BERLUSCONI NELLE GRINFIE DI FINI, di Nicola Porro
Pubblicato il 2 marzo, 2011 in Politica | Nessun commento »
La maggioranza chiede alla camera di trasferire il processo di Milano al tribunale dei ministri. Ma il leader Fli potrebbe fare ostruzionismo impedendo all’assemblea di Montecitorio di votare la decisione.
Gianfranco Fini e il suo ufficio di presidenza hanno il pallino in mano sulla questione Ruby. Si tratta di questioni procedurali di grande importanza: decidere se aprire o no un conflitto di attribuzioni con i magistrati di Milano. Più o meno in concomitanza al Senato la giunta delle immunità parlamentari dovrà pronunciarsi sulla richiesta di arresto nei confronti del senatore del Pd, Alberto Tedesco. Su queste due storie si gioca un pezzo importante del rapporto tra politica e giustizia.
La vicenda Tedesco, per i lettori del Giornale , è nota. L’ex assessore alla Sanità della giunta Vendola è coinvolto in un giro di malaffare nella sanità pugliese. La procura di Bari ha proceduto a vari arresti, ma si è dovuta fermare di fronte all’immunità di Tedesco subentrato di fretta e furia al Senato grazie a un compagno di partito che si dimise. Abbiamo dato ampiamente conto della vicenda. Raccontando quegli intrecci perversi nella sanità pugliese (circa il 70 per cento del bilancio della Regione) che hanno riguardato la giunta di Vendola e il Pd. Così come non abbiamo potuto fare a meno di mettere in evidenza la furbata di farsi «nominare » in parlamento grazie a una provvidenziale dimissione. La procura di Bari chiede l’arresto poiché ritiene possibile la reiterazione del reato, nonostante egli non sia più assessore da due anni. Questi sono i fatti.
Ebbene, sarebbe assurdo che la giunta del Senato concedesse gli arresti per il senatore del Pd. Per chi scrive, e lo testimoniano i nostri numerosi pezzi, Tedesco e la sua cricca dovranno rispondere della pessima gestione della Sanità. Non molleremo l’osso. E si ci sono reati dovranno evidentemente pagare. Ma non è accettabile che i processi si celebrino in carcere. Non è accettabile che Silvio Scaglia e Mario Rossetti, il suo cfo nel caso Fastweb, siano stati rinchiusi per un anno senza sentenza. In un paese civile non si può e non si deve tollerare l’abuso della carcerazione preventiva per il ricco e potente, come per l’invisibile. Per Tedesco non può essere un aggravante il fatto di essere senatore della Repubblica.
Il Pd deve avere il coraggio di difenderlo in Giunta. Non è uno schiaffo alla «gente comune». È un impegno perché la presunzione di innocenza resti un caposaldo del nostro sistema e perché il carcere ci sia, ma solo a sentenza definitiva. Abdicare a questo principio per il Pd sarebbe una follia. Si potrà cullare del fatto che in Giunta al Senato la maggioranza del Pdl voterà, come ha sempre fatto, contro l’arresto. Ma sarebbe un arrendersi ai suggerimenti forcaioli di quattro intellettuali scalmanati che gradirebbero vedere la fine di Berlusconi per ragioni giudiziarie più che politiche. E che confondono il tintinnio delle manette con il suono della politica. È la rinuncia al proprio ruolo. E lo diciamo con maggiore difficoltà, proprio pensando a quella commistione affari e sinistra, che con forza abbiamo denunciato. Ma per sconfiggerla è necessariala politica e non la carcerazione preventiva. Un segno forte di garantismo da parte sia di Fini sia del Pd, contribuirebbe ad affossare quel bipolarismo marcio che imperversa in Italia: da una parte i giudici dall’altra la politica.