METTI…QUATTRO FINIANI AL CINEMA
Pubblicato il 7 marzo, 2011 in Politica | Nessun commento »
Flop a Roma della prima assemblea dei circoli di Fli. Fini a chi ha lasciato: “Ci sono uomini, ominicchi e quaquaraquà“. Poi il solito attacco al Cav: “Lui e la sinistra sono conservatori”.
La parola magica è «deparlamentarizzazione». A pronunciarla, alla prima assemblea dei circoli di Futuro e Libertà, è il deputato Antonio Buonfiglio, che introduce i lavori dell’ennesima «convention» finiana. La sua tesi è molto semplice. Sì, è vero, in Parlamento negli ultimi tempi ci sono state alcune fughe, in pieno stile “si salvi chi può″. Ma quel che conta è il Paese, quello che sta fuori dai Palazzi della politica. «Il Paese». «La base». Sarà. Intanto la scena è questa: è domenica mattina, nella Capitale c’è il sole, Gianfranco Fini – uno che la politica la fa mica da ieri, un leader, un capo popolo – interviene alla prima assemblea dei circoli di un partito appena nato in un cinema in centro, e – ad ascoltarlo – ci sono quattro gatti. «Ma come? – Si dirà – la sala era quasi piena. Appunto. Una sala da 400 posti «quasi piena» per Gianfranco Fini. Quando il presidente della Camera fa il suo glorioso ingresso, sulle note dell’Inno di Mameli, i «buchi» si fanno ancora più evidenti. I cartelloni che sono stati distribuiti, su cui campeggia l’improbabile scritta «Fini presidente», sono pochi e non attirano l’attenzione dei flash. Sono gli stessi finiani, off the record, a mostrare un certo rammarico: «In realtà ci aspettavamo qualcosina in più», ammette qualcuno. Bocchino e compagni si consolano plaudendo alla presenza di Adolfo Urso, dato in partenza per giorni da Fli, e schierato in poltrona accanto a Fini per sottolineare alle telecamere la vicinanza tra i due. È invece assente Andrea Ronchi, ma «per motivi familiari», si affrettano a ripetere gli organizzatori. «Gli italiani», quelli che sono rimasti a casa, in realtà non è che si siano persi granché. L’intento della manifestazione – neanche troppo nascosto – è quello di chiarire, una volta per tutte, l’area politica di riferimento di Fli. «Il vero centrodestra», è lo slogan che campeggia ovunque. Fini ripete quel che recita da settimane. Intanto le defezioni: «Dopo il congresso non si deve dedicare un solo minuto in più a chi c’era e a chi non c’è più. Il problema non è quanti deputati abbiamo, se uno in più o uno in meno, ma conta soltanto avere le idee. Quel che è avvenuto mi ha fatto pensare al romanzo “Il giorno della civetta” (di Leonardo Sciascia, ndr) dove si dice che esistono uomini, ominicchi e quaquaraquà», spiega. Poi il Cav e la Sinistra: quanto a una politica veramente riformatrice e che guardi ai problemi veri del Paese «il centrosinistra è in ritardo quanto Berlusconi». L’essere alternativi all’attuale centrodestra – ribadisce – non significa non essere alternativi a questa sinistra, che in quest’ultimo periodo – Fini ne è sicuro – non è stata in grado di mettere in campo un’idea che appassioni gli italiani». A quanto pare, stando a quel che è accaduto una domenica mattina in un cinema romano (e volendo per un attimo dimenticare quanti lo hanno già abbandonato in Parlamento) non ci è riuscito neanche lui. da Il Tempo, 7 marzo 2011
.……..Sin qui la cronaca della manifestazione di ieri a Roma in un cinema semivuoto di un FLI sempre più in affanno e un Fini sempre più intontito dalle sonore legnate – politiche – che gli stanno cadendo sulla testa. Ed è proprio dinanzi alle poltrone vuote che Fini realizza l’ennesima giravolta di questi ultimi convulsi giorni della sua esistenza politica. Era di destra, un secolo fa, poi i suoi luogotenenti, da Bocchino a Granata, a Briguglio (il trio più comico del mondo) si dicono pronti, non smetiti da Fini, a fare la santa alleanza con la sinistra, sino a Vendola, pur di distruggere quello che sino a poco prima era stato anche il loro idolo, cioè Berlusconi. L’operazione non va in porto e dal 14 dicembre in poi non solo il governo non affonda sotto i colpi di machete di questi avventurieri da quattro soldi, ma supera ogni prova parlamentare e si rafforza nei numeri, anche grazie al ritorno alla “casa del padre” di numerosi finiani che non digeriscono la deriva sinistroide di Fini e della sua compagnia. Fini, piccato, dichiara che non è vero che vuole andare a sinistra e a Milano un mesetto fa riposiziona il suo quasi abortito partitino, dichiarandolo di destra, una destra “moderna, europea, repubblicana” (lasciamo perdere i primi due aggettivi, buoni per tutti gli usi, ma chissà che cosa voglia dire il terzo – repubblicana - dato che in Italia non c’è la monarchia e non c’è pericolo che essa ritorni). Nion gli crede nessuno, tanto che proprio dopo Milano si registrano ulteriori defezioni alla Camera e si scioglie il gruppo al Senato, con deputati e senatori che prendono le distanze da Fini e se ne tornano a casa , nel centro destra. Nei confronti di costoro Fini picchia con la cattiveria che gli è consueta: insinua che siano stati corrotti o che siano affetti da allucinazioni colelttive. Non gli è passato per la testa e se ciò accade l’ignora, che deputati e senatori abbiano compreso che il suo progetto nulla ha di politico e molto di personale, per cui non ne hanno più condiviso l’indirizzo, specie quello di contraddire la propria storia personale e avventurarsi in un percorso che è la negazione di ciò che ciascuno di loro avevano sempre professato: la contrapposizione alla sinistra. Ieri, a Roma, Fini, compie l’ennesima giravolta. Infatti si è spostato al centro, da dove ha bacchettato tutti. Destra e sinistra, entrambi definiti conservatori, e perciò incapaci di guardare al …..2020! Peccato che il 2020 sia lontano, e politicamente, lontanissimo, ma fa specie che Fini così facendo si sia spostato, da destra, al …centro, ignorando che al centro c’è già Casini e che le cose che dice e che ha detto ieri dinanzi alle poltrone vuote del cinema romano, ammesso che abbiano fondamento, le dice da tempo lo stesso Casini, senza molto successo. E basta ciò per aver prova dell’intontimento politico di Fini che, però, non si è risparmiata una ultima stoccata, suqallida e ignobile, ai parlamentari che l’hanno lasciato, citando, male, lo Sciascia del ” Il Giorno della Civetta”: mi hanno fatto capire, ha detto, cosa volesse dire Sciascia allorchè parla di uomini, ominicchi e quaraquaraquà“, ignorando però le altre due categorie in cui Sciascia per bocca del mafioso don Mariano divide gli uomini, cioè i mezzi uomini e i piglianculo. Delle due, l’una: o Fini non ha letto il romanzo che ha citato o che Fini si individua in una delle altre due categorie. g.