PERQUISIZIONI AL GIORNALE:
Pubblicato il 1 febbraio, 2011 in Costume, Cronaca, Il territorio | Nessun commento »
A disporre le perquisizioni il pm di Roma Silvia Sereni. Il reato sarebbe abuso d’ufficio. Ma l’articolo pubblicato (leggi qui) conteneva solo sentenze pubbliche del Csm. Indagato per abuso d’ufficio il consigliere di Palazzo dei Marescialli Brigandì, che commenta: “Non ne so nulla”. Il direttore Sallusti: “La perquisizione non solo è un atto intimidatorio, ma una vera e propria aggressione alla persona e alla libertà di stampa”. Il Cdr denuncia: “Aggressione pervicace e violenta”. Pochi mesi fa le altre perquisizioni per l’affaire Marcegaglia
- L’irruzione dei carabinieri. La normalità sconvolta. La scena è quella abituale, la vittima ancora una giornalista de Il Giornale. Dalle 9 sono in corso alcune perquisizioni nell’abitazione romana della cronista Anna Maria Greco. A disporle il pubblico ministero Silvia Sereni e, a quanto risulta, il provvedimento è stato ordinato per la presunta violazione dell’articolo 323 del codice penale, quello relativo all’abuso d’ufficio. Sotto la lente della magistratura l’articolo pubblicato giovedì 27 gennaio “La doppia morale della Boccassini”. Un nuovo tentativo di mettere il bavaglio alla libertà di informazione e al Giornale in particolare dopo le perquisizioni di pochi mesi fa al direttore, Alessandro Sallusti, al vicedirettore, Nicola Porro, e alla redazione milanese del quotidiano per l’affaire Marcegaglia.
I carabinieri hanno fatto irruzione a casa della giornalista intorno alle 9: hanno sequestrato il computer di Anna Maria Greco e persino quello del figlio della cronista. Perquisizioni sono in corso anche negli uffici della redazione romana del Giornale.
“Per l’ennesima volta la casta dei magistrati mostra il suo volto violento e illiberale” è il primo commento del direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti. “La perquisizione nell’abitazione privata della collega Anna Maria Greco, autrice dell’articolo che conteneva sentenze pubbliche del Csm, non solo è un atto intimidatorio, ma una vera e propria aggressione alla persona e alla libertà di stampa. Stupisce che soltanto le notizie non gradite ai magistrati inneschino una simile repressione quando i magistrati stessi diffondono a giornalisti amici e complici atti giudiziari coperti da segreto al solo scopo di infangare politici non graditi”.
Il Comitato di Redazione de Il Giornale ha subito stigmatizzato “la pervicace e violenta aggressione della magistratura dispiegatasi, questa volta, attraverso le perquisizioni” nell’abitazione della collega Greco e nella redazione romana del quotidiano. “E’ un’intimidazione sia verso le libertà individuali indisponibili della nostra collega sia verso la libertà di stampa, anch’essa diritto costituzionalmente garantito – scrive il Comitato di redazione – si tratta di un attacco all’indipendenza di questo quotidiano che il Cdc non intende più tollerare”. Nell’esprimere la solidarietà e la vicinanza alla Greco, che non è indagata, e alla sua famiglia, “violate fin nella loro più profonda intimità solo per aver esercitato il diritto-dovere di informare i cittadini”, il Cdr denuncia “l’ennesima ingerenza nell’esercizio della nostra professione”. “E’ un atto intollerabile che deve far riflettere tutti, il mondo dell’informazione in particolare, sulla divisione dei ruoli e delle responsabilità“, conclude la nota del Cdr che condanna “con fermezza lo sfregio arbitrario delle garanzie costituzionali e non verrà meno alla tutela della dignità e della professionalità di tutto il corpo redazionale”.
“Non se ne può più″. Il segretario generale della Fnsi Franco Siddi denuncia duramente le perquisizioni di questa mattina: “Nello scontro politica-magistratura non possono essere chiamati a pagare i giornalisti se danno notizie, ancorch‚ su di esse e sulla loro valenza in termini di interesse pubblico, ciascuno possa avere opinioni diverse“. Siddi ha parlato di un’azione “assolutamente incomprensibile” e “pesantemente invasiva”.
Il consigliere laico del Csm, Matteo Brigandì (in quota Lega) è indagato dalla procura di Roma. Il fascicolo, affidato al pm Sereni e al procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani, ha preso le mosse da una segnalazione ufficiale arrivata a piazzale Clodio trasmessa dallo stesso Consiglio superiore della magistratura. L’ipotesi di reato rubricata nel fascicolo è quella di abuso d’ufficio. Brigandì, secondo l’accusa, avrebbe passato documenti interni a Palazzo dei Marescialli alla giornalista che ha poi redatto l’articolo sul procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini. “Non ne so nulla, e quindi non ho niente da dire” così Brigandì risponde a chi gli chiede un commento. “Ovviamente non sono stato io – aveva detto la scorsa settimana dopo notizie di stampa che lo accusavano di aver chiesto lui il fascicolo al Csm – e se qualcuno sostiene questa cosa ne risponderà nelle sedi legali possibili. Ho chiesto al Csm una serie di documenti, compreso quel fascicolo, che ho letto per un quarto d’ora e poi ho restituito” aveva precisato Brigandì, che aveva anche annunciato di aver scritto una lettera al vice presidente Michele Vietti per chiedergli di “far luce” sulla vicenda.
………….Ecco la doppia morale e la doppia legge applicata dai magistrati italiani a tutela di se stessi. Quale grave colpa avrebbe commesso la giornalista e il giornale per essere oggetto di perquisizioni quasi fossero mafiosi e terroristi. Solo quella di aver rispolverato una vecchia stroia che riguardava la PM milanese che si occupa del caso Ruby nell’ambito del quale sono stati intercettate e spiate decine di persone ree di frequenìtare la casa del premier.A costoro, colpevoli o meno, la privacy è stata violentata e sputtanata a più non posso su tuti i giornali che hanno ricevuto copia delle intercettazioni prima ancora che fossero a disposizione della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Copione già visto si dirà, certo!, copione già visto, forma squallida di malcostume che al di là del processo penale, se e quando si farà, per cui persone che secondo la Costituzione sono innocenti in virtù del principio della presunzione di innocenza che è alla base della nostra ormai vecchia e superata civiltà del diritto, vengono letteralemente stuprate nella loro dignità e nella dignità delle loro famiglie che mai nessuno ripagherà quando dovesse essere acceertata, come spesso è accaduto nel passato, la innocenza o la estraneità. Ricordiamo un caso, La figlia di Alessandro Necci, ex capo delle Ferrovie italiane, finito nel tritacarne della giustizia, fu letteralemtne massacrata dai mass media che pubblicarono le intercettazioni delle sue telefonate con Pacini Battaglia, altro ormai dimenticato protagonista di tangetepoli. Che c’entrava la figlia di Necci? Nulla, salvo che aveva una storia, del tutto normale anche perchè libera e maggiorenne, con Pacini. Chi ha mai pagato per quelle intercettazioni? Chi è stato chiamato alla sbarra per quelle inutili diffamazioni? Chi ha mai chiesto scusa a quella persona? Nessuno. Non solo. Chissà perchè nel nostro paese nessuno sa chi abbia diffuso le intercettazioni ch essendo corpo di reato e sottoposte a segreto istruttorio sono affidate, formalmente, al magistrato inquirente. Eppure quando le intercettazioni escono, centinaia, talvolta migliaia di pagine, pare che la cosa avvenga per opera dello Spirito Santo e non di persone, fisiche, che, almeno in teoria, dovrebbero essere facilmente individuabili. Invece accade che la cosa non riguardi nessuno. Non nel caso invece della giornalista de Il Giornale che ha osato, ecco, osato, pubblicare il resoconto di una azione disciplianre cui fu sottoposta la PM di Milano che si occupa di Ruby. Apriti cielo! Il CSM, ha immediatamente segnalato la cosa alla Procura di Roma che essendo , come è noto, priva di attività da svolgere, ha mandato i carabinieri in casa della giornalista de Il Giornale a perquisirle anche la biancheria intima e visto che c’era anche il pc del figlio, e poi li ha mandati a perquisire la sede romana del Giornale per trovare le “prove”. Di che? Della violata privacy del PM di Milano che non è uguale agli altri cittadini. E’ un gradino più su e mentre può rovistare fra le lenzuola di chi le pare, a nessuno è consentito di rovistare fra le sue. Questo è il regime. Il regime dei giudici. Poveri noi. g.