Silvio Berlusconi Una democrazia matura di fronte a quel che sta accadendo si preoccuperebbe di salvaguardare le istituzioni. Farebbe cioè prevalere quella che si chiama ragion di Stato per evitare la collisione del sistema politico, cioè di quell’apparato che assicura la convivenza civile tra soggetti portatori dei più vari interessi. Per ottenere questo vitale risultato, la politica dovrebbe pensare a un soft landing, un atterraggio morbido per Silvio Berlusconi e una storia collettiva che dura da diciassette anni.

Lo scenario obbedisce allo schema primitivo resistenza/caccia all’uomo. Berlusconi nel bunker, i pm all’assalto finale con la cavalleria corazzata. L’esito di questa guerra sarà una rottura traumatica pronta a sfociare nel caos. La decisione del tribunale di Milano non è sorprendente, fa parte di un copione già scritto. Ciò che è davvero allarmante in questo quadro da battaglia delle Termopili è l’assenza di una strategia d’uscita da parte della politica. È un tema che tocca tutti: destra e sinistra. E chi pensa di poter liquidare questa storia con un processo e una condanna commette un errore colossale, perché senza una soluzione politica alta e onorevole, il rischio di qualcosa di simile a una guerra civile strisciante è reale. Se non si vuole andare al voto servono fantasia e coraggio. Gli Stati Uniti uscirono dal dramma dello scandalo Watergate con il «pardon» di Richard Nixon deciso dal suo successore alla Casa Bianca, il presidente Gerald Ford. Non furono i giudici a decidere le sorti dell’America, ma la politica. Un Paese si tutela così. Non so quale sia la via d’uscita possibile per il caso Berlusconi, ma so che cosa sta accadendo all’Italia: si sta suicidando. Mario Sechi, Il Tempo, 16 febbraio 2011