Silvio Berlusconi Ho cominciato a fare il cronista quando scoppiò Tangentopoli. Ricordo bene quegli anni, l’Italia stava cambiando, celebrava la morte del Caf, applaudiva l’impallinamento del “Cinghialone” (Craxi) e il Nord esultava per la nascita della Lega che in Parlamento allora agitava il cappio. Quell’epoca ha prodotto un cortocircuito mai riparato: la supremazia del potere giudiziario sull’esecutivo e il legislativo, la riduzione del Parlamento a soggetto sub-iudice non del popolo (che vota), ma dei sostituti procuratori. La debolezza della politica ha lasciato un vuoto, le toghe l’hanno occupato dissolvendo il rapporto tra la magistratura e il Pci. Quel legame non serve più, i giudici oggi approvano e respingono le leggi, fanno e disfano i governi. È accaduto a Prodi. Sta accadendo a Berlusconi. Il premier ha commesso non pochi errori, doveva proteggere la sua casa e intimità, guardarsi da certi amici, comportarsi con più sobrietà e lasciar perdere «il bunghificio».
Detto questo, i governi non cascano per un attacco di bacchettonite acuta del pm di turno che curiosa nelle mutande altrui. La demolizione dell’articolo 68 della Costituzione, quello dell’immunità parlamentare che saggiamente i padri costituenti avevano previsto per evitare il dispotismo giudiziario, è stata un errore. La sinistra cavalca ancora il giustizialismo, accompagnata da uno smemorato che faceva parte della destra e un post-democristiano che la Balena Bianca l’ha vista morire sotto i colpi dei giudici. Sperano di raccogliere i frutti della battuta di caccia a Berlusconi. Si illudono. Se cade il Cavaliere, sarà la magistratura a nominare il nuovo governo. Perché punito Berlusconi, saranno controllati tutti. Mario Sechi, Il Tempo, 20 gennaio 2011

.…..dove lo smemorato (non di Collegno) è Fini  e il post-democristiano è Casini, che meglio del primo dovrebbe ricordare  il vero e proprio  martirio di cui furono vittime i democristiani all’epoca di tangentopoli, primo fra tutti il suo “padrino”  politico, Arnaldo Forlani, imputato “perchè non poteva non  sapere”  dei finanziamenti illeciti al partito e finito “affidato” ai  servizi sociali come un delinquente qualunque. g.