Da due settimane ci ro­toliamo nella storia di Ruby. Ne ho fin so­pra i capelli. Ormai detesto i Tg, i talk show mi danno l’orticaria, apro malvo­lentieri i giornali. Perché arro­vellarci ancora sui festini di Arcore di cui conosciamo ogni dettaglio? I nemici han­no insultato il Cav in tutte le salse e ora sono a corto di ag­gettivi. Noi abbiamo fatto la nostra parte segnalando l’ipo­crisia delle toghe e i buchi dell’inchiesta fon­d­ata su ciance tele­foniche e confi­denze di ragazze allo sbando. Nulla c’è più da capire ma ci parliamo ad­dosso come se la faccenda fosse an­cora da esplorare. Mi viene da dire che stiamo ruban­do ai lettori il prez­zo del giornale se non fosse che stampa e tv sono solo lo specchio di una fabbri­ca di veleni che sta altrove. La vera colpa dell’impantana­mento è dei politici. Sono lo­ro che rimestano, trasfor­mando il Palazzo in un polla­io. Come in un raduno di beo­ni, si rinfacciano alla rinfusa le escort del Cav, la villa finia­na di Montecarlo, l’orecchi­no di Vendola, le banche di D’Alema, i trans di Marrazzo. Una rissa puerile che suscita pena. Che siano gli odiatori del Cav a razzolare, non meravi­glia. Bersani punta a cacciar­lo; Casini pensa di fare la mo­sca cocchiera d i u n centro destra orfa­no; Fini non pensa ma si uni­sce al coro. La speranza dei tre tordi è meravigliosamen­te riassunta da Rosy Bindi: «Berlusconi vada i n esilio su­bito e tra quindici anni gli chiederemo scusa». Dunque, d a loro, ci si deve aspettare tutto. M a che inve­ce sia il Cav – e dietro di lui i suoi – a rimuginare su Ruby, è una cretinata opposta al suo interesse. Sembra non capire che se non afferra il bandolo e mette fine alla ca­nizza, a rosolare sullo spiedo resta lui. Alla fine – ne sono certo – gli daranno ragione, m a a babbo morto. Così il pre­mier avrà perso l’unico treno che giustifica la sua presen­za a Palazzo Chigi: governa­re. L a smetta, i l Cav, d i rodersi e replicare agli attacchi col­p o s u colpo. Stia dieci gradi­n i più su, come s i conviene a l massimo responsabile del Paese, e s i getti l’inchiesta al­l e spalle, affidandosi agli av­vocati. Convochi oggi stesso – non domani – il Consiglio dei ministri e approvi tante d i quelle riforme d a imbottir­c i l a legislatura. Smaltisca i n una volta l’intero arretrato: riforma della Giustizia, quel­la federale, quella fiscale, il programma dei lavori pubbli­ci ecc. Vedrà che effetto stu­pefacente. Da subito, Ruby scomparirà dalle pagine dei giornali e dai palinsesti tv. E mentre noi c i sentiremo libe­rati, Santoro e Repubblica si precipiteranno a criticare il Consiglio dei ministri, le ri­forme, la miopia del governo e co­stringeranno Bersa­ni & co a inventare nuove invettive per ripetere la vecchia solfa. Ma vivaddio, s i tornerà alla politi­ca, al dibattito, a confrontarsi sulle cose. Sarà finalmen­te il governo a scri­vere lo spartito, non la solita toga astiosa. E stia anche certo il Cavaliere che s e lavora e diri­ge, sarà molto più difficile per i p m imbrigliarlo con in­chieste a capocchia. Un’inge­renza giudiziaria piena di malanimo può attecchire nell’opinione pubblica solo quando il governo batte la fiacca. S e invece è vigoroso e attivo, il magistrato userà cautela per non essere taccia­to di arbitrio. È una legge di natura che vale anche nei rapporti istituzionali: al de­bole v a i l peggio, a l forte l’ap­poggio. Credo di pensare quello che una parte dei lettori pen­sa. Infatti, mi regolo così: se l o provo io, l o sentiranno an­che loro. Non m i illudo però che i l Cav, dall’oggi a l doma­ni, metta fine al battibecco su Ruby soffocando i propri rancori per fare prevalere gli obiettivi che si era prefisso. N é credo, come h o fantastica­to, che convocherà ad horas uno storico Consiglio dei mi­nistri per trasforma­re l’Italia nel Paese liberale che h a pro­messo e dare final­mente a i suoi eletto­ri la soddisfazione attesa da lustri. Facciamo appello al governo e ai parla­mentari del centro­destra e diciamo quello che molti at­tendono: la ricrea­zione è finita, avete solo 3 0 mesi per farvi valere. Detto da altri apparirebbe una sortita polemica, detto da noi ha il suono di una voce che viene dal profondo del corpo elettorale. Siamo considerati «il gior­nale d i famiglia» – come s e gli altri fossero orfani di Cir, Fiat e Della Valle – e destinati perciò, secondo gli idioti, a stare un passo indietro ri­spetto al Cav. Dimostriamo che, quando serve, siamo noi a dare il là. Giancarlo Perna, Il Giornale, 29 gennaio 2011