Sul palco c’è un tribuno della plebe che arringa la folla. «Con questa controriforma ­dice – non è in gioco la separa­zione delle carriere, ma l’egua­glianza di tutti i cittadini di fronte alla legge». Si chiama Antonio Ingroia, nelle aule giu­diziarie veste la toga del pub­blico ministero, ma al «Costi­tuzione day », in piazza del Po­polo, a Roma, attacca il gover­no Berlusconi con i toni accesi del leader politico. Di manifestazioni ce ne so­no in tutt’Italia, gli organizza­tori parlano di un milione di partecipanti ma per il Vimina­le sarebbero 43mila in tutto, di cui 25mila nella capitale. È qui che il procuratore ag­giunto di Palermo fa il suo di­scorso, accanto agli esponenti dei partiti. «Il fatto che ci siano tanti italiani dimostra che ave­te capito che la cosiddetta ri­forma della giustizia in realtà è una controriforma. Non è solo una ritorsione contro la magi­­stratura, c’è in gioco una posta molto più grande. Se dovesse passare avremmo uno Stato di diritto azzoppato, sfigurato nei suoi principi fondamenta­li così come disegnati dai pa­dri costituenti». Il presidente dell’Anm, Lu­ca Palamara, con più cautela ha mandato un messaggio di «adesione e solidarietà» alle manifestazioni:«L’associazio­ne si riconosce in questi princi­pi ed è più che mai impegnata a difendere gli interessi della collettività, l’indipendenza e l’autonomia della magistratu­ra ». Palamara è della corrente maggioritaria Unicost e l’Anm, che il 19 dovrà decide­re sullo sciopero o altre forme di protesta, è sotto pressione soprattutto da parte delle cor­renti di sinistra, Magistratura democratica e Movimento per la Giustizia. Che chiedono addirittura le dimissioni delle toghe che lavorano al ministe­ro della Giustizia. Ingroia ci mette la faccia. Lo ha fatto altre volte, anche in di­­battiti tv come Annozero, ma stavolta incarna la fase due del­la rivolta della magistratura. Quella a lungo preparata nelle infuocate mailing list , in cui si reclama una svolta di aperta lotta politica dell’Anm.La stra­tegia è quella di allargare lo scontro sulla giustizia a tutti i cittadini, di convincere gli elet­tori a mobilitarsi soprattutto per mandare a casa il governo. Prima di Cristo i tribuni del­la plebe si opponevano ai magistrati dei patrizi grazie all’assoluta inviolabilità e sa­cralità della loro carica, la sa­crosanctitas , oggi i magistra­ti antiberluscones sventola­no nelle piazze la bandiera della loro sacrosanta autono­mia e indipendenza. Ha un bel dire il premier che questi principi non sono intaccati dalla riforma. Ha un bel ripe­tere il Guardasigilli Angeli­no Alfano che non c’è nessu­na «crociata» contro le to­ghe, ma si cerca il dialogo in Parlamento. I falchi del­l’Anm hanno già deciso che la riforma dev’essere il caval­lo di Troia per far crollare il palazzo del Cavaliere. Che non ci sia più spazio per alcuna prudenza, neppure per tutelare l’immagine di im­­parzialità del magistrato, lo di­mostra il comizio di Ingroia. «L’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge- dice il pm an­­timafia, attirando gli applausi – non sarebbe garantita se il po­te­re giudiziario venisse schiac­ciato da quello politico. Il go­verno sta tentando di prende­re­il controllo diretto dell’azio­ne penale. La posta in gioco ha a che fare non tanto con il no­stro presente, ma con il vostro futuro». Paradosso. Il leader Pd Pier Luigi Bersani dice «non siamo il partito dei giudici e dei pm», proprio mentre Ingroia sem­bra candidarsi a nuovo leader del partito. «Come fa l’Anm ­dice il capogruppo alla Came­ra del Pdl Fabrizio Cicchitto­ a parlare di difesa,dell’indipen­denza dei magistrati, di fronte ad episodi così clamorosi di schieramento politico?». Lui, il tribuno della plebe In­groia, intanto ha già avuto un’investitura dalla piazza, con la colonna sonora dell’In­no di Mameli, mentre svento­lano testi della Costituzione e bandiere tricolore. Il Giornale, 13 marzo 2011