in chiesa e sentirsi dire dal pulpito: ragazzi, Dio non esiste e anche se esiste non conta niente. Mi verrebbe da dire: vabbè, caro Galli della Loggia, ma allora che cosa ti pagano (e leggono) per fare? Accomunare nel disastro, come ha fatto lui, Berlusconi e Bersani, La Russa e Vendola, vuole dire sfregiare quell’impegno ideologico senza il quale una democrazia è inevitabilmente destinata alla morte. Questo è il qualunquismo che il Corriere della Sera sta iniettando nel Paese a dosi massicce. Non è vero che Berlusconi e Di Pietro, nel bene e nel male, sono sullo stesso piano. Quello che Galli della Loggia non vede, o tace, è che da sedici anni si sta combattendo una battaglia epocale tra la componente liberale del Paese (sicuramente inesperta perché soffocata per cinquant’anni dalla Dc) e quella ex comunista (ansiosa di potere e rivincita dopo cinquant’anni di forzata opposizione). Da che parte stare non è ininfluente né inutile. E sarebbe appunto qualunquista scegliere per mera valutazione di efficienza o onestà di chi in questo momento è sul campo. Sulle scelte che riguardano la politica economica, le riforme istituzionali, la legislazione su temi etici e le libertà individuali, le due strade ancora oggi divergono e decidere quale imboccare non è ininfluente. Non è tra l’altro vero che chi sta guidando oggi non abbia fatto nulla di buono. Sostenerlo è falso nei fatti e disonesto intellettualmente. L’elenco lo lasciamo ai comizi di Berlusconi. Ma così, tanto per citare, se Marchionne l’altro ieri ha potuto firmare il nuovo patto che rivoluziona il lavoro è perché questo governo ha fatto una scelta precisa e liberale: non intervenire, lasciare che fosse il mercato e le parti a trovare il punto d’incontro. Se Giuseppe Recchi, presidente di General Electric Italia, sostiene (come raccontiamo oggi all’interno) che l’Italia resta un mercato interessante per gli investitori stranieri, è perché questo governo sta tenendo i conti in un certo modo. Se la gente ha problemi ma non è disperata è perché le tasse non sono state aumentate. Se da pochi mesi si va in treno da Milano a Roma in tre ore, se l’Alitalia c’è ancora, se l’università può guardare con più ottimismo al suo futuro, se la burocrazia è stata almeno scalfita è perché qualcuno ci avrà pur pensato e lavorato sopra. Oggi sappiamo che a Galli della Loggia tutto ciò non basta. Non basta neppure a noi. La differenza è che non essendo qualunquisti come lui, noi siamo convinti che soltanto dei veri liberali prima o poi sapranno accontentarci. E quindi li sosteniamo, a volte turandoci il naso, perché crediamo che siamo sulla strada giusta.