RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: COSI’ FINISCE L’ERA DEGLI INTOCCABILI
Pubblicato il 11 marzo, 2011 in Politica | Nessun commento »
All’inizio fu Luciano Violante, che a metà degli anni-Settanta fece arrestare Edgardo Sogno, ex comandante dei partigiani anticomunisti con l’accusa di tentato golpe. Lo scandalo si concluse con la piena assoluzione dell’imputato, il colpo di Stato era una bufala. L’anno dopo Violante fu eletto deputato del Pci e fece una carriera politica che lo portò fino alla presidenza della Camera. Poi venne Antonio Di Pietro. Nel 1992 guidò i pm milanesi nell’opera di distruzione di tutta la classe politica, esclusa quella di sinistra. Nel 1997 Massimo D’Alema gli offre un seggio da senatore e da allora cerca di condizionare dall’interno la politica italiana. Più di recente è stato il turno di Luigi De Magistris, che da pm mise sotto inchiesta, a metà degli anni Duemila, mezza classe politica italiana senza cavare un ragno dal buco se non il suo ingresso in politica, nel 2009, come eurodeputato dell’Italia dei Valori.
Altro che nascondersi dietro galantuomini come Falcone e Borsellino. I tre pm che, insieme ad altri, hanno o hanno tentato di cambiare il corso della politica con e senza toga hanno un minimo comune denominatore: l’antiberlusconismo militante. Questo è stato possibile perché la politica è succube della magistratura, casta di intoccabili che è di fatto riuscita, alleandosi con la sinistra e più di recente con il Fli di Gianfranco Fini, a sterilizzare il risultato elettorale fino a sostituirsi di fatto al potere legislativo.
Dopo diciotto anni di promesse non mantenute, ieri finalmente Pdl e Lega hanno rotto il tabù, iniziando un percorso che libererà il Paese dalla dittatura delle toghe. È questo il senso principale della riforma costituzionale della giustizia approvata ieri dal governo. Non importa quanto ci vorrà, senza la prima pietra non si può arrivare mai al tetto. Sdoppiamento delle carriere per evitare che accusa e giudici facciano alleanza contro la difesa, responsabilità personale, meno discrezionalità nelle priorità delle inchieste sono i capisaldi della riforma. In realtà in questo non c’è nulla di rivoluzionario, si tratta di norme e regole già in vigore con successo in tutti i Paesi democratici. E comunque nulla che possa anche lontanamente avvantaggiare il presidente Berlusconi nelle sue note vicende giudiziarie. Le opposizioni non hanno più alibi. Il ritornello delle leggi ad personam qui non funziona. Bersani e soci dovranno decidere se stare dalla parte della gente o continuare a tenere bordone alla casta degli intoccabili.
I magistrati hanno annunciato una dura resistenza e bisogna aspettarsi colpi di coda. Gli scommettitori dicono che arriverà da Napoli, dove il pm Henry John Woodcock, sta lavorando a tempo pieno a un’inchiesta delle sue, quei polveroni politico mediatici che nove volte su dieci finiscono in nulla, come quelli di Violante e De Magistris. Di questo pare ne sappia molto, non si capisce a che titolo visto che l’indagine dovrebbe essere segreta, Italo Bocchino. I due hanno una cosa in comune, l’antipatia per noi del Giornale . Il primo ci ha messo già sotto inchiesta, il secondo ha denunciato 36 di noi, caso senza precedenti, per stalking (non vuole che si parli di lui, degli appalti Rai di sua moglie e dei finanziamenti pubblici ai suoi giornali). Sarà un caso ma gira la voce che nel Fli non vedrebbero l’ora di arruolare nel partito proprio Woodcock come responsabile della giustizia. Vuoi vedere che sta per nascere un’ altra strana coppia del grande affare politica-magistratura? Il Giornale, 11 marzo 2011