No, sulla casa non si scherza in Italia. Siamo il Paese col più alto tasso di proprietari di case del mondo, siamo fa­milisti e mammoni, la casa per noi è un utero più grande per restare avvolti nel calore materno. Le inchieste su affittopo­li sono state le più seguite, il centrode­stra vinse alle elezioni perché si chiama­va Casa delle libertà, un ministro cadde per le scaiole proprio sulla Casa; Fini ha commesso vari abusi di ruolo e d’uffi­cio, ma ciò che non gli è stato perdonato dalla gente è proprio la casa a Montecar­lo. La casa è sacra in Italia. Il colpo più duro inferto alla malavita è il sequestro delle case.

E gli arresti domiciliari da noi sono l’unica punizione che somiglia a un premio. Sì, però è vero anche l’inverso: quanti italiani, avendo la possibilità di affittare o comprare una casa aum-aum, si sareb­bero tirati indietro? Quasi nessuno, per la stessa ragione di prima, perché consi­derano la casa un valore assoluto, non negoziabile, rispetto a cui l’etica è relati­va. Se dici di no alla casa, è come se di­sprezzi la tua famiglia e metti in mezzo a una strada i tuoi figli che, come recita la costituzione materiale del Paese, so’ piezz’e core. Perfino il candidato sinda­co di Milano, il vendoliano Giuliano Pisa­pia, si è trincerato dietro la mozione de­gli affetti per giustificare la casa del Pio Albergo Trivulzio alla sua compagna. Sembrava Vecchioni…

Di questa vicen­da a me restano due crucci in più. Il pri­mo è per la brutta fine che fanno le opere di beneficenza. Se dai una cosa a fin di bene, al vecchio Msi o alle opere pie, ve­di che porcate combinano. Questi esem­pi sono un’istigazione a una vita dissolu­ta per i vecchi moribondi. Non lasciate niente perché poi se la godono i furbi. Il secondo è per fatto personale. Il 16 febbraio del 1992 venni a inaugurare a Milano la metrò con capolinea Bisce­glie, il mio paese natìo, e mi fu dato dal sindaco come premio per il discorso un libro sul Pio Albergo Trivulzio. Il giorno dopo scoppiò Tangentopoli partendo proprio dal Pio Albergo Trivulzio. Mi sen­to l’unico fesso che dal Pio Albergo Tri­vulzio non ha avuto una casa né una tan­gente, ma un libro illustrato.