Silvio Berlusconi Dal Bunga Bunga di Berlusconi all’ammucchiatissima di D’Alema. La politica italiana ogni giorno offre nuove soluzioni al caos. C’è solo un dettaglio: sono tutte pensate che non risolvono il problema, ma lo incasinano sempre più. Prendete D’Alema, un uomo intelligente, che però s’è perso il treno del governo per sempre. Non governa neppure il partito che pretende di dominare, ma si alambicca tutti i giorni cercando la formula magica per levarsi di torno il Cavaliere Nero. Così ecco D’Alema riproporre l’idea non nuova del Comitato di Liberazione Nazionale da Silvio, un cartellone elettorale che comincia il cammino con i trozkisti, passa per Vendola, attraversa Montenero in Di Pietro, fa benzina in area democratica, entra nell’autogrill futurista di Fini e visto che è in viaggio verso la Grande Speranza fa due preghierine nella sacrestia dell’Udc casiniana. Al gioco di tre palle un soldo è una formula perfetta, poi però bisogna spiegare che le coalizioni pensate per far secco l’avversario nell’urna non si trasformano mai in proposta politica.
D’Alema fa passare la sua trovata come quel che ci vuole in momenti di grave crisi. Mi permetto di dire che proprio di fronte a una situazione più che eccezionale – con un premier un po’ smutandato, una parte della magistratura idrofoba, l’opposizione in sedute di autocoscienza e le istituzioni che si scrutano come cecchini su due trincee – la proposta dalemiana ha il suono di una moneta falsa. È il solito giochino tattico che non fa uscire nessuno dalle sabbie mobili. Non parlo di Fini, il quale ormai è tutto e il suo contrario, ma perché Casini dovrebbe accettare di saltare a piè pari nel lettone dell’ammucchiatissima? La verità è che nessuno ha voglia di caricarsi sulle spalle il peso della exit strategy dal pantano bellico italiano. Né la maggioranza né l’opposizione né la presidenza della Repubblica hanno il coraggio di dirsi in faccia che serve la tregua e la magistratura va ricondotta a dare la caccia alla criminalità e non all’avversario politico di turno.
Tutto questo mentre il circuito mediatico-giudiziario e le sue icone – da Santoro a Travaglio – sta plasmando con furiosa allegria il Golem del partito della magistratura, un Forza Giudici di conio “anti” ma di nascita berlusconiana. Non hanno bisogno di corpi intermedi, dei partiti e del metodo democratico: parlano direttamente a una massa urlante che non si ciba di politica e cultura di governo. Anche l’ammucchiatissima per loro è solo ottima carne da cannone. Mario Sechi, Il Tempo, 31 gennaio 2011