Oggi il Capo dello Stato, Napolitano,  ha reso omaggio ad Alexander Dubcek, lo sfortunato leader della Primavera di Praga in occasione dello scoprimento di un busto marmoreo dedicato alla sua memoria. Per l’occasione Napolitano ha avuto parole di omaggio per l’ormai scomparso statista cecoslovacco che pagò duramente la contrapposizione all’Unione Sovietica tanto da finire a fare il manovale,  anzi il netturbino in un parco  pubblico. Che strano! Napolitano, al contrario, per non essersi mai opposto all’Unione Sovietica, per non averla criticata per la invasione cecoslovacca come per quella ungherese è salito sullo scranno più alto della Repubblica Italiana dal quale, anche oggi, ha dichiarato che essendo ormai finite le ideologie, occorre richiamarsi ai “valori comuni”. Tra i quali, per noi, rimane prioritario il Valore della dignità umana che fu a lungo calpestato dall’Unione Sovietica senza che mai, nemmeno per un istante, ciò fosse motivo di dissenso da parte dei comunisti italiani. I quali, oggi, senza abiure di sorta rispetto al loro passato, si ergono a giudici morali degli altri, anche di quelli che, a differenza loro, mai mancarono di dissentire e di protestare contro le malvagità del regime sovietico. Proprio a proposito di Dubcek e dell’invasione sovietica della Repubblica cecoslovacca nell’ormai lontano 20 agosto 1968, ci sovviene il ricordo di una grande bandiera cecoslovacca cucita in fretta e furia ed affissa la sera del 21 agosto 1968 dinanzi al Municipio di Toritto insieme ad un cartello che inneggiava a “Praga libera”. Furono i ragazzi di destra che attuarono il blitz, senza attendere che l’Unione Sovietica crollasse sotto i colpi della voglia di libertà dei popoli che ne erano stati oppressi per 60 anni. Ma gli attuali post-comunisti, compreso Napolitano, dov’erano quel 21 agosto di 43 anni fa?

Sempre oggi l’on. Amato, presidente del Comitato per i festeggiamenti dei 15o anni dell’Unità Nazionale, ha reso noto che il 17 marzo prossimo, Giornata del Tricolore, il Capo dello Stato si recherà a rendere omaggio al Milite Ignoto all’Altare della Patria e poi si recherà al Pantheon per rendere omaggio a Vittorio Emanuele 2°, primo Capo dello Stato dell’Italia unita. Immediatamente dopo, Amato si è precipitato a precisare che la visita al Pantheon non apre la strada alla eventuale futura tumulazione in quel luogo di altri sovrani. E’ evidente il riferimento sia a Vittorio Emanuele 3°, sia a Umberto  2°, gli ultimi Re d’Italia,  che riposano in terra straniera perche esiliati oltre che in vita anche in morte,  e che a loro volta furono Capi dello Stato dell’Italia unita.

Più inutile ed improvvida precisazione l’on. Amato non poteva fare anche perchè proprio quando ci si sforza da parte di tutti, ad iniziare dallo stesso attuale Capo dello Stato, a trovare le ragioni dello stare insieme superando quelle delle divisioni, ci è sembrata la dichiarazione di Amato una evidente e macroscopica contraddizione rispetto alle esortazioni allo stare insieme e al significato e allo spirito delle celebrazioni del 150° dell’Unità Nazionale. D’altra parte, senza essere monarchici, vorremmo ricordare ad Amato che anche andare a rendere omaggio al Milite Ignoto, le cui spoglie furono individuate tra le salme di tanti Caduti ignoti della prima guerra mondiale e dimenticare che quella guerra ebbe come Comandante supremo il Re Soldato, cioè Vittorio Emanuele 3°, è in sè una sciocca contraddizione, e ancora preoccuparsi di assicurare  (chi?) il mantenimento in esilio delle salme degli ultimi re di Casa Savoia che tanta parte ebbe nell’Unità Nazionale è in stridente contrasto con lo spirito di pacificazione nazionale  che almeno in occasione delle celebrazioni unitarie dovrebbe prevalere sull’odio e sulla vendetta. Ci pare appena il caso di ricordare che tante altre Nazioni, dall’Austria alla Romania, alla Bulgaria, hanno riaperto le loro frontiere alle Salme dei loro Sovrani  morti in  esilio e le hanno accolte  in Patria con grande affetto e rispetto. Perciò,  proprio il 150° anniversario dell’Unità Nazionale poteva  e doveva essere una grande occasione per far cessare anche per i Morti l’esilio che è giustamente  cessato per i vivi. Ma le parole di Amato ci sembra che non schiudano le porte del rispetto  e anzi le rinserri nel nome dell’odio. Così si snaturano le celebrazioni unitarie e si rafforzano le ragioni delle divisioni interne. g.