Fini ha concluso la tre giorni del FLI a Milano e non ci ha risparmiato le consuete piroette all’interno del solito  discorso intriso di principi e valori che egli stesso non sa quali siano, ma si limita  solo astrattamente  ad enunciarli. Dei presunti  valori di Fini  quindi non vale parlare, piuttosto è interessante  l’ennesima piroetta che, forse, nelle sue intenzioni, doveva essere o almeno apparire una bomba. Fini, rivolto a Berlusconi, gli ha lanciato una sfida: dimettiamoci entrambi e poi andiamo al voto. Il furbetto di Bologna  ha lanciato una sfida che nasconde due o tre carte truccate. Intanto, una eventuale doppia dimissione di entrambi risolverebbe il caso personale di Fini che è insieme una barzelletta e una ignominia: egli è stato eletto, per acclamazione, guarda un pò, proprio alla Berlusconi, presidente del suo partito ma si è immediatamente autospeso perchè anche lui si rende conto che  è inconcepibile che uno possa fare in prima persona il capo di un partito di opposizione  stando seduto anche sullo scranno più alto di Montecitorio, dove chi vi siede deva assicurare la massima imparzialità e non solo deve esserlo imparziale  ma deve anche apparirlo. Sono stati in molti nelle settimane scorse a dirgli chiaro e tondo che non poteva ricoprire entrambi i ruoli e fra i più duri i due intellettuali di punta del finismo, cioè il prof. Campi e la dott.ssa Ventura. Entrambi sono rimasti inascoltati per cui hanno disertato l’assemblea di Milano, denunciando  anche la irresponsabile scelta del terzo polo fatta in solitudine da Fini. Fini ha scelto la strada politicamente e istituzionalmente più azzardata della elezione e della autospensione per almeno due motivi: da una parte non ha voluto rinunciare agli onori della terza carica dello Stato e dall’altra non ha voluto correre il rischio di fare per la seconda volta la figura del pirla, come quella che ha fatto con Berlusconi al quale ha dovuto lasciare buona parte della ex AN,  più del 70%, portandosi dietro solo la parte residuale e certamente la peggiore. E questa è la prima carta truccata. La seconda è tutta politica. Fini chiede a Berlusconi di dimettersi pur sapendo bene che Berlusconi ha almeno una  buona e solida ragione per non farlo.   Dopo lo strappo di Fini, il capo del governo si è presentato in Parlamento ben 7 volte e per tutte le 7 volte il Parlamento, Camera e Senato, gli ha riconfermato la fiducia. Fini invece eletto nel 2008 da una maggioranza che egli ha rinnegato non si è mai sottoposto ad una  solo verifica dopo lo strappo con il PDL per constatare se c’è ancora una maggioranza che lo elegge, non lo ha fatto e si guarda bene dal farlo. Anzi, alla Lega e al PDL che gli avevano chiesto un dibattito in Aula sulla sua anomala posizione ha risposto, come sempre  spocchioso e prepoetente, picche. Ecco allora la seconda carta truccata. Propone, anzi sfida Berlusconi alle dimissioni simultanee di entrambi, dimenticando che mentre il premier è stato più volte riconfermato, è  lui  semmai che prima di sfidare deve almeno porsi nelle stesse posizioni di Berlusconi perchè la sfida sia equa. Ma Fini ha solo fatto l’ennesima piroetta con le parole, perchè, ed è questa la terza carta truccata, lui è il primo a non voler votare ora  perchè oggi come oggi al più farebbe la ruota di scorta a Casini, rischiando, andando da solo come FLI alle votazioni, di fare la fine di Bertinotti. Ed ecco allora la sfida, inaccoglibile  che però  serve, nelle sue intenzioni, a farlo apparire come un novello Orlando mentre al massimo è un don Chisciotte avendo come scudiero un certo Bocchino.  A proposito di quest’utimo, non è riuscito a fare il salto verso la segreteria unica, stoppato da tutti gli altri, ad iniziare da Urso, che proprio non se l’è sentita di fare da portavoce a…Bocchino. E forse questa è la vera novità della prima assemblea del partito di Fini: che Fini è stato stoppato. g.