Passa il Milleproroghe, e il governo ottiene un’altra fidu­cia dalla Camera. Certo, i nu­meri sono inferiori a quelli del fatidico 14 dicembre: 309 anzi­ché 314, ma a Montecitorio ie­ri non si respirava nulla dell’af­fanno di quell’occasione. Con i dieci assenti, la maggioranza sarebbe arrivata a 319. Peral­tro, come faceva notare ironi­camente ieri un esponente Pd, «se loro ne avevano dieci di me­no, noi dell’opposizione ne avevamo venti: tanto per assi­curarci che il governo non ca­da neanche per sbaglio, por­tandoci a elezioni anticipa­te… ». Da qualche tempo il borsino del Transatlantico dà come sempre più improbabile una fi­ne precoce della legislatura. E quelli che scommettono sulla scadenza naturale del 2013 so­no in crescita. Lo spostarsi del­l’orizzonte cambia radical­mente molti scenari. Le mano­vre attorno al Terzo polo, ad esempio, si sono visibilmente rallentate: lo si è visto con la secca bocciatura Udc dell’ipo­tesi di gruppi comuni al Sena­to. Nel centrosinistra, le manca­te elezioni anticipate rischia­no di fare molte vittime. La più illustre? Nichi Vendola: il go­vernatore pugliese puntava molto, se non tutto, su prima­rie a breve termine con cui lan­ciare la propria Opa sul Pd, per giocarsi la candidatura a pre­mier. Se non si vota, gli tocca restare inchiodato a Bari, e il pericolo che la sua immagine si logori si fa più reale. Colpo di freno anche per Matteo Renzi, che come tutti gli aspiranti lea­der ha appena lanciato il pro­prio libro autocelebrativo. E paradossalmente anche per Bersani i guai aumentano sen­za urne: l’accelerazione avreb­b­e reso inevitabile il compatta­mento Pd sulla candidatura del segretario, il rallentamen­to apre la strada a trame, opera­zioni e ambizioni di ogni gene­re. Un segnale chiaro, ad esem­pio, lo danno le ormai frequen­ti esternazioni di Rosy Bindi, che non fa che ripetere che è l’ora di una «donna premier». Ovvero lei, naturalmente, che – incoraggiata da qualche sponsorizzazione radical chic – si è convinta di avere delle chance. E l’altro giorno ha ba­ruffato su questo con Renzi: lui ricordava la sue anzianità di servizio politico («Ha sei le­gislature alle spalle»). Lei ha ri­sposto piccata: «Mi boccia? Fa parte di una minoranza». Le amministrative, che si te­meva fossero un bagno di san­gue per il centrodestra, per ora portano guai soprattutto a sini­­stra: a Torino Fassino rischia nelle primarie; a Milano Pisa­pia ha inciampato nel pastic­cio Trivulzio. E a Napoli il can­didato non c’è proprio: dopo il «no» del magistrato Cantone, Di Pietro ha posto l’ aut aut , chiedendo la candidatura di De Magistris (in modo di levar­selo dalle scatole). In compen­so il vincitore delle primarie annullate, Cozzolino, minac­cia di fare una propria lista, con esiti disastrosi per il Pd.