La sfolgorante  carriera “politica” di Fasano: da  vicesindaco annusatore di Gagliardi (nella foto la festa dell’Emigrante del 1991) a bizzoso vicesindaco di Geronimo.


Chi ha avuto modo di leggiucchiare Enzo Biagi di certo ricorderà una storiella che Biagi ripeteva abbastanza spesso nei suoi libri e nelle sue “noterelle” sui giornali ai quali collaborava.

C’era una ragazza, raccontava Biagi, che era rimasta incinta, però, “poco, poco,  aveva confessato vergognosa e titubante”. Così si potrebbe dire del vicesindaco Fasano che indignatosi per la “mancanza di rispetto” si era dimesso,  con l’assicurazione,  fornita a destra e a manca, più a destra che a manca,  che le dimissioni erano “irrevocabili”.

Infatti… infatti le ha ritirate,  per cui è ritornato,  “per obbligo, anzi per dovere” sui suoi passi, appena   dieci giorni prima definiti “irrevocabili” ed è ritornato a fregiarsi del titolo e, soprattutto, dello stipendio che, forse, anzi senza forse,  vale e conta più dell’indignazione tanto sbandierata nella  lettera più ridicola che si sia letta nel corso degli ultimi secoli e  diffusa  con grande clamore da lui medesimo.

Insomma, Fasano  era si indignato, “ma poco, poco”. Cosa da far ridere da qui all’eternità.

Che la cosa, anzi le dimissioni, non  fossero una cosa seria non ci voleva molto a intuirlo e che la sbandierata indignazione fosse solo  il frutto di una non giustificata supervalutazione di se medesimo da parte del Fasano era facile da capire e che le une e l’altra si sarebbero perdute per strada  era scontato che sarebbe avvenuto.

Solo qualche scioccherello può aver pensato il contrario, sino al punto di immaginare chissà quali sconquassi amministrativi.  Ma quelli, gli scioccherelli,  abbondano, bipartisan, a destra e a sinistra.

Se fosse stata l’indignazione davvero sentita, Fasano non l’avrebbe sbandierata,  come fa chiunque abbia amor proprio, specie se la ragione dell’indignazione tocca persone amate e per di più scomparse; se le dimissioni fossero state destinate ad essere irrevocabili non le avrebbe motivate con il richiamo alla “mancanza di rispetto”: le avrebbe comunicate  con due riga, e non di più, tenendo  dignitosamente per sé  l’indignazione.

Invece Fasano,  giocando al grande leader e,  forse, chissà, credendo di esserlo per davvero,  si è fatto non solo indurre  (da chi?!) a intraprendere una strada che lo ha ridicolizzato, da destra  a manca, più a manca che a destra (dove tutti lo hanno conosciuto e ricordano….), ha sbandierato ai quattro venti  che sarebbe passato allopposizione ( a far che!?!?!?!,  lui che già nella  maggioranza conta quanto il due di bastoni quando la briscola è a coppe), e infine  ha accettato di  fissare  un prezzo per la sua “indignazione” - il mantenimento della carica di vicesindaco con relativo appannaggio -  e quindi, conseguentemente, anche per  l’oggetto  della sua indignazione. Che dire?

Che  nella nostra precedente nota sull’argomento, anche noi non l’abbiamo azzeccata: Fasano, politicamente, non sta fra la quarta e la quinta delle categorie in cui Sciascia divide gli uomini. E’ decisamente e definitivamente classificabile nell’ultima, quella dei quaquaraquà. g.