Tenere alta la ten­sione, perché non è detto che il grande imbro­glio giudiziario del ca­so Ruby riesca a dare la spallata a Berlusco­ni e al governo, come era nei piani di chi l’ha innescato. Così, men­tre in Parlamento la maggioranza cresce giorno dopo giorno e le tesi della Procura di Milano vacillano alla prova dei fatti, la gran­de macchina del soc­corso rosso arma nuo­vi fronti. In prima li­nea, neppure a dirlo, c’è Marco Travaglio che dalle colonne del suo quotidiano lancia un concorsone. La do­manda, alla quale i let­tori possono risponde­re via internet, è chi, tra tredici personaggi, indicati con nome e co­gnome della politica e del giornalismo filo berlusconiani, è il peg­giore.

Un gioco, si di­rà. E in effetti così pote­va essere. Soltanto che i fans di Travaglio han­no preso la cosa sul se­rio. Oltre a votare han­no lasciato i loro com­menti. Tralasciando gli insulti, c’è chi invi­ta, contro questi signo­ri (tra i quali ci sono an­che io), a passare dalle parole ai fatti, altri so­no ancora più precisi, augurandosi per tutti e tredici un nuovo piaz­zale Loreto (appesi da qualche parte a testa in giù). Fa piacere apprende­re che i lettori de Il Fat­to, il cui vice direttore Travaglio è l’oracolo di una nota trasmissio­ne della tv di Stato, vo­gliano vedere scorre­re il sangue dei berlu­sconiani. È la prova che gli alleati politici della Boccassini sono solo un branco di ma­scalzoni deliranti, che i loro appelli alle libertà, alla legalità e alla Costituzione so­no una cortina fumo­gena dietro il quale si cela l’esatto contra­rio. Cioè spazzare via con ogni mezzo chiun­que non la pensi co­me loro.

Esagerato? Non più di tanto. Il concorso, non so se a premi, di Travaglio è assolutamente in li­nea con il proiettile che abbiamo ricevuto pochi giorni fa in reda­zione e con una bom­ba artigianale trovata ieri a Milano fuori da una sede dell’Eni. Qualcuno indica, tra il serio e il faceto, il ne­mico, qualcun altro lo prende sul serio e si mette a studiare la pra­tica. Negli anni bui della Repubblica la strate­gia della tensione era alimentata dai servizi deviati dello Stato. Og­gi basta accendere la tv di Stato, o fare un salto in edicola. È tut­to più trasparente, ma non per questo meno pericoloso. Il Giornale, 22 febbraio 2011