Silvio Berlusconi Il sismografo del Bungaleaks oggi dovrebbe toccare il suo picco. Il tam tam delle redazioni dice che le carte saranno un libro aperto per tutti e l’operazione di sputtanamento del presidente del Consiglio sarà completa. Le gazzette delle procure hanno impaginato ampie anticipazioni dello spettacolino a luci rosse. C’è anche chi ha emesso la sentenza di colpevolezza e previsto qualche nottata in carcere per Berlusconi. Ah, il Cavaliere Nero in cella, il sogno della sinistra che si materializza come una favola bella. Il partito dei bacchettoni ne è certo: l’inchiesta «la qualunque» è al titanio, la caccia a “’u pilu” ha dato i suoi frutti, Berlusconi stavolta non sfuggirà alla rete elettrica della giustizia, il suo destino è segnato. Bene, poniamo che sia così. E dopo? Dopo aver stappato in piazza lo champagne e brindato alla liberazione dalla terribile dittatura del Cav che si fa? Non è che si torna a casa come se nulla fosse. No, qualcosa dopo succede.
Provo a buttare giù uno scenario di scuola realista: il cambio di regime per mano giudiziaria non sarà una passeggiata, gli elettori del centrodestra non la prenderanno benissimo, la tensione salirà al massimo livello, ci saranno alti e nobili appelli alla calma e alla collaborazione istituzionale, ma c’è da fare i conti con una realtà chiamata «popolo», non proprio una cosa astratta. Chi glielo spiega a quelli che il loro leader è stato fatto fuori perché secondo i pm non sta bene agitarsi troppo sopra e sotto le lenzuola? Il nocciolo della faccenda è tutto qui, è una questione che dovrebbe pesare come un macigno, ma vedo che il problema è considerato un dettaglio. Poveri illusi. L’Italia non è l’America, non siamo figli della rivoluzione protestante di Martin Lutero, ma pecorelle smarrite del gregge di Gesù Cristo che con i piccoli e grandi guai della vita hanno un rapporto assai diverso rispetto a quello di un signore in bombetta che passeggia nella City. Siamo italiani, sarebbe buona cosa ricordarlo. Come sarebbe utile ricordare che la democrazia non è una cosa astratta.
La decapitazione di Berlusconi sarebbe un evento traumatico. Una classe dirigente responsabile avrebbe il dovere di immaginare un soft landing, un atterraggio morbido per il Cavaliere e la storia collettiva che la sua figura si porta dietro. Invece no. Forze irresponsabili lavorano al crash del velivolo in mezzo al centro abitato. Sarà una catastrofe. Nel migliore dei casi si andrà dritti a elezioni anticipate e a una vittoria a mani basse di Berlusconi che dopo l’uno-due Consulta-procura di Milano ha buon gioco a dire che è un perseguitato dai magistrati. Se poi qualcuno pensa di non votare, la porta dell’incubo si spalanca. Questo è il dopo che ci attende: un Paese ancor più diviso, lacerato, arrabbiato, spaccato in guelfi e ghibellini. Il dopo Berlusconi è già stato demolito per mano degli sfascisti. Mario Sechi, Il Tempo, 17 gennaio 2011