Il leader libico Gheddafi La situazione in Libia si sta maledettamente incartando e gli effetti cominciano ad essere tangibili anche per noi. I belli spiriti che non vogliono far niente, sperano che tutto torni a posto senza muovere un dito o con il minimo sforzo (degli altri) si stanno svegliando. Gheddafi ha scelto la via più atroce: la guerra civile. Gli analisti che assicuravano un impatto zero della crisi sul prezzo del petrolio e della benzina prendano l’auto e facciano sosta alla pompa. Il carburante è al prezzo record. E salirà ancora se l’Arabia Saudita si sveglia col piede sbagliato. L’Occidente sta a guardare, Gheddafi resta e il conto lo paghiamo noi. Gli americani hanno capito che l’attesa non può durare in eterno, ogni giorno che passa è il Gerovital per Gheddafi e la morte certa per centinaia di libici. Il presidente Obama ha ribadito che l’intervento militare è possibile. Può darsi che la sortita della Casa Bianca faccia parte per ora solo di una strategia di show of force, mostrare i muscoli per indurre il dittatore a cedere. Ma proprio per questo, non bisogna indebolire l’azione di Obama invitando gli Usa «a darsi una calmata». L’Italia esca dal reality della politica interna, il governo parli con una voce sola e la sinistra (come ieri D’Alema) la smetta di fare paragoni indecenti tra il dramma libico e quello che accade nel nostro Parlamento. Capisco che i partitanti non riescano a volare alto, ma almeno si diano da fare per non far volare più i caccia di Gheddafi. Mario Sechi, Il Tempo, 8 marzo 2011