Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano Un Napolitano buono per tutti. Dai giovani ai politici. Di maggioranza o di opposizione. Il discorso del Capo dello Stato non scontenta nessuno: promuove gli investimenti, ma non dimentica il debito pubblico. Rilancia l’intervento dello Stato, pur sottolineando i dettami di rigore imposti dall’Unione Europea. Prima di tutto, in ogni caso, i giovani. Dopo aver ricevuto al Quirinale una delegazione di studenti e ricercatori in lotta contro la riforma dell’università, il presidente della Repubblica dedica quasi interamente a loro il suo discorso di fine anno. E dopo averne «deluso» alcuni per aver firmato il disegno di legge, tenta di riconquistarli. Il Capo dello Stato si dice «preoccupato» dal loro «malessere» e chiede alla politica e alla società civile di prendere in considerazione i problemi che i ragazzi manifestano perché sono i problemi di tutti. «Se non apriamo a questi ragazzi nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale – dice – la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l’Italia: ed è in scacco la democrazia».

Napolitano dice il vero. Ma le sue parole sono suscettibili delle interpretazioni più disparate. Il Capo dello Stato, oltre alla chiacchierata con gli studenti nei giorni della contestazione, negli ultimi tempi ha ricevuto numerose lettere di giovani e di genitori che si immedesimano nel malessere dei figli. Ne è rimasto colpito, e da qui è nato il taglio del suo discorso che contiene richiami crudi, realistici, un invito a guardare la realtà per trovare in essa la molla per reagire. Solo che quando si chiede ai giovani di reagire, di partecipare alla vita politica del Paese, il rischio è che loro tornino in piazza «a fare la rivoluzione», a urlare i soliti slogan senza tornare tra i banchi, e che – per di più – si sentano legittimati a farlo. Il presidente della Repubblica, poi, riserva un’altra «punzecchiata» alla riforma.

«Una legge – spiega “cogliendo l’occasione per dirlo a coloro che l’hanno contestata” – il cui processo attuativo consentirà ulteriori confronti in vista di più condivise soluzioni specifiche». I ragazzi, insomma, possono ancora sperare. E non solo loro: «Si debbono o no, ad esempio, fare salve risorse adeguate, a partire dai prossimi anni, per la cultura, per la ricerca e la formazione, per l’università?», si domanda il Capo dello Stato, strizzando un occhio a tutto il mondo della cultura che per mesi ha protestato contro i tagli del ministro Tremonti. Il capo dello Stato non tralascia, alla fine, di parlare delle spine della politica quotidiana. Dopo aver acceso le speranze di tutti, ricorda al governo che bisogna «trovare la via per abbattere il debito pubblico accumulato nei decenni», che occorre individuare «priorità» della spesa pubblica, avere una strategia finalizzata ad una crescita economica e sociale «più sostenuta», senza la quale rischiamo «il declino» anche in seno all’Unione Europea. Poi rilancia la riforma fiscale e conclude il suo discorso dedicando un pensiero alla sua città: «Anche a Napoli ognuno faccia la sua parte, nello spirito di un impegno comune, senza cedere al fatalismo e senza tirarsi indietro». Nadia Pietrafitta, Il Tempo, 2 gennaio 2011


.….Ha ragione la giornalista de Il Tempo, il discorso di Napolitano,  mentre il 2010 ci lasciava,  era buono per tutti i gusti e perciò è risultato per un verso barboso, per altro verso banale, e per altro verso ancora un pò lugubre. Voleva essere, forse, nelle intenzioni di Napolitano, innovativo, ma ha finito coll’apparire ed essere assolutamente ripetitivo. E, peggio ancora, retorico. Sopratutto la parte dedicata ai giovani.  Chi ha memoria storica di certo  ricorderà il “largo ai giovani” che  fu lo slogan meglio riuscito del fascismo mussoliniano che ai giovani dedicò attenzioni e preoccupazioni, risorse e istituzioni come i “littoriali” che avevano il compito di premiare i migliori in ogni attività, dalla cultura allo sport,  cosa che in effetti avvenne, tant’è che gran parte della classe dirigente del secondo dopoguerra aveva nel proprio curriculum la partecipazione, talvolta l’alloro, conquistato nelle grandi kermesse fasciste; e chi ha memoria storica, anche recente, sa che non v’è stato nessun capo di partito, dirigente politico, candidato alla più modesta carica pubblica che non abbia fatto del “largo ai giovani”  o, giusto per non ricalcare lo slogan di Mussolini, l’impegno per i giovani la principale delle sue promesse elettorali. Ed infatti, come si fa a non preoccuparsi dei giovani. E chi può dire che sbagli se dici che il futuro è nelle mani dei giovani (oltre che nel grembo di Giove)? E così, senza timore di sbagliare, ha fatto Napolitano che nel suo discorso ha citato una ventina di volte il problema generazionale, condivisibile, ci mancherebbe, ma che appunto per questo è apparso banale,  e teso, ci è sembrato, a cogliere il consenso dei giovani che però, secondo alcune TV, tra cui la7, non sarebbero stati in molti a seguire il messaggio di Napolitano, impegnati, come pure è giusto, a organizzare una notte magica che alla loro età è forse il massimo delle aspirazioni. Anche perchè la giovinezza è una,  e il tempo passa e se la porta via…..g.