L’intervista di Emiliano, sindaco di Bari, alle Invasioni Barbariche commentata sul filo dell’ironia e del sarcasmo da Filippo FACCI sulle pegine di LIBERO.

L’ex magistrato Michele Emiliano è il sindaco di Bari e viene descritto come un uomo savio e addirittura filo-berlusconiano, uno che peraltro tende a rifuggire le interviste. Diciamo pure che possiamo smentire tutto quanto, vista l’intervista che ha rilasciato venerdì sera alle Invasioni Barbariche di Daria Bignardi, su La7. È durata venti minuti, ma a noi interessa soltanto un passaggio. Vediamolo. A un certo punto la conduttrice gli chiede se la magistratura in Italia non abbia qualche colpa, ed eventualmente, accennando a Berlusconi, di fare un’autocritica togata. Ecco la sua risposta testuale: «Credo che tutti i magistrati che fanno molti processi e non arrivano a una condanna vera, alla fine, rischiano di consumare il potere che devono amministrare, nel senso che la reiterazione impotente dell’azione penale nei confronti di Berlusconi ora viene utilizzata da Berlusconi come un’arma contro la magistratura stessa».


L’USCITA DELL’EX PM

E fin qui potrebbe non fare una piega. Ha detto che la magistratura, se indaga per 17 anni su un singolo cittadino e alla fine non cava un ragno dal buco, finisce per delegittimarsi da sola e per offrire ottimi pretesti alle reazioni di questo cittadino. Oddio, nel fatto che Berlusconi  «utilizzi» gli errori della magistratura «come un’arma» il sindaco Emiliano tradisce quasi un fastidio, come se la reazione pubblica di un uomo pubblico fosse un’opzione che si potrebbe anche non esercitare, standosene buoni per 17 anni ad aspettare che le toghe di tutto un Paese finiscano di fare i loro comodi. Ma non sottilizziamo. Prosegue Emiliano: «Ricordo i tempi in cui questo accadeva per la mafia; noi facevamo i processi [...] e poi c’era sempre qualcuno, qualche avvocato, qualche politico che riusciva a infilarsi in meccanismi che portavano a drammi. Ieri abbiamo intestato una strada a Bari ad Antonino Scopelliti, il procuratore generale che doveva reggere l’accusa in Cassazione contro per il maxiprocesso di Palermo: quest’uomo fu ucciso perché in quella sezione della Cassazione ne succedevano di tutti i colori». Ecco, qui il ragionamento comincia a farne parecchie, di pieghe. Emiliano, per farsi capire meglio, paragona Berlusconi alla mafia: perché pure con la mafia  si tentarono processi che poi non arrivarono in fondo. Cioè: Berlusconi non è un cittadino innocente sino a prova contraria, peraltro incensurato a dispetto di un numero impressionante di procedimenti: è un colpevole non ancora scoperto, e comunque è sicuramente un male, tipo Cosa Nostra, di cui è difettata la cura. Mentalità molto interessante, quella di Emiliano, considerata la sua precedente professione.  Dopodiché il sindaco di Bari passa a fare l’esempio del magistrato Antonino Scopelliti che fu trucidato con un calibro 12 caricato a pallettoni, fa cioè una presuntissima analogia con ciò che per 17 anni è sempre riuscito a scongiurare le condanne di Berlusconi, tipo, chessò, il suo diritto di difesa. Ma vediamo la conclusione di Emiliano: «Quindi», dice, «se una critica io ho da fare alla magistratura, è quella di non essere stata sempre compatta – in passato per i magistrati per bene è stata dura, durissima – e soprattutto di non avere considerato che, nel reiterare qualche volta anche in maniera a volte un po’ troppo isterica le azioni penali nei confronti di Berlusconi, in definitiva finivano per favorirlo.

LA VECCHIA REGOLA

Questa è una vecchissima regola: quando fai un processo a qualcuno devi essere in grado di arrivare alla fine, sennò il tuo avversario esce rafforzato dal tuo fallimento».  Cioè: il problema è che la magistratura anti-berlusconiana – che è per bene – non è stata sufficientemente unita e compatta, non che ciascuno degli innumerevoli procedimenti a carico del Cavaliere – peraltro concentrati, spesso, in procure che erano sempre le stesse e che erano compattissime – evidentemente non stavano in piedi. Il problema insomma è che Berlusconi ha resistito, lo hanno lasciato respirare e riprendersi, non che talvolta potesse aver ragione. È come per un muro che non si è riusciti a sfondare, perché le forze non erano concentrate, concordi: ecco, Berlusconi era quel muro, se non lo butti giù rischi solo che qualche mattone ti precipiti sul cranio. Servono commenti? No, resta solo un dilemma: se sia più disperante che un uomo come Michele Emiliano sia diventato un politico o se sia più rinfrancante che non sia più un magistrato. Filippo Facci, Libero, 6 febbraio 2011

……………..Forse sarebbe stato meglio che non avesse fatto nè l’uno nè l’altro.