Lo sfogo dell’ex assessore Pd che rischia l’arresto per la sanitopoli pugliese. “Sulle nomine Asl hanno accusato me di concussione, lui no”

E chi deve capire, capisca: «La fattispecie del reato era pressoché identica e i fatti contestati erano sovrapponibili al 90 per cento.Evidentemente c’è un atteggiamen­to diverso da parte dei procuratori, e fran­camente non riesco a capire perché». Le parole dell’ex assessore Alberto Tedesco, diventato senatore del Pd dopo le sue di­missioni dalla giunta Vendola, alle prime avvisaglie di un epilogo devastante dell’in­chiesta sulla malasanità pugliese, sono in­dirizzate proprio al governatore. Un mes­saggio diretto al «presidente Vendola», al­l’ «amico» Nichi, al «mio candidato» che, ribadisce il senatore sotto richiesta d’arre­sto da parte del gip di Bari, personalmente ha appoggiato in due distinte occasioni elettorali. Riuscendo persino, alle ultime consultazioni, nel 2009, a convincere lo scettico D’Alema che non era affatto con­vinto di voler concedere il bis al leader di Sinistra e Libertà.

L’atto d’accusa di Tedesco colpisce ovvia­mente la magistratura barese che a suo di­re (ma lo scrive anche il gip De Benedictis, proprio nell’ordinanza con cui chiede l’au­torizzazione per l’arresto dell’ex assesso­re) avrebbe valutato in modi diversi episo­di praticamente identici evidenziati dalle informative dei carabinieri. La vicenda esa­m­inata riguardava una rimozione e una no­mina nella Asl di Lecce. E i pm avevano ini­zialmente contestato a Tedesco la concus­sione, mentre su Vendola, che a quei «mo­vimenti » diede il suo assenso, non imputa­no che un legittimo, seppur criticabile, spoil system . Poi cambiano i reati, viene contestato l’abuso d’ufficio e non la con­cussione. Ma quasi in contemporanea per quell’episodio nella Asl salentina Vendola viene archiviato dal gip Di Paola, mentre un altro gip, De Benedictis, appunto, ritie­ne sussistenti i gravi indizi di colpevolezza. I dubbi, dunque, non sono solo di Tede­sco. Che ora, sulla graticola, si mostra più che mai insofferente per le prese di distan­za dei suoi «ex» amici. Non solo Vendola, appunto, ma anche Michele Emiliano, sin­daco di Bari e, secondo quanto disse Ven­dola nel suo interrogatorio con i pm, gran­de sponsor e «blindatore» di Tedesco come responsabile della Sanità pugliese, alla fac­cia del conflitto d’interesse (i figli del sena­tore sono, da sempre, molto attivi nel busi­ness delle protesi).

Ed ecco dunque Tedesco partire all’attac­co, intervistato dal Tg1. «Quanto a Nichi Vendola- scandisce il politico appena auto­sospeso dal Pd- i miei rapporti si sono inter­ro­tti improvvisamente il giorno dopo la rie­lezione di Vendola a governatore della Pu­glia, dopo che ho fatto per la seconda volta la campagna elettorale per lui, esprimen­domi a suo favore, anche interloquendo di­rettamente con il presidente D’Alema che non era convinto di questa ricandidatura». La storia è nota:il Pd non vorrebbe accredi­­tare l’ascesa politica di Vendola, spinto dal­la base nonostante i disastri sanitari del suo primo quadriennio da governatore. Te­desco, che a febbraio s’era fatto da parte do­po aver saputo che era indagato, dice di es­sersi speso per il «suo» presidente. Che og­gi gli volta le spalle. Come pure Emiliano. I due? Per Tedesco «Sono due facce della stessa medaglia. Ti blandiscono, ti inseguo­no quando puoi essere utile a una causa, e naturalmente poi ti scaricano immediata­mente ». Ogni riferimento ai distinguo del­l’ultim’ora, e all’atteggiamento ondivago del Pd sulla posizione da prendere per l’ar­­resto, non sono nient’affatto casuali. Invece di difendersi dalle accuse di aver costruito un sistema di malaffare nel settore di riferimento del suo assessorato, Tedesco sfrutta le telecamere del telegiornale di Min­zolini per togliersi i proverbiali sassolini dal­le scarpe, e per lanciarli contro gli ex alleati. Un messaggio, forse, diretto anche ai vertici del Pd (e più precisamente a D’Alema) che appaiono in imbarazzo sulla posizione da prendere sulla richiesta d’arresto per il sena­tore. Baffino, finora, sulla scottante storia pugliese ha solo cercato di salvare se stesso, prendendo le distanze dall’imprenditore Tarantini, quello che portava escort al vice di Vendola, Frisullo, e a palazzo Grazioli (ri­cordate la D’Addario?). E tacendo su Tede­sco, che pure era un suo fedelissimo. Ora, sull’onda giustizialista di Ruby,il partito de­mocratico sembra essere tornato quello dei tempi dell’ex governatore Ottaviano Del Turco, ammanettato e scaricato politica­mente prim’ancora che quell’inchiesta sul­la malasanità abruzzese evidenziasse ag­ghiaccianti anomalie. Sull’arresto del suo senatore il Pd non sa davvero che pesci pren­dere. E quel «messaggio» in codice al Tg1 complica maledettamente le cose. Fonte: Il Giornale, 4 marzo 2011