Silvio Berlusconi e Sergio Marchionne Quando parliamo del futuro dell’Italia tendiamo a farlo dipendere da fattori che non sono in realtà determinanti, diamo importanza a cose che non influenzeranno le nostre vite. Ma non ci sono dubbi che due punti dell’agenda sono invece importanti e produrranno conseguenze tangibili: 1. l’allargamento della maggioranza che sostiene il governo Berlusconi; 2. l’epilogo della trattativa sul futuro degli stabilimenti Fiat in Italia. I due temi sono solo apparentemente slegati, in realtà hanno un minimo comune denominatore: non hanno alternativa. Il governo del Cavaliere non ha alcun credibile ricambio all’orizzonte e il piano di Sergio Marchionne per la casa automobilistica di Torino è l’unico possibile in questo momento. Oltre queste due proposte – una politica e l’altra industriale – c’è una terra di mezzo fatta di incertezza sulla quale è difficile scommettere per il futuro. Mi piacerebbe pensare che esistono altre vie, altri scenari, altri mondi possibili, ma come ben sanno i lettori de Il Tempo, sono un realista al titanio e non nascondo mai i fatti con i desideri. Il nostro sistema politico è questo, oltre Berlusconi c’è il vuoto, non solo nell’opposizione, ma anche nel centrodestra. Oltre la siepe alzata dal numero uno della Fiat non c’è il mondo di Utopia, ma la certezza di un investimento che sfuma, di posti di lavoro che migrano da altre parti. Si dirà che questo per il Paese è un aut-aut inaccettabile, che tutti dobbiamo fare uno sforzo di fantasia e lanciare il cuore oltre l’ostacolo.

Mi dispiace per i grandi pensatori, gli illuministi a contratto e i teorizzatori del meglio il caos che questa situazione, ma la realtà ci presenta questo scenario. E allora meglio dire subito «avanti Berlusconi» perché al suo posto oggi ci sarebbe solo il caos e non possiamo permettercelo. Se il Pd non fosse un partito di inetti, il soft landing per l’avventura politica del Cavaliere sarebbe già una realtà, ma con una classe dirigente simile, incapace di darsi una linea perfino sul futuro della fabbrica italiana per eccellenza, la Fiat, è una fatica di Sisifo immaginare un discorso istituzionale serio. La Cgil ha alzato il ponte levatoio, messo in acqua i coccodrilli e caricato le catapulte. Molto male. Per l’Italia e il futuro degli operai. Noi qui a Il Tempo stiamo con i piedi piantati per terra, sappiamo che c’è una regola elementare, che non c’è lavoro senza impresa. «Avanti Marchionne». Mario Sechi, Il Tempo, 12 gennaio 2011