Pagati, viziati, lentissimi e ipersindacalizzati. La casta dei magistrati continua a lamentarsi, l’ultima richiesta dell’Anm è di pochi giorni fa: “I tribunali rischiano una paralisi complessiva”. Il motivo? Il taglio dei fondi all’assistenza informatica. L’associazione delle toghe ha minacciato lo sciopero e in poche ore il ministro ha aperto il portafogli (una trentina di milioni di euro) e tutto si è risolto. La giustizia costa tanto, si sa. Ma quanto incidono gli stipendi dei magistrati? Tenetevi forte, la cifra fa paura: circa un miliardo di euro. I cugini francesi spendono il 30 per cento in meno e lavorano meglio. Ma i nostri in compenso hanno un primato: la lentezza. Da noi i processi si trascinano a lungo, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ci multa, i cittadini sotto processo fanno ricorso. E poi? Poi lo Stato, tanto per cambiare, paga i danni. Andando a spulciare il “prontuario delle competenze dovute alla Magistratura Ordinaria” ci addentriamo in una selva di numeri e scatti di anzianità che fanno lievitare il monte salari. Prima bizzarria: dov’è la meritocrazia? Latita, per fare carriera basta “invecchiare”. Tutti arrivano al massimo livello di stipendio, anche quando magari non riescono ricoprire un incarico di alto livello.

L’organo che valuta ogni quattro anni (ma lo scatto è biennale) la professionalità del giudice è il Consiglio superiore della magistratura, che nel 96 per cento dei casi dà un via libera. Ma la bocciatura, nei rarissimi casi in cui si verifica, non prevede nessun arretramento economico: vige il principio della conservazione dello stipendio maturato. L’orologio dei magistrati continua a correre e lo stipendio a lievitare, qualunque cosa succeda. Per intenderci: è come se tutti i militari diventassero generali. Facciamo i numeri: un magistrato al settimo livello di anzianità, che sarebbe il ventottesimo anno di professione, arriva a portare a casa un lordo di 195.362.33 euro all’anno. Il presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche può mettersi in tasca fino a 260.593.04. Tanto? Non abbastanza, evidentemente, dato che è anche prevista un’indennità che si aggira sui mille euro al mese. Salendo verso le funzioni “apicali”, il vertice della carriera, le cifre aumentano fino a raggiungere il miliardo delle vecchie lire. Queste sono le toghe-paperone, a fronte delle quali ci sono un gran numero di magistrati che portano a casa un’onesta busta paga. Un giudice di primo pelo si accontenta di poco meno di cinquemila euro mensili lordi. Tutto questo ricade sulle nostre spalle.

I tribunali costano a ogni cittadino italiano 45 euro all’anno. Il 18 per cento in più rispetto ai francesi e addirittura il 60 per cento in più rispetto ai 28 euro del Regno Unito. Il totale della spesa è un miliardo di euro. In un’Italia in cui tutti tirano la cinghia, una delle poche categorie che non rischia il posto e neppure la decurtazione dello stipendio, è proprio quella dei magistrati. Le toghe piangono quando c’è da chiedere trenta milioni di euro per computer, ma non fanno mai sacrifici. A dispetto della crisi e soprattutto del buonsenso.