Milano - Le mutande contro i puritani funzionano. Migliaia di persone hanno aderito all’appello lanciato da Giuliano Ferrara: “In mutande, ma vivi”. Una manifestazione contro la crociata dei neomoralisti, contro la politica e le inchieste che origliano, spiano dai buchi delle serrature e alzano le lenzuola. L’Italia che ha le scatole piene del bunga bunga si è radunata a Milano, al teatro dal Verme, alla corte dell’Elefantino. Sul palco, insieme al fondatore del Foglio, Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, Piero Ostellino, editorialista del Corriere della Sera, Iva Zanicchi, eurodeputata, Camillo Langone, scrittore e Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e giornalista. In platea, e fuori dal teatro, un popolo diverso, non abituato a riunirsi, composto ma emozionato, e molto indignato. Quando Ferrara tuona dal palco che “Berlusconi deve tornare quello del ‘94″, la platea scatta in piedi e deflagra in un boato. Dal cattolico erotomane Camillo Langone al fascio-islamico Pietrangelo Buttafuoco, passando per il liberali Ostellino, Sallusti e Ferrara, la voce che si è alza è una sola: basta con la politica del giudizio morale sul comportamento altrui, basta con i pruriti moralistici. Berlusconi ha vinto le elezioni – sottolineano tutti gli oratori -, e solo il popolo può mandarlo a casa. Non una Procura della Repubblica.

“Prima Tangentopoli e ora vogliono anche Puttanopoli” Ferrara fa da anfitirione e introduce al pubblico il senso della manifestazione.
Dietro di lui, in fondo al palco, un maxischermo trasmette le immagini del Palasharp: il comizio del tredicenne. Dal pubblico parte una salva di fischi. Inizia lo “spettacolo” delle mutande. “Per noi lo scandalo non è nelle intercettazioni. Ciascuno deve seguire la sua storia più intima. Cosa ne so di cosa ha significato per lui il divorzio e la morte della madre? Chi sono io per giudicare moralmente? Lo scandalo è nelle procedure giudiziarie con cui si inventano i reati per incastrare Berlusconi”. E’ un fiume in piena il direttore del Foglio e lancia le sue accuse contro il puritanesimo, l’accanimento giudiziaro e lo spionaggio dal buco della serratura. “Ma che cosa stiamo facendo del diritto? Della libertà delle persone, della privacy, dei sacri diritti di una democrazia liberale? Persino Violante ha detto di frenare. Come ha detto Ostellino oggi capita a Berlusconi, ma domani può succedere a ciascuno di noi. Io a Buttafuoco dico sempre cose da ergastolo. Ci vuole senso della realtà e dell’ironia. Invece dopo Tangentopoli vogliono Puttanopoli”, ha detto Ferrara.

Il disegno della procura “Siamo tanti gruppi uniti dall’avversione verso un modo disgustoso di combattere il Cavaliere. Siamo a un passaggio molto delicato. Abbattere Berlusconi con ogni mezzo, questa è il loro obiettivo. Per loro il paese è rincretinito e gli italiani non sono degni di esercitare la loro sovranità. Vorrebbero mettersi tutti insieme da Vendola a Fini per mandare a casa il Cavaliere. Ma non ce la fanno. E allora chi può portare avanti questo progetto? La Procura della Repubblica di Milano”.

L’appello al Cavaliere “Presidente, noi la sosteniamo, ma deve ascoltarci. Non riduca le sue giornate alle giornate di un imputato. Lei deve fare il presidente del Consiglio, il capo dell’Italia. Lei è l’uomo più ricco d’Italia…presidente, lei ha tre televisioni, le usi in modo creativo. Basta con queste cose ingessate, vogliamo il vero Berlusconi, quello capace di rilanciare questo Paese”.

Sallusti: “Siamo in mutande, ma non ci vergognamo” Molti applausi e un’accoglienza da padrone di casa anche per il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti: “Sono curioso di vedere come Giuliano Ferrara ci tirerà fuori da questo casino. Lui dice che siamo tutti in mutande, ma se ci tolgono anche quelle sono cazzi… Io ritengo di avere dato, perché il 23 dicembre sono andato nel santuario di Arcore per gli auguri… Ero da poco orfano e vedevo di Feltri e il Cavaliere mi disse ‘dimmi di cosa hai bisogno?’ E io gli risposi: ‘Di una cosa; Giuliano Ferrara’. Il presidente era terrorizzato. Berlusconi credo non abbia fatto nulla per non esaudire il mio desiderio, ma il caso ha voluto non solo che ci onorasse con la sua firma, ma anche che tornasse il Ferrara che ci aspettavamo da qualche anno… Iniziavo ad aver paura che gli intellettuali liberali cadessero nel tranello dei Santoro, Che si vergognassero di quello che stava succedendo. Invece mi sbagaliavo e siamo qui, fieri di esserci, siamo in mutande ma non ci vergogniamo”.

Langone e il Vecchio testamento Parla anche Camillo Langone, giornalista e scrittore, autore del ‘Manifesto della destra divina. Intrattiene il pubblico del dal Verme con un’orazione sui testi sacri del cristianesimo. Langone parla di Salomone e del suo amore per i piaceri vita, racconta di Davide e della sua relazione con una donna sposata e poi legge, direttamente dal Vecchio testamento, un lungo albero genealogico di trisavoli, nonni e figli. Tutti frutto del “peccato”. “Io come cristiano non voglio sentire accuse sulla base di attività erotiche – chiosa Langone -. Se Dio ha fatto nascere suo figlio da una catena di re porci, adulteri e omicidi una ragione c’è e devo rispettarla…”

Note a margine di una manifestazione Mentre il pubblico defluisce i giornalisti assaltano gli oratori e i molti politici che sono venuti in teatro. Tra gli altri ci sono Roberto Formigoni, Daniela Santanchè e Ignazio La Russa. Nella calca il ministro La Russa viene raggiunto da Formigli, un giornalista di Annozero, che inizia a tempestarlo di domande sul caso Ruby. La Russa cerca di sottrarsi e dice di non essere interessato alle domande. Formigli lo pressa e poi scoppia il giallo. Il giornalista sostiene di essere stato preso a calci dal ministro, La Russa nega e raggiunge Formigli fuori dal teatro per continuare la discussione. Fonte: Il Giornale, 12 febbraio 2011